«In questi giorni vediamo la politica occuparsi di tutto, tranne che dei problemi delle future generazioni. I politici, specie i candidati alle prossime elezioni regionali, devono tornare a mettere al centro dei propri programmi la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza». È l'accorato appello lanciato dal Prof. Ernesto Caffo, Presidente dell'Associazione Onlus Telefono Azzurro, che in vista delle elezioni del 28 e 29 marzo prossimi propone ai diversi schieramenti in lizza alle regionali di sottoscrivere un documento per dar voce ai diritti dell'infanzia e dell'adolescenza. L'appello elenca quelle che secondo Telefono Azzurro devono essere capisaldi comuni all'azione di tutti gli schieramenti politici.
I minori fuori famiglia, un'emergenza sociale
A partire dal problema dei bambini e dei ragazzi "fuori famiglia", un esercito che secondo gli ultimi dati disponibili conta in Italia ben 32.400 minori di cui 16.800 in affidamento familiare e 15.600 accolti nei servizi residenziali, con un aumento del 30 per cento rispetto a una precedente rilevazione del 1999 (al 31/12/2007, Centro nazionale di documentazione per l'infanzia e l'adolescenza). Nonostante i vecchi "orfanotrofi" siano stati chiusi dal 2006 la logica di accoglienza è ancora eccessivamente focalizzata sull'assistenza e non sulla prevenzione, sui modi di intervento a posteriori e non sul sostegno delle famiglie in difficoltà. Ma non solo, perché:
- la carenza di fondi degli enti locali li costringe sempre più a scegliere le strutture in base al loro minore costo piuttosto che sulla loro reale efficacia, per misurare la quale mancano peraltro standard unici di misurazione e accreditamento;
- i tempi di permanenza dei minori negli istituti tendono ad aumentare piuttosto che diminuire, e i tempi di affidamento familiare superano ancora in gran parte (attorno al 58%, secondo le stime più recenti) i termini concessi dalla legge 149 del 2001: una condizione insostenibile;
- mancano dati e statistiche approfondite a livello nazionale, così come raccolte dati per molte Regioni: non si può combattere un fenomeno senza conoscerlo nei suoi contorni precisi;
- l'affidamento familiare non è ancora una misura alternativa vera, troppo spesso manca un progetto per il ritorno nella famiglia di origine così come il sostegno alla famiglia affidataria: non dobbiamo lasciare soli questi genitori;
- gli operatori spesso non hanno una preparazione adeguata e non vengono formati dalle Regioni: sono ancora troppe le differenze di azione tra un territorio e l'altro;
- servono strumenti specifici per i minori stranieri, il cui peso è passato in dieci anni dal 9 al 14 per cento, con punte in alcune regioni del 30 per cento sul totale di bambini e ragazzi fuori famiglia (Umbria 30%, Emilia-Romagna 28%, Veneto 24%).
Interventi "normali", ma necessari
Ma non si vuole per questo ridurre le richieste a queste situazioni di disagio se non di vera e propria emergenza. Nel corso degli anni infatti le Regioni hanno assunto sempre più poteri in tema di politiche sociali e in particolare per quanto riguarda la cura e la tutela dell'infanzia e dell'adolescenza. Educazione, famiglia, salute, diritti, protezione. Sono questi i campi di intervento su cui Telefono Azzurro chiede di intervenire, con «proposte concrete e non con le solite promesse elettorali», sottolinea il presidente Ernesto Caffo.
Le richieste ai candidati, punto per punto
Per questo Telefono Azzurro si appella ai candidati dei diversi schieramenti perché si impegnino nell'individuazione di risposte ai bisogni degli bambini e degli adolescenti, facendo proprie queste linee di intervento:
1. Non basta intervenire in emergenza, con centri di accoglienza e servizi che in molti casi sono privi dei requisiti minimi di qualità ed efficacia e spesso perseguono logiche assistenziali che nulla hanno a che vedere con il benessere e il superiore interesse dei bambini. Al contrario, è necessario investire in servizi che si occupano di prevenzione, capaci di intercettare fin dai suoi primi segnali ogni situazione di disagio, di promuovere i fattori di protezione, di facilitare per le situazioni più gravi l'accesso di bambini e famiglie al sistema di cura, accesso che è ancora troppo sporadico rispetto al bisogno reale.
