Oltre 800mila effettivi, 12mila dipendenti, 1,6 miliardi di euro di entrate e quasi 7 milioni di utenti, questi i macro numeri del volontariato italiano emersi dallo studio dell'Osservatorio Nazionale per il Volontariato Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, presentato ieri a Palazzo San Macuto. Partendo dalle trasformazioni nel mondo del volontariato, basato sui dati dell'ISTAT sulle organizzazioni di volontariato in Italia, diversi sono gli aspetti curati dal gruppo di lavoro dell'Osservatorio formato da Emanuele Alecci, Giancarlo Cursi, Renato Frisanco, Stefania Mancini, Gianfranco Gambelli, Marco Granelli, Giorgio Groppo, Sabina Polidori, Simona Rotondi, Andrea Tieghi. Renato Frisanco, Fivol, ha analizzato il volontariato come un fenomeno con tanti "più" e qualche "campanello d'allarme". Il nuovo volto del volontariato italiano è stato analizzato da Emanuele Alecci, Presidente Mo.V.I., Marco Granelli, Presidente CSV-Net e Giancarlo Cursi della Caritas Italiana. Il rapporto con gli Enti Locali è stato curato da Giorgio Groppo, componente dell'Osservatorio Nazionale per il Volontariato in rappresentanza dell'Anci. Le reti di volontariato e europeo e internazionale assieme all'analisi sul volontariato nei paesi di nuova adesione è stato curato da Stefania Mancini dell'Agenzia delle ONLUS e Tiziana Cruciali. La riforma della legge quadro sul Volontariato è stata vista da Vincenzo Putrignano. I dati, di fonte Istat come dal 1995 al 2003, le associazioni sono aumentate del 152%, passando da 8.343 a 21.021 unità. Forte la presenza in regioni come Lombardia, Toscana, Emilia e Veneto, ma segnali di risveglio appaiono in regioni come Sicilia, Molise, Campania e Marche con un trend di crescita superiore al 300%. Suona però, qualche campanello d'allarme, come l'assottigliamento strutturale (oltre la metà degli enti ha meno di 21 volontari), una certa difficoltà a garantire il fisiologico turn over degli associati e, soprattutto, ad attirare le giovani generazioni. La fascia media d'età del volontari è, infatti, tra i 46 e i 65 anni. «Gli under 30 risultano prevalenti solo nell'8,3% delle unità, a segnalare un problema di ricambio», ha commentato Renato Frisanco, responsabile studi della Fivol e membro dell'Osservatorio. «Le odv assorbono meno di un tempo le nuove generazioni e questo sembra dovuto non solo alla "difficoltà di tenuta" di impegno dei giovani per motivi inerenti alla loro condizione di vita, ma anche alle difficoltà degli enti di promuovere la partecipazione giovanile, fornire stimoli, rinforzi valoriali e possibilità di partecipazione nell'organizzazione, per venire incontro a quella domanda di senso che per i giovani è molto importante». «È cresciuta la propensione alla gestione delegata di servizi, sostenuta da una professionalizzazione delle competenze e da un'ingente dipendenza dal finanziamento pubblico», ha rilevato Frisanco. «Si tratta di una componente ancora minoritaria e presente soprattutto in area sanitaria, dove ha assunto compiti di servizio ad elevata standardizzazione (soccorso ed emergenza), e appare ormai matura a passare all'impresa sociale. Si tratta poi di capire quanto il fenomeno sia correlato a una penuria di risorse umane gratuite, a una crescente disponibilità di finanziamenti o, ancora, dipenda da una crescita operativa inevitabile in certi ambiti d'intervento».

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