Quasi trent'anni, due sorelle all'estero e una mamma che non sente da anni, un compagno che l'ha lasciata. A lei, cardiopatica e con una gravidanza a rischio, l'assistente sociale del suo Comune di residenza aveva detto: "Non possiamo fare molto per lei, non abbiamo grandi risorse. Ma non si rende conto che sarà difficile nella sua situazione crescere un bambino? Forse sarebbe il caso di pensare all'interruzione di gravidanza."
Come si legge nell'articolo, la donna era talmente confusa che aveva già avviato le pratiche per l'aborto. Il giorno in cui avrebbe dovuto presentarsi in ospedale per abortire ha deciso di non presentarsi. Si è presa un momento per riflettere e si è rivolta a un Centro di Aiuto per la Vita (CAV). "Lì ho trovato innanzitutto il conforto e l'ascolto di cui avevo bisogno, oltre ad un aiuto materiale - ha raccontato .
Oggi vive in una Comunità Mamma-bambino dove potra stare anche dopo il parto e ha ottenuto la consulenza di un ginecologo che conosce bene la sua patologia.
La storia di questa donna apre una riflessione sulla necessità di rafforzare interventi di aiuto alle madri in difficoltà e, più in generale, di promuovere una cultura di sostegno alla vita. Con questo obiettivo è nato il Consorzio "Preferire la vita". Il Consorzio, costituito da tre enti con un'esperienza consolidata nei progetti di accoglienza familiare e di tutela della vita (AiBi, Mpv e Comunità Papa Giovanni XXIII), mira a promuovere una cultura della vita come alternativa al gesto estremo dell'interruzione volontaria di gravidanza. Obiettivo sarà quindi quello di informare e aiutare le gestanti in difficoltà a valutare tutte le alternative possibili all'aborto per un sostegno alla maternità.
Nel concreto si intende offrire un aiuto alle donne con interventi di sostegno psicologico, promuovere un'azione di sensibilizzazione sulla possibilità del parto in anonimato e rendere consapevoli le gestanti in difficoltà dell'opportunità di dare in adozione un bambino, dove non fosse possibile prendersene cura e crescerlo.
Il progetto, che avrà una durata triennale, è promosso dal Dipartimento delle politiche per la famiglia della Presidenza del Consiglio dei Ministri.