2. In tal senso è anche prioritaria la promozione di politiche sociali esplicitamente dirette al sostegno della famiglia secondo un'ottica non più assistenziale, riparatoria e sostitutiva, ma promozionale e preventiva, tesa a rendere compatibile la scelta del fare famiglia con le più generali strategie di realizzazione degli obiettivi di vita dei singoli individui. Le famiglie devono essere concretamente sostenute, affinché possano accompagnare bambini e adolescenti nei rapidi cambiamenti della società - di cui sono attenti esploratori e spesso pionieri - offrendo loro gli strumenti cognitivi ed emotivi per capire e per vivere, per difendersi e per decidere. Similmente, deve essere perseguita l'individuazione dei nuclei più a rischio, anche socio-economico, e facilitato, laddove opportuno, l'accesso a programmi di promozione delle competenze genitoriali.
3. A fronte dei molti che, ingenuamente, persistono nel credere che la risoluzione delle situazioni di sofferenza possa essere affidata a un singolo professionista o a una singola istituzione, appare sempre più chiara la necessità di orientare l'impegno, sia a livello istituzionale sia delle singole realtà territoriali, nell'implementare sistemi integrati di risposta. Queste reti, in molte realtà italiane, rappresentano ancora un miraggio o si limitano a semplici quanto altisonanti dichiarazioni di intenti. Si pone dunque la sfida di una loro creazione, attraverso politiche sociali nazionali e locali che realizzino l'integrazione socio-sanitaria e la co-progettazione tra pubblico e privato, dando piena applicazione alla legge 328/2000. In particolare, il rapporto tra Ente pubblico e la realtà del terzo settore deve superare sia l'idea di integrazione-valorizzazione (in cui il pubblico decide quali spazi debba occupare il privato sociale) sia l'idea di supplenza (in cui il privato sociale interviene laddove non arriva il pubblico).
4. Occorre anche indirizzare l'attenzione ai contenuti, allo sviluppo di competenze negli operatori, alla creazione di nuovi modelli di intervento. Bisogna mettere in discussione, riprogettare, accettare la necessità, ormai irrinunciabile, di monitorare qualitativamente e quantitativamente le soluzioni attuate ed i servizi offerti. È necessario disseminare le conoscenze, la capacità di ragionare in termini di risultati attesi e indicatori di risultato. In particolare, le situazioni di abuso - per la complessità e la delicatezza che le caratterizzano - devono essere trattate esclusivamente da professionisti e servizi con una specifica e dimostrata conoscenza della materia. Recenti casi di abuso - che hanno riempito le pagine dei giornali - hanno portato alla luce un mercato di perizie/consulenze caratterizzate da errori macroscopici, a fronte di richieste economiche esorbitanti. Ancora una volta, deve essere contrastato il prevalere di logiche di interesse personale.
L'appello diretto, un impegno preciso
«Gentile candidato, sottoscriva questo appello. Faccia Suoi questi obiettivi per l'infanzia e l'adolescenza. Si impegni ad inserire questi punti nel proprio programma e a sostenerli. Le sole parole non sono in grado di aiutare un bambino: dia voce ai diritti dell'infanzia dando loro dignità politica».
Telefono Azzurro ONLUS è nato nel 1987 come prima Linea Nazionale di Prevenzione dell'Abuso all'Infanzia, in anni in cui nessuno osava parlare di abusi. Da 23 anni sostiene che i bambini devono essere ascoltati. Che hanno diritto a chiedere aiuto da soli, senza la mediazione di un adulto. Che ascoltando i loro racconti è possibile in molti casi prevenire l'esplodere di gravi forme di disagio.