La Banca Mondiale si rifiuta di rendere pubblici i risultati dell'inchiesta che ha avviato sui saccheggi del settore minerario nella Repubblica Democratica del Congo. Ma al contempo il Presidente della Banca, Paul Wolfowitz, è intervenuto personalmente per rinviare la cancellazione del debito dell'ex-Zaire nell'ambito dell'iniziativa Highly Indebted Poor Countries (HIPC). Questo nonostante sia il Board che il management della Banca e del Fondo monetario internazionale avessero dato il loro benestare al provvedimento di cancellazione. Le motivazioni addotte dall'ex sottosegretario alla difesa Usa sono relative a non meglio precisate questioni legate a episodi di corruzione, soprattutto in merito alla gestione dei fondi petroliferi (oil funds).
La decisione di Wolfowitz ha indispettito non poco i vertici e lo staff delle due istituzioni di Bretton Woods, dal momento che tutta la documentazione prodotta sia dalla Banca che dal Fondo lasciava intendere che la Repubblica Democratica del Congo avesse imboccato il binario giusto per il ripristino della pace e della sicurezza all'interno dei suoi confini e stesse anche ritrovando una certa solidità macroeconomica e finanziaria. "Adesso appare sempre più probabile che per la cancellazione del debito il Paese africano dovrà sottostare a tutta una serie di nuove condizionalità e dovrà continuare a pagare il salatissimo conto del debito" - commenta la Campagna per la riforma della Banca Mondiale (CBRM).
La "duplicità" dell'atteggiamento della Banca Mondiale sul saccheggio sistematico delle risorse naturali della Repubblica Democratica del Congo è stata criticata invece da alcune organizzazioni internazionali, citate oggi da un quotidiano di Kinshasa - riporta l'agenzia Misna. "Perché la Banca Mondiale si rifiuta di rendere pubblici i risultati dell'inchiesta che essa stessa ha avviato sui saccheggi del settore minerario" nell'ex-Zaire, si chiede oggi Le Potentiel. Il giornale fa riferimento anche a un rapporto, curato dai legali di uno studio internazionale per conto di tre organismi europei, nel quale si denuncia che più della metà dei contratti per lo sfruttamento dei giacimenti di rame del Katanga è fortemente "squilibrato" e a svantaggio del Congo. Le conclusioni di questa indagine - secondo i committenti - sarebbero identiche a quella di un'analoga verifica compiuta dalla Banca Mondiale tre anni fa, che però non sono mai state rese pubbliche.
Intanto il Parlamento di Kinshasa ha già ricevuto un rapporto sul settore minerario presentato nel luglio 2005 dal deputato Christophe Lutundula, ma non è ancora stato discusso. La sottrazione sistematica delle enormi ricchezze naturali del Congo - da parte del governo, di svariati gruppi ribelli, di multinazionali, di Paesi confinanti come Uganda e Rwanda - è ampiamente documentata in alcuni dettagliati rapporti di una commissione di esperti dell'Onu. Lo scontro per il controllo di queste risorse - tra gli altri, diamanti, coltan, oro, cassiterite, rame e cobalto - è stato uno dei motivi della guerra del 1998-2003 e prima ancora dell'invasione del 1996-97 che portò Laurent Desiré Kabila (padre dell'attuale capo di Stato Joseph Kabila) al posto del dittatore Mobutu Sese Seko. [GB]
Fonte: Unimondo