Non è facile vivere a Kabul, ma Mirwais Shinwary dice che non vorrebbe vivere in nessun altro posto al mondo. Scappato nel Pakistan negli anni '90, ha colto al volo la possibilità di aiutare a ricostruire il suo paese: ora è a capo di una delle migliori unità di telecomunicazioni del WFP.
KABUL - Mirwais racconta di non essersi mai pentito di aver riportato la sua famiglia in Afghanistan, con una eccezione. "Stavo tornando a casa dal lavoro, avevo appena superato il mercato quando c'è stata un'esplosione. Camminavo in mezzo alla strada e in un attimo mi sono ritrovato a terra, circondato da persone ferite."
Il suo primo pensiero andò ai figli, che percorrevano quel tratto di strada ogni giorno, per tornare a casa dopo la scuola. E proprio a quell'ora.
"Tremavo al pensiero di vedere i loro volti tra quelli dei feriti intorno a me," ricorda Mirwais.
Fortunatamente non c'erano. I suoi due bambini erano a casa ad aspettarlo, ma quell'esperienza ha segnato Mirwais per lungo tempo. E' stata una delle poche volte in cui ha messo in discussione la sua scelta.
Pelle tosta
Come molti afghani, Mirwais non si perde d'animo facilmente. Negli anni '90 - aveva allora dodici anni - l'Afghanistan era scosso dalla violenza. Lui e la sua famiglia lasciarono Kandahar, dove era nato. Suo padre rimase ucciso lungo il cammino durante un attacco missilistico e Mirwais, essendo il più grande di sette fratelli, attraversò il confine con il Pakistan assumendosi la responsabilità della sua numerosa famiglia.
"Ci eravamo lasciati tutto alle spalle. Arrivati a Peshwar non avevamo nulla. Non un ricordo del passato, neanche una fotografia. Partivamo da zero, " racconta. Ma ciò non lo ha scoraggiato, e Mirwais ha continuato i suoi studi laureandosi in ingegneria elettrica all' Università di Peshwar.
Sebbene la sua famiglia fosse riuscita a ricostruirsi una vita in Pakistan, Mirwais non ebbe dubbi quando si trattò di tornare nel suo paese, prima come esperto di telecomunicazioni per l'UNOPS e poi diventando capo dell'unità per le telecomunicazioni del WFP. Uno dopo l'altro, i suoi fratelli lo hanno raggiunto a Kabul con le loro famiglie. Oggi vivono tutti insieme nella capitale.
Lavoro, lavoro, lavoro
A Kabul, il WFP fornisce i servizi di telecomunicazioni a tutta la comunità umanitaria delle Nazioni Unite. Mirwais ha dunque molto lavoro da fare. "Lavoro dalla 10 alle 12 ore al giorno, 52 settimane all'anno," spiega. "É un lavoro difficile, ci confrontiamo costantemente con le emergenze. Come se non bastasse, in Afghanistan c'è pochissima elettricità e dobbiamo fare affidamento sui generatori. É una bella sfida qundo devi garantire le connessioni ad internet."
Ma l'ostacolo più grande rimane la continua minaccia alla sicurezza, continua Mirwais. "Se devi montare delle antenne o fare delle riparazioni, devi uscire con una scorta armata. E questo rallenta molto il lavoro."
Queste preoccupazioni coinvolgono anche la sua famiglia. "Il weekend, non esiste un posto sicuro dove poter andare con la mia famiglia per un pic-nic. Certi giorni non possiamo neanche uscire di casa."
Ma la sua famiglia ha imparato a convivere con i pericoli e a passare il tempo a casa nel miglior modo. Da buon padre, Mirwais aiuta i suoi bambini a fare i compiti, e nel tempo libero continua i suoi studi.
"Mi piace la pubblicità," dice. "Per questo ho preso lezioni di marketing a distanza. Mi è sempre piaciuto studiare ed è quello che faccio la maggior parte del tempo a casa."