Cosasta succedendo in Somalia? Tre milioni di persone in stato di necessità; cinquecentomilarifugiati nei paesi limitrofi; una diaspora di due milioni di somali sparsi nelmondo; vent'anni di instabilità, guerra civile, dissidi interni e di conseguentiinterventi della comunità internazionale; istituzioni fragili accerchiate da unjihadismo aggressivo; pirateria in crescita. INTERSOS, presente in Somalia da due decenni, si propone di riportarel'attenzione su questo paese con un articolatodocumento di analisi, denuncia degli errori commessi, e proposta,che qui si sintetizza.

Partendodalla conferenza di Istanbul del maggio scorso, Nino Sergi, autore deldocumento, ripercorre gli eventi dalla fine della conferenza di pace del 2004per cercare di capire le possibili vie di uscita da questa crisi. "Vi sono da un lato la mancanza di un'efficacee condivisa linea strategica nei paesi che seguono la Somalia sotto ilcoordinamento dell'ONU e dall'altro un sorprendente contrasto tra i discorsi el'impegno della comunità internazionale e la tragica realtà del paese, con lesue deboli istituzioni, i conflitti interni, un'opposizione armata checontrolla già 8 su 9 regioni del centro-sud del paese e i 4/5 di Mogadiscio, lacrescente pirateria e con due grandi regioni che rivendicano e vivono unapropria autonomia".

Anchela presenza dell'AMISOM, la missione militare di stabilizzazione dell'UnioneAfricana, "è divenuta parte del problemasomalo, dato il suo mandato strettamente legato alla protezione delleistituzioni senza alcuna possibilita di intervento a soccorso e tutela dellapopolazione". Sulla pirateria, con attacchi che si raddoppiano ogni anno econ un numero di pirati che nel 2009 è triplicato, viene evidenziato quantopoco peso sia stato dato alle ragioni e preoccupazioni dei somali conl'intervento limitato al mare e alle forze armate navali.  "Che unmigliaio di pescherecci agissero da anni indisturbati nelle acque davanti allaSomalia, con un pescato stimato a piu di 200 mila tonnellate annue valutato inalmeno 450 milioni di dollari, totalmente esentasse e con gravi conseguenze suldepauperamento della fauna marina e sui pescatori somali, è stato da tutti consideratonormale. Alcuni somali non hanno piu inteso considerarlo tale, e hannoproceduto con metodi propri, sbagliati certo, ma senza alternative. La giustalotta internazionale alla pirateria sarebbe piu credibile ed efficace se alcontempo si stabilissero regole, condivise con le autorita somale, contro lapesca clandestina e il saccheggio di quei mari e fossero aiutati a crescere ipescatori e le comunita delle regioni costiere".

Ildocumento prende poi in esame la gestione politica delle Nazioni Unite dal 2005ad oggi, evidenziandone un quadro carico di errori, ritardi, miopi valutazioni,occasioni mancate. "I somali ed inparticolare le istituzioni federali transitorie hanno gravi responsabilita, macio che oggi colpisce è il divario tra la visione e l'azione internazionalecoordinata dalle NU, sempre pronte a sottolineare i successi ottenuti, e larealta in continuo peggioramento".

Doveva la Somalia? Sergi cerca di rispondere a questa domanda analizzando da unlato le realtà jihadistiche somale, la loro organizzazione, le divisioni internema anche il collante del fanatismo e del successo ottenuto, il peso della loropresenza sulla società e la cultura somala, l'attrazione di giovani frustrati senzaalcuna speranza, la somiglianza con i taliban afgani. Dall'altro lato, sisofferma sulle istituzioni somale descrivendole come "nate senza grandi valori, frutto di calcoli interni e esterni allaSomalia, pesi e contrappesi, il cui senso della comunita e del bene comune è dominatopesantemente dall'interesse personale, familiare e clanico".  E aggiunge: "Vi sono comunque persone di valore nelle istituzioni, ma andrebberovalorizzate e sostenute maggiormente, coinvolgendo al loro fianco la societàcivile sana che esiste nel paese e che sta dando da tempo e con risultatitangibili quelle risposte che le istituzioni non sono riuscite a fornire".La guerra che si sta ora combattendo "riguardal'anima stessa della Somalia che, nonostante le resistenze dei somali, starapidamente trasformandosi, con la forzata imposizione di volonta e disegniesterni. Non è una questione destinata a rimanere entro i confini nazionali:cio che diventera la Somalia avra ripercussioni sull'intera area e altrove,data anche la numerosa diaspora somala".

Tuttoquesto avviene mentre perdura una crisi umanitaria che è stata definita la piugrave al mondo dal Segretario Generale Ban Ki-moon e che è stata ignorata nelpercorso politico che ha portato alle nuove istituzioni. Piu in generale, "è mancata una strategia civile peraffiancare la popolazione e fornire il coraggio e la speranza necessari peropporsi ad un regime territoriale alieno che sta uccidendo la cultura, latradizione, l'anima dei somali in nome di una interpretazione religiosaaltrettanto aliena; è mancata cioè quell'adesione popolare diffusa che siottiene dando risposta ai problemi delle persone, delle famiglie, valorizzando lasocieta civile e sostenendola nei propri sforzi". Per questo INTERSOSritiene importante "che le Ong, pur conle necessarie attenzioni e limitazioni, continuino a dare l'esempio continuandoa svolgere il loro dovere umanitario sul terreno, in Somalia, con partnershipvere e coinvolgenti, vivendo il principio dell'imparzialità e aprendo, ovunquepossibile, spazi di dialogo con tutti quei somali che potrebbero far rinascereil loro paese e i suoi valori, anche con coloro che sembrano al momento nonvolerlo".

