Il Lambro è il fiume più inquinato d'Italia già da prima del gravissimo incidente causato dal versamento di 600mila litri di gasolio dalla ex raffineria di Villasanta. ITALIA NOSTRA chiede al Governo nazionale di assumere l'inquinamento del Lambro come emergenza nazionale, che esercita i suoi effetti ben oltre i confini della Lombardia. Chiede di rendere più stringenti le norme che perseguono l'inquinamento idrico nel nostro paese, cominciando dal riconsiderare la stolta depenalizzazione degli scarichi contenuta nella recente legge sulla "Disciplina sanzionatoria dello scarico di acque reflue": una "legge Lambro", che abbia lo stesso valore simbolico e culturale per l'ambiente della "Direttiva Seveso" ITALIA nostra chiede inoltre di dare risorse adeguate e priorità assoluta alla bonifica dell'area "Lambro-Seveso Olona", compresa per legge nelle 57 aree ad alto rischio ambientale del Paese. La bonifica, di fato ferma, deve prevedere la costruzione di depuratori e la messa in sicurezza dei 287 impianti industriali ad alto rischio, vere bombe ecologiche che costeggiano il fiume, di cui nulla sa la cittadinanza. ITALIA NOSTRA aderisce alla manifestazione "Abbracciamