Da settimane l'attenzione dei mercati finanziari, dei commentatori dell'informazione e dei politici si è appuntata sulla crisi greca. E si continua a sentirne l'eco. Alla popolazione greca è stato chiesto di fare dolorosi tagli che serviranno solo a deprimere ulteriormente i redditi e l'occupazione, mentre i tassi di interesse vengono aumentati a livelli insostenibili. Più recentemente i titoli greci sono stati dichiarati "spazzatura" dalle agenzie di rating. Questo è un disastro per i greci, ma è anche la strada sbagliata per l'Europa nel suo insieme che ha bisogno di tracciare una strada europea per l'uscita dalla crisi.
Siamo colpiti dal fatto che la politica europea si è sistematicamente trascinata dietro gli avvenimenti, consentendo di farsi guidare dalla volatilità dei mercati, da politici populisti e da media che troppo spesso dimostrano ignoranza dei temi trattati. Questo ha drammaticamente aumentato i costi e i rischi per la soluzione della crisi.
La catastrofe finanziaria greca ha quattro cause. In primo luogo c'è la passata debolezza fiscale dello stato greco, in particolare l'incapacità di generare entrate fiscali, come parte del
PIL, in linea con i suoi vicini europei, ma anche manipolazioni statistiche ingiustificabili.
In secondo luogo la competitività relativa della Grecia è andata peggiorando parecchio, in particolare all'interno dell'area euro, come viene riflesso nell'attuale sostenuto deficit dei conti, risultato degli aumenti più che medi nei costi per unità di lavoro e nei prezzi ed una maggior dinamica di crescita economica. In terzo luogo la crisi economica - che, dato il carattere conservatore del settore bancario del paese è stato un classico shock esterno - . ha devastato le finanze pubbliche, proprio come in altri paesi. E ultimo, ma non per ordine di importanza, è molto aumentato il peso dei costi degli interessi, quando reali preoccupazioni sulla sostenibilità finanziaria si sono combinate con la speculazione e la disinformazione aumentando il tasso di interesse sui nuovi titoli di stato greci (bonds).
Solo la prima di queste cause chiama senza ambiguità i greci ad accettare la pena della austerità fiscale. Tutte le altre tre hanno una forte dimensione europea e richiedono soluzioni europee. In particolare la perdita di competitività della Grecia (e di molti altri paesi, come Spagna e Irlanda) è l'immagine riflessa dell'aumento nella competitività relativa di altri paesi, in particolare Germania, Austria, Paesi bassi. Questi ultimi non avrebbero potuto aumentare le loro esportazioni nette senza l'accelerata espansione della domanda nei primi paesi, che, spesso si dimentica, sono stati anche responsabili per molto della crescita economica e dell' occupazione in Europa negli anni recenti , mentre la domanda e la crescita nei paesi in attivo èra rallentata. Il problema è simmetrico e altrettanto deve essere la soluzione.
Perché la Grecia non è - come spesso viene denunciato o detto implicitamente - stata dietro alla Germania nella crescita della produttività; anzi, la produttività del lavoro oraria è cresciuta più di due volte che quella della Germania nei 10 anni dell'euro, dal 1999.
Nè risultano veritiere ad una attenta analisi le i tesi frequenti sui media greci circa la "pigrizia" dei greca: gli orari di lavoro medi annuali sono i più lunghi d'Europa (e centinaia di ore all'anno più lunghi di quelli della Germania!). Il problema si è determinato con i salari nominali e la fissazione dei prezzi.
A causa delle forti differenze nella determinazione dei salari, i costi nominali per unità di lavoro sono cresciuti in Grecia più del 30% dall'inizio dell'Europa monetaria - e gli aumenti in Italia, Spagna, Portogallo e Irlanda sono stati anche più alti - mentre in Germania sono cresciuti solo dell'8%. La definizione monopolistica dei prezzi è anche un punto critico, dando la possibilità alle aziende di passare costi salariali più alti o prezzi importati sui prezzi nazionali. Queste divergenze di salari e prezzi non sono sostenibili all'interno di una unione monetaria dove gli aggiustamenti dei tassi di cambio non sono più possibili. Ma questo richiede un aggiustamento da entrambe le estremità. Salari e prezzi in Grecia e altri paesi devono abbassarsi in termini relativi, ma devono crescere più rapidamente in Germania le cui aggressive politiche di moderazione salariale sono deflazionistiche, esportano disoccupazione e minacciano di far esplodere la unione monetaria. Questa è la sola strada per riequilibrare la area euro evitando il grosso rischio di una spirale deflazionistica.
Non capendo queste cause, i politici europei si sono gingillati mentre la Grecia è andata a fuoco. La politica monetaria è stata lasciata completamente fuori della discussione. Le offerte di sostegno finanziario sono state troppo piccole, in ritardo e soggette a condizioni irragionevoli. Come risultato gli speculatori hanno aumentato sempre più il costo per la soluzione della crisi. Prestare denaro pubblico alla Grecia, con interessi, non è carità. E' il riconoscimento delle interconnessioni di una unione monetaria e di interesse vitale per tutti gli europei. Nessuno ha dei vantaggi dal fatto che Grecia e altri paesi si imbarchino in una austerità finanziaria massiccia, deflazione della domanda e deflazione competitiva dei prezzi. Questo è sempre più così quando la politica monetaria arriva al limite zero e l'economia europea nel suo insieme ancora dipende dalle politiche di sostegno. La Grecia non deve essere forzata ad una massiccia deflazione della domanda: avendo a livello europeo evitato gli errori della grande depressione non ha senso ripeterli a livello nazionale.
Al contrario è di vitale interesse per l'Europa risolvere la crisi greca sulla base dell'aumento dei redditi nel continente e mettere in opera la necessaria attrezzatura per gestire gli squilibri fiscali e competitivi in futuro. Il futuro dell'area euro nel suo insieme è a rischio. C'è un serio rischio di un gioco di domino che si riversi sopra una serie di altri paesi. Portogallo e altri adesso stanno dove la Grecia era qualche mese fa. I costi economici, sociali e politici sarebbero altissimi. Ma l'Europa non ha imparato niente dal 1920 quando la Germania si trovava in condizioni analoghe a quelle della Grecia oggi? Impedita a aumentare l' esportazione per servire il debito estero (riparazioni) da politiche mercantili, la Germania si imbarcò in un disastroso corso deflazionistico e depressivo che preparò la strada per gli orrori che vennero dopo. Oggi come allora, i paesi in deficit non possono semplicemente difendere la loro strada fuori della crisi, devono avere la possibilità di crescere uscendone. E questa è la unica strada per limitare i danni per i paesi in attivo, che altrimenti sono destinati anche loro a perdere in termini di occupazione, crescita, stabilità finanziaria.
Chiediamo una risposta di politica economica coordinata attorno a questi cinque elementi:
La banca centrale europea deve provvedere sostegno quanto possibile al consolidamento finanziario e agli sforzi di riequilibrio. Nel breve periodo questo vuol dire impegnarsi a mantenere i suoi tassi base vicini allo zero. Mantenere i tassi di interesse bassi è vitale per aiutare a minimizzare i costi di rifinanziamento e invece spingere in alto il tasso di crescita del
PIL nominale. Deve continuare ad accettare i bond greci come collaterali
I governi dell'area euro devono impegnarsi a corrispondere ai bisogni della Grecia di ristrutturare i suoi titoli sovrani per un periodo di tre anni. Le somme coinvolte non richiedono il
FMI la cui partecipazione si giustifica solo, se mai, in base a considerazioni politiche. Questo ridurrebbe immediatamente e drasticamente i tassi di interesse del mercato da pagarsi su nuove emissioni di bond: il tasso richiesto dai Governi dell'area euro dovrebbe essere esplicitamente legato al tasso benchmark per i bonds tedeschi più un tasso - penalità, che dovrebbe essere stabilito per assicurare le migliori possibilità per il consolidamento e evitare un futuro pericolo morale sovrano.
La Grecia accetta una supervisione rafforzata delle sue finanze pubbliche e annuncia un pacchetto per il consolidamento fiscale a più lungo termine che abbia gli effetti negativi più limitati possibile sulla domanda nel breve periodo (in modo particolare riducendo drasticamente l'evasione fiscale), ma eccedenze fiscali di primaria importanza nel medio termine; unisce questo ad un congelamento salariale e dei prezzi amministrati limitato nel tempo e politiche per aumentare la competizione nel mercato dei prodotti.
Germania, Austria e altri paesi in attivo si impegnano a mantenere uno stimolo fiscale ed un periodo di crescita degli aumenti salariale più rapidi della crescita della produttività; più in generale, le strategie fiscali di uscita dovrebbero essere coordinate all'interno del Consiglio per sollecitare una ripresa economica nell'area mentre si riequilibra la domanda all'interno dell'area monetaria. Questo richiede strategie di uscita asincrone. La Grecia e gli altri paesi in deficit le devono impiegare prima e poi devono seguire i paesi in attivo come la Germania. Dopo il periodo di aggiustamento le politiche salariali dovrebbero ritornare ad orientarsi verso la crescita nel medio periodo della produttività nazionale più l'obiettivo di inflazione della Banca centrale europea in tutti i paesi.
La Grecia non è il solo paese in crisi e c'è bisogno di politiche per impedire che la crisi si diffonda negli altri paesi vulnerabili. L'emissione di euro bonds, eventualmente con un ruolo per acquisti della banca centrale sul mercato secondario, dovrebbe essere considerato per ridurre i costi di finanziamento. Inoltre, la UE dovrebbe intraprendere immediatamente una revisione dei suoi vari meccanismi di coordinamento delle politiche in vista di rafforzarli e riorientarli nella direzione rivelata necessaria dalla crisi, e cioè: un focus simmetrico sui paesi in deficit e in attivo; il monitoraggio delle dinamiche private di conservazione del debito, anziché solo il settore pubblico, e un focus sulle attuali posizioni dei conti; incorporare la fissazione di prezzi e salari e conseguentemente rafforzare il ruolo delle parti sociali.
La crisi greca è una opportunità per condurre avanti l'integrazione europea a beneficio di tutti i cittadini europei. Ma le politiche attuali, basate su erronee percezioni delle interconnessioni economiche e miopi punti di vista legati agli interessi "nazionali", minacciano di distruggere l'unione monetaria, di far arretrare l'integrazione europea e mettere in pericolo il suo futuro economico e politico. L'unione monetaria europea semplicemente non può continuare così. Ci rivolgiamo a tutti i politici europei perché trovino soluzioni europee che corrispondano agli interessi di tutti i cittadini d'Europa.