L'ISTAT presenta il Rapporto Annuale 2009 e descrive un paese fortemente colpito dal disastro economico Oltre due milioni di giovani che non lavorano e che non studiano e che danno all'Italia un triste primato europeo. Inattivi che sono a forte rischio ?esclusione' e che si concentrano, per più di un milione, nel Mezzogiorno.

Intanto si aggrava la condizione lavorativa delle donne italiane, peggiorando una "criticità storica": il loro tasso di occupazione nella fascia 15-64 anni è sceso nel 2009 al 46,4%, oltre 12 punti percentuale in meno della media nell'Ue (58,6%).

Mentre il paese si conferma uno dei paesi più vecchi d'Europa e quello con uno dei più bassi indici di natalità. Sono solo alcuni dei passaggi contenuti nel Rapporto annuale 2009 presentato oggi dall'ISTAT.
Difficile fare sintesi del quadro fosco ritratto dall'istituto statistico: un'analisi incentrata, gioco forza, sulla crisi economica e sugli effetti prodotti nella società italiana. Una crisi che ha investito fortemente il tessuto italiano portando le famiglie, circa il 15%, in condizioni di vero e proprio disagio economico, con una percentuale che supera il 25% nel Mezzogiorno. Il calo dell'occupazione - oltre a lasciare sul campo un numero enorme di giovani costretti a casa con i genitori non per scelta né tantomeno per piacere - segna 380mila unità in meno per il 2009.

Lo scorso anno quindi l'occupazione, a causa della crisi, è tornata a scendere dopo 15 anni. La riduzione maggiore è per gli uomini (-2%), perché concentrati nell'industria, rispetto alle donne (-1,1%); le donne che lavorano nell'industria in senso stretto, tuttavia, calano più del doppio degli uomini (-7,5 contro -3%). Grazie al diffuso ricorso alla Cassa Integrazione Guadagni (CIG) - evidenzia il Rapporto - la contrazione degli occupati nella trasformazione industriale (-4,1%, 206 mila unità) relativamente meno accentuata che nell'Ue.

Le notizie negative non si limitano ai riflessi sull'occupazione. Sul fronte tasse l'Istat rileva come la pressione fiscale sia salita, sempre nel 2009, al 43,2% aumentando di tre decimi di punto rispetto all'anno precedente (42,9% nel 2008) e ampliando lo stacco di oltre tre punti percentuali con la media Ue che l'anno scorso si è attestata al 39,5% (dal 40,3% del 2008).
Quanto al potere d'acquisto pro capite, questo è scivolato sotto il livello del 2000. In particolare, al netto dell'effetto dell'aumento di popolazione, la discesa del potere d'acquisto delle famiglie è stata di circa 3 punti percentuali in un biennio, con un profilo simile a quanto accaduto nella crisi del 1992-93.

La riduzione del reddito pro capite nel 2009 è risultata del 2,3% rispetto al 2000 che, in altri termini, è corrisposto ad una perdita di oltre 300 euro per abitante ai prezzi del 2000.

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