Ildocumento approfondisce poi la dimensione regionale con le ripercussioni delconflitto etiopico-eritreo sulla destabilizzazione della Somalia e le influenze della "guerra alterrore" su alcune scelte della comunità internazionale che ha sbrigativamente consideratoterroriste persone e organizzazioni con cui occorreva invece continuare a parlare."Si sono così chiusi spazi politici dipossibile confronto, nel rifiuto di cercare di capire fino in fondo le ragionidell'altro, quelle che forse avrebbero potuto indicare la svolta necessaria".

Alcunierrori della comunita internazionale emergono: la scelta, fin dai primi anni'90, di non risiedere in Somalia preferendo la più sicura e comoda postazionedi Nairobi; non avere accompagnato con convinzione e decisione le nuoveistituzioni transitorie uscite dagli accordi di pace del 2004; la guerraall'Unione delle Corti islamiche nel 2006, armando e finanziando warlords di pessima fama e senzacredibilità; la proscrizione di dirigenti dell'ARS che sono stati inseritinella lista dei terroristi e l'individuazione di al-Shabab quale organizzazioneterroristica; aver rallentato la realizzazione degli accordi di Gibuti del 2008e la presenza attiva in Somalia delle nuove istituzioni. Nel biennio 2006-2008,"sia l'Unione delle Corti islamiche, sial'ARS nella sua interezza e perfino gli Shabab dovevano essere visti comeinterlocutori; si doveva in ogni caso cercare di capire le loro ragioni e leloro proposte, alcune delle quali probabilmente utili, che avrebbero forse potutofavorire un diverso processo di riconciliazione. Sono prevalsi il pregiudizio,la paura, la sottovalutazione, le influenze di chi trova interesse nella destabilizzazione".E' evidente che "la soluzione delproblema somalo non potrà essere che somala e decisa dai somali e che solo inquesta prospettiva possono trovare valore le mediazioni e i sostegni esterni".

Unanuova strategia si impone, quindi, "ameno di voler abbandonare la Somalia a sé stessa o di voler puntare sull'usodella forza, creando un altro interminabile Afghanistan con conseguenze che nonrimarranno certo contenute sul territorio somalo". La nuova strategia devebasarsi, per INTERSOS, sull'"ascoltodelle ragioni altrui per un dialogo somalo", dato che "non tutti gli spazi di confronto sono definitivamente chiusi". Algoverno transitorio spetta il compito di far transitare la Somalia verso unafase conclusiva di stabilizzazione e pace. Potrà riuscirci solo se "riesce a rafforzarsi, radicarsi ed agire sulterritorio per dare risposte ai bisogni vitali della gente e venire cosìpercepito come attore credibile, capace di attirare al dialogo gli altri attorisomali"; adottando cioè, anche se con grave ritardo, "una strategia civile che ridia fiducia alla gente rispondendo aiproblemi economici e della sopravvivenza".

Sitratta di un'impresa difficile, continua il documento, "realizzabile solo con una decisa, univoca determinazione e condivisionedella comunita internazionale che dovra assicurare attenzione e preoccupazioneverso questo paese, le sue istituzioni e la sua popolazione e al contempo ?fareun passo indietro', invitando l'Etiopia e l'Eritrea a fare lo stesso; dovracioè fare ogni sforzo per lasciare l'iniziativa politica ai somali, appoggiandofortemente e decisamente le istituzioni transitorie in questo non facilecompito, anche quando le soluzioni che saranno individuate potranno esserediverse dalle aspettative e dagli interessi geopolitici immediati".

Comearrivarci? Per INTERSOS si impongono radicali cambiamenti da parte delleNazioni Unite e degli altri attori internazionali. "Suonerebbe strano, infatti, se si pretendesse di disegnare e attuareuna nuova strategia senza ripensare radicalmente il sistema che ha portato allatragica situazione attuale e senza toccare quella miriade di esperti che sisono resi responsabili dell'attuale stato comatoso della Somalia". Ildocumento esprime quindi alcune valutazioni sul coordinamento delle NU, sullacoalizione delle organizzazioni internazionali e degli stati interessati allaSomalia, sul debole ruolo dell'UE, su quello dell'Italia che considera l'areadi "interesse prioritario per la politicaestera italiana", ma a cui non seguono impegni concreti. "Se l'Italia continua a non volere assumereil ruolo che le spetta e che ancora le viene richiesto da piu parti, forse èmeglio che ne rimanga fuori del tutto; sarebbe finalmente l'assunzione di unaposizione chiara del nostro paese. Il giudizio della comunita internazionale equello che ne dara la storia è un altro capitolo, che è meglio non aprire".

Piùin generale, per INTERSOS la comunita internazionale dovrebbe iniziare un ampioripensamento della propria concezione delle istituzioni democratiche nel postconflitto e dei modelli, tempi e modalita da adottare. "Si fa spesso un discorso che ha ben poco di realistico, perché tropporigido nella concezione dello Stato e nel modello istituzionale da adottareall'uscita da una crisi. Si tratta di una visione che non tiene pienamenteconto della realta, del contesto e della possibilita di realizzare quantostabilito".

Datele poste in gioco, INTERSOS auspica infine che la prossima riunione del GruppoInternazionale di Contatto, la coalizione interessata alla Somalia, annunciataper il prossimo settembre in Spagna, sia al livello dei Ministri e non dei solifunzionari, "al fine di rimodellare, conle istituzioni somale, la strategia e gli strumenti da adottare e di prenderele necessarie decisioni in modo impegnativo e vincolante".

Perscaricare l'intero documento: http://www.intersos.org/Somalia%2021%20Giugno%202010%20Def.pdf

Perinformazioni: Paola Amicucci, info@link2007.org ,  tel. 06.85374332 -  328.0003609

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