"Questo nuovo incidente è l'ennesimo segnale d'allarme sui sistemi di sicurezza delle operazioni d'estrazione di petrolio off-shore, un'attività molto pericolosa praticata anche nei nostri mari che sommata all'intenso traffico di petroliere rappresenta un serio pericolo per le coste italiane. All'Italia non servono nuove trivelle ma una politica che tuteli le nostre vere risorse. Lo sfruttamento di giacimenti al largo delle nostre coste è un miraggio che non deve assolutamente accecarci".
Così il vicepresidente di Legambiente Sebastiano Venneri commenta l'incidente avvenuto ieri a un'altra piattaforma petrolifera nel Golfo del Messico.
Legambiente ricorda che l'Italia, attraverso 12 raffinerie, 14 grandi porti petroliferi e 9 piattaforme di estrazione off-shore, movimenta complessivamente oltre343 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi all'anno a cui vanno aggiunte lequantità di petrolio e affini stoccati in 482 depositi collocati vicino al mare, che hanno una capacità di quasi 18 milioni di metri cubi.
L'associazione ambientalista sottolinea poi che oltre ai 76 pozzi già esistenti ci sono altre aree d'Italia a rischio trivelle. Ad oggi infatti nel Belpaese sono stati rilasciati 95 permessi di ricerca di idrocarburi, di cui 24 a mare, interessando un'area di circa 11 mila chilometri quadrati (kmq). A questi si devono aggiungere le 65 istanze presentate solo negli ultimi due anni, di cui ben 41 a mare per una superficie di 23 mila kmq.
"Puntando sul petrolio - ha aggiunto Venneri - si rischia di ipotecare il futuro delle nostre coste e di attività economiche come il turismo di qualità. Per una tutela davvero efficace dunque non basta il divieto di perforazioni entro le 5 e 12 miglia dalla costa ma serve un divieto tout court in Italia e in tutto il Mediterraneo a partire dalle aree dove incombono le trivelle con il Golfo della Sirte in Libia e il Canale di Sicilia"
Sui rischi legati all'estrazione e al movimento via mare dell'oro nero Legambiente ha dedicato i dossier Texas Italia e Marea nera.