Mentre in Italia è davvero improponibile la ricetta del Libro Bianco sul welfare che ipotizza un ritorno al passato tagliando il pilastro sanitario pubblico a favore di un pilastro privato
La riforma sanitaria approvata negli USA rappresenta "una svolta epocale per gli Stati Uniti dopo mezzo secolo in cui si è tentato inutilmente di riformare il sistema sanitario americano".
La segretaria confederale della CGIL, Morena Piccinini, e il responsabile Politiche della Salute per l'organizzazione sindacale, Stefano Cecconi, salutano positivamente la riforma voluta fortemente dal presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, e approvata nella notte alla Camera, in attesa del via libera, previsto nei prossimi giorni, del Senato.
Una riforma che i dirigenti sindacali della CGIL definiscono "storica" perché estenderà l'assistenza sanitaria a 32 milioni di cittadini oggi esclusi, ampliando la copertura dei programmi di salute pubblica e grazie ai sussidi alle famiglie che non possono acquistare polizze assicurative private.
Le compagnie assicurative non potranno più rifiutare persone con malattie congenite o revocare le polizze a chi poi si ammala. Il 95% dei cittadini americani disporrà così di una copertura sanitaria. I costi della riforma sono finanziati regolando le compagnie assicurative e con tasse per i redditi più alti.
Ma soprattutto sono previsti benefici per il bilancio statale proprio grazie all'ampliamento della copertura sanitaria pubblica, che funzionerà da calmiere. Oggi infatti, paradossalmente, la spesa sanitaria complessiva Usa è la più alta del mondo (il 15,3% del Pil: quasi il doppio della media Ocse e dell'Italia), perché "trascinata" dalla spesa privata.
"La riforma ha incontrato fortissime resistenze - spiegano i due dirigenti sindacali - ed è stata il frutto di un non facile compromesso. Tuttavia non c'è dubbio che oggi la sanità negli Stati Uniti diventi più pubblica e un po' più vicina al modello universalista europeo e italiano. Anche se non bisogna dimenticare che in Italia la salute e le cure come diritti universali sono una conquista recente, ottenuta con la Legge 833 solo nel 1978".
Fino ad allora i cittadini italiani avevano diritti diseguali, a seconda della mutua alla quale erano iscritti; e più di tre milioni di poveri avevano accesso solo alla pubblica beneficenza. Con un sistema mutualistico che, oltre a funzionare male, aveva accumulato un debito colossale. Per questo secondo Piccinini e Cecconi "è davvero improponibile la ricetta del Libro Bianco del Governo italiano sul welfare, che ipotizza un ritorno al passato, tagliando il pilastro sanitario pubblico a favore di un pilastro privato.
Certo - aggiungono - non possiamo limitarci a difendere il servizio sanitario nazionale, bisogna migliorarlo e riqualificarlo, soprattutto in alcune aree del paese, imparando dall'esperienza delle regioni più virtuose. Solo così resterà un modello cui ispirarsi, rispettoso dei principi e degli obiettivi che la nostra Costituzione, in modo lungimirante, - concludono Piccinini e Cecconi - ha stabilito per garantire il diritto alla salute di tutti i cittadini".