Di fronte alla crescente preoccupazione sull'impatto della recessione economica, l'Organizzazione Internazionale del Lavoro (Ilo) avverte in un nuovo studio che gli sforzi per contrastare il lavoro minorile sono deboli e lancia un appello per "ridare vigore" alla campagna globale contro questo fenomeno. Nel suo Rapporto globale sul lavoro minorile, pubblicato ogni quattro anni, l'Ilo afferma che tra il 2004 e il 2008 il numero globale dei bambini lavoratori è sceso da 222 milioni a 215 milioni, circa il 3 per cento.
Questa riduzione indica un "rallentamento del ritmo di riduzione globale" e l'Ilo si dice preoccupata che la crisi economica mondiale possa "frenare" i progressi raggiunti finora volti ad eliminare le peggiori forme di lavoro minorile entro il 2016. "I progressi sono irregolari: non abbastanza rapidi, né sufficientemente ampi per raggiungere gli obiettivi prefissati", ha dichiarato il Direttore Generale dell'Ilo, Juan Somavia. "Sono necessari nuovi sforzi su più ampia scala. La situazione richiede una campagna contro il lavoro minorile più energica.
Dobbiamo intensificare l'azione e accelerare il ritmo". Somavia ha poi aggiunto: "La recessione economica non può essere una scusa per ridurre le nostre ambizioni, né per giustificare la nostra inattività. Al contrario, è un'occasione per attuare misure politiche che siano efficaci per le persone, per la ripresa e per uno sviluppo sostenibile". Il nuovo rapporto dell'Ilo intitolato "Accelerare l'azione contro il lavoro minorile" (Accelerating action against Child Labour), è pubblicato alla vigilia della Conferenza Globale sul Lavoro Minorile organizzata dal Governo dei Paesi Bassi a L'Aia (10-11 maggio) in collaborazione con l'Ilo e che vedrà la partecipazione di circa 450 delegati da 80 paesi. Somavia ha dichiarato che la Conferenza, nel corso della quale sarà presentata una "Tabella di marcia" per l'eliminazione del lavoro minorile entro il 2016, darà nuovo impulso all'azione globale contro questo fenomeno.
L'incontro servirà anche da piattaforma per lanciare il rapporto realizzato dal Programma Understanding Children's Work, un'iniziativa congiunta di Ilo, Banca Mondiale e Unicef. Il rapporto, intitolato "Joining forces against child labour. Inter-agency report for The Hague Global Child Labour Conference of 2010" ("Uniamo le forze contro il lavoro minorile"), è realizzato con il sostegno della Cooperazione italiana allo sviluppo e dal Dipartimento del Lavoro degli Stati Uniti. Il rapporto chiede di porre il lavoro minorile, che lede i diritti dei bambini e compromette lo sviluppo nazionale, tra le priorità dei programmi di sviluppo nazionali. I dati del nuovo rapporto contrastano con quelli del 2006, in cui veniva presentato un quadro più incoraggiante.
Le nuove cifre mostrano un progresso "irregolare" verso il raggiungimento dell'obiettivo di eliminare le peggiori forme di lavoro minorile entro il 2016. Il Rapporto avverte che se questa situazione persiste, non si riuscirà a raggiungere l'obiettivo del 2016. La buona notizia è che lo schema generale di riduzione del lavoro minorile è stato mantenuto: più il lavoro è pericoloso e i bambini coinvolti vulnerabili, più la riduzione sarà rapida. Tuttavia, un numero impressionante di bambini - 115 milioni - è ancora esposto a forme di lavoro pericoloso, termine spesso utilizzato per evocare le peggiori forme di lavoro minorile. Il Rapporto analizza i dati per età e per sesso.
Il maggior progresso è stato registrato per i bambini e le bambine in età compresa tra i 5 e i 14 anni, con una riduzione del numero dei bambini lavoratori pari al 10 per cento. Per la stessa fascia d'età, il numero dei bambini impiegati in lavori pericolosi è sceso del 31 per cento. Per le bambine, è stato registrato un calo considerevole (di 15 milioni o del 15 per cento). Dall'altro lato, però, c'è stato un aumento tra i maschi (di 8 milioni o il 7 per cento). Cifra ugualmente allarmante riguarda il lavoro minorile per la fascia d'età 15-17 anni che ha subito un aumento del 20 per cento, passando da 52 milioni a 62 milioni.
Il Rapporto contiene anche dati aggregati per regione. Mostra, per esempio, come nelle regioni di Asia e Pacifico e America Latina e Caraibi il lavoro minorile continui a diminuire, mentre in Africa sub-Sahariana c'è stato un aumento sia in termini relativi che assoluti. Quest'ultima regione detiene inoltre il primato in termini di incidenza di bambini lavoratori, con un bambino su quattro coinvolto nel lavoro minorile.
Constance Thomas, Direttore del Programma dell'Ilo per l'eliminazione del lavoro minorile (Ipec), ha segnalato alcune tra le principali sfide da affrontare per eliminare il lavoro minorile: l'ampiezza del problema in Africa, la necessità di fare di più nel settore agricolo dove lavorano la maggior parte dei bambini e l'urgenza di affrontare le forme "occulte" di lavoro minorile che sono considerate spesso come le peggiori forme. "Il problema del lavoro minorile trova le sue radici nella povertà.
È abbastanza chiaro il modo in cui il problema va affrontato. Dobbiamo garantire a tutti i bambini la possibilità di andare a scuola, abbiamo bisogno di sistemi di protezione sociale a sostegno delle famiglie più vulnerabili, in particolare in tempi di crisi, e dobbiamo assicurare un lavoro dignitoso agli adulti.
Queste misure, combinate ad un reale rafforzamento della normativa a tutela dei bambini, rappresentano la strada giusta da percorrere", ha concluso Constance Thomas. Il Programma Ipec è stato avviato nel 1992 e nel biennio 2008-09 gestiva programmi e progetti in oltre 90 paesi del mondo.

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