Nascosta tra le montagne, la città di Quetta - al confine tra Pakistan eAfghanistan - è scampata alle terribili inondazioni che ormai hannostraziato un quinto del Paese. Qui, però, sono arrivati in massa sfollatidal Sindh, dallo Swat, dal Baluchistan e dalle altre regioni martoriate.
Circa le 50mila famiglie, oltre 500mila persone. A dare assistenza a tantidi loro è il missionario salesiano don Peter Zago, padovano di nascita e"asiatico" d'adozione. Ha lasciato l'Italia a 21 anni e, da allora,ha peregrinato per il Continente: India, Indonesia, Filippine e, ora,da 12anni, il Pakistan. Un periodo segnato da momenti difficili. «Mai, però,come questo», racconta il missionario. «Si vedono anziani gridare, colcorpo sommerso dall'acqua e le mani sollevate verso il cielo; bambini cheimplorano aiuto... Nel Nord, ci sono 2mila villaggi ancora isolati. Nonriescono a raggiungerli con gli elicotteri a causa del maltempo... E, poi,c'è il rischio di epidemie».
Alcune Ong hanno denunciato casi di colera. Ma le autorità nonconfermano...
I giornali locali parlano di centinaia di malati di colera nel Nord Ovest,vicino a Peshawar. Molti sono stati abbandonati dalle famiglie che temono ilcontagio. E sono morti soli, senza che nessuno si prendesse cura di loro. Èterribile...
Voi che tipo di assistenza offrite?Distribuiamo cibo, medicinali, teli per ripararsi. Ci siamo organizzati inmodo da raggiungere 500 famiglie alla settimana, per un totale di 1.500. Oalmeno questa era la cifra che avevamo previsto all'inizio. Ora, subissatidalle implorazioni di aiuto, abbiamo deciso di duplicare o triplicare ibeneficiari.
Avete difficoltà nel svolgere la vostra missione?Il contesto generale non è facile. Le prime volte che siamo andati negliaccampamenti siamo stati assaliti. Abbiamo dovuto barricarci dentrol'auto. La gente è disperata e esasperata. Poi, pian piano, hanno capitoche eravamo lì per loro. Ora ci aspettano e ci accolgono senza problemi.Anzi, spesso le persone ci abbracciano e ci chiamano "fratelli". È unabella prova di amicizia da parte di musulmani.
Ha notizie di discriminazioni nei confronti di cristiani e indù da parte difunzionari vicini all'integralismo islamico o da Ong radicali?Le discriminazioni nei confronti delle minoranze religiose in Pakistan sonouna triste consuetudine. Ben prima delle alluvioni. Per trovare un posto dilavoro o anche solo per entrare in ospedale, i cristiani devo averel'appoggio di un musulmano. Questa situazione si riflette pure nelladistribuzione degli aiuti. Tanti ci raccontano di sfollati cristianiabbandonati, senza che nessuno se ne curi.
Ha paura per le recenti minacce dei taleban?Sono abituato ai taleban. Siamo stati anche attaccati da un commandoestremista lo scorso 8 febbraio. Ma non ci arrendiamo. Noi salesiani abbiamoqui a Quetta una scuola dove mille bambini di tutte le confessioni religiose- cattolici, protestanti, musulmani - studiano insieme. Senza contrasti.Convivere è possibile, dunque. Noi cerchiamo di dimostrarlo ogni giorno,col nostro lavoro. A fianco di chi ha bisogno.