Promessa del fioretto dall'età di 6 anni, la tredicenne di Treviso, un anno e mezzo fa, ha subito l'amputazione di gambe e braccia ed è stata assistita dal Centro Protesi INAIL di Vigorso di Budrio. Oggi, grazie alla sua straordinaria determinazione e all'amore della famiglia, è tornata a gareggiare

SAN LAZZARO DI SAVENA - Un cuore e il coraggio di una leonessa nel corpo di una ragazzina di 13 anni. Che sia questo il segreto della grandezza di Beatrice "Bebe" Vio che - a un anno e mezzo dall'amputazione di braccia e gambe - domenica scorsa è tornata a tirare di scherma nel torneo paralimpico di San Lazzaro di Savena (Bologna)?
La giovanissima di Mogliano Veneto (Treviso) è stata assistita dal Centro Protesi INAIL di Vigorso di Budrio ed è la prima disabile al mondo a scendere in pedana con tutti gli arti artificiali. Un recupero incredibile reso possibile da una straordinaria forza d'animo, dall'amore e dal sostegno instancabile dei familiari. Una seconda vita. Giovanissima promessa della scherma, Beatrice ha cominciato a girare l'Italia dall'età di sei anni, una gara dopo l'altra.
Tutto questo fino al 20 novembre 2008, quando una setticemia, un'infezione del sangue dai rischi letali, l'ha costretta a subire l'amputazione di tutti e quattro gli arti. Una prova terribile che avrebbe piegato chiunque. Ma non Bebe che - dopo sei mesi di ospedale - non ha avuto esitazione nell'affrontare, a tutti i costi, la sua faticosa ripresa. "Dove abbiamo trovato la forza per uscire da questa storia? Basta guardare Bebe, la sua grinta. Avete visto? L'avete vista?"
Non si tiene dall'emozione il papà Ruggero, sempre al suo fianco, scudiero al suo nuovo battesimo in gara. "Essere qua è già una vittoria", continua. "Se penso che un anno fa eravamo all'ospedale... Se lei - che è messa peggio di tanti altri - ce l'ha fatta, questo può essere da esempio a tutti, disabili e non".
L'amicizia con Pistorius. Una volta uscita dall'ospedale, Bebe si è subito rimessa in piedi e ha ricominciato il suo cammino. I primi movimenti in carrozzina, poi la scrittura. Poi, ancora, la pittura - un'altra sua grande passione - fino a riprendere le uscite in tenda con gli scout. Ma dentro, più forte che mai, c'era la voglia di tornare a gareggiare. Un desiderio diventato "realizzabile" anche grazie all'esempio del simbolo vivente di chi, in una condizione simile alla sua, alla fine ce l'ha fatta. "Abbiamo conosciuto Pistorius, lo scorso anno", racconta il padre di Bebe. "Oscar è venuto a una nostra iniziativa. Ha corso con lei, l'ha spinta in carrozzina e poi lei ha spinto lui. Si è 'innamorato' e si sono contagiati a vicenda con la loro forza". Il sostegno della famiglia e l'aiuto dell'INAIL.
Per riuscire a coronare il suo sogno, Bebe ha deciso anche di rivolgersi al Centro Protesi INAIL di Vigorso di Budrio. Lo scopo: disporre di protesi speciali che le permettessero di controllare con precisione un'arma di acciaio. Domenica, dunque, Bebe ce l'ha fatta. Accanto a lei c'erano la mamma Teresa e la sorellina Maria Sole, tutte con la maglietta disegnata dalla stessa atleta e con sopra il suo personalissimo motto. "Io nella scherma ci metto il cuore". Intervistata dai giornalisti, questa ragazzina eccezionale dimostra davvero una maturità fuori dal comune. Tornare a tirare in piedi è un sogno "difficile da realizzare", ammette prima di infilarsi la maschera e scendere in pedana.
"Ma sulla carrozzina si può saltellare. Se oggi le perdo tutte, sono comunque felice". E non si è risparmiata neanche una battuta quando, stupita da tutti quei fotografi intorno a lei, ha detto al padre: "Ma non possiamo dirgli che di là c'è Valentina Vezzali, così si distraggono?"
A starle vicino in questo momento anche la sua maestra di Mogliano Veneto, Federica Berton e la sua istruttrice Alice Esposito. "Dobbiamo anche ringraziare il maestro Richard Zub di Padova, società dove ora si allena", conclude papà Ruggero. Con loro speriamo di poter fare i campionati paralimpici di Foggia, ma sinceramente, i risultati sportivi ora non sono la priorità. Per ora Bebe dovrà sedersi in carrozzina, ma non è giusto metterle dei limiti. Lei non è una che si ferma e come tutti gli sportivi sogna le Olimpiadi".

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