"Il nostro Paese ha urgente bisogno di una scossa" e il federalismo può rappresentare "la via d'uscita dal recinto bloccato della Seconda Repubblica", purché realizzato "in una logica di sussidiarietà e solidarietà". Una riforma federale dello Stato "ha senso, infatti, solo se serve a rafforzare i diritti di cittadinanza di tutti gli italiani, senza eccezioni". Il presidente nazionale delle Acli Andrea Olivero ha aperto ieri a Perugia il 43° Incontro nazionale di Studi dell'associazione dedicato ai 150 anni dall'Unità d'Italia: Italiani si diventa. Unità, federalismo, solidarietà.

"La drammaticità dell'attuale crisi politica - ha detto Olivero nella sua relazione di apertura - nasce dalla mancanza di una visione strategica, di una prospettiva per il futuro. Il federalismo può rappresentare un forte impulso alle riforme istituzionali e al riassetto politico del sistema paese, una sfida importante anche per il Mezzogiorno, purché l'impegno dello stato rimanga intatto nei confronti dei diritti fondamentali: le differenze sono infatti una ricchezza dell'identità nazionale, ma le disparità sono una ferita diretta al patriottismo costituzionale".

Il presidente delle Acli ha parlato anche dell'impegno dei cattolici in politica. "Non è tanto importante "dove" stanno, in quale schieramento, ma "come" stanno in politica, con quale rigore e coerenza personali, competenza e creatività. "L'unità nazionale - ha aggiunto - per i cattolici non è solo un processo storico ma anche un valore spirituale, perché l'unità di un popolo e di una nazione è unità di intenti, armonia di interessi ricomposti, superamento dell'individualismo, destino comune".

"L'Italia - ha concluso Olivero - è una nazione imperfetta, incompiuta, perché incompiuti sono ancora gli italiani. Per diventare italiani bisogna anzitutto sentirsi cittadini. Occorre lasciarsi alle spalle l'Italia dei furbetti, insofferenti alle regole e indifferenti al bene comune. La somma degli individualismi personali o localistici non fanno una nazione. Diventare italiani è una grande impresa comune, che non riguarda solo la classe dirigente politica".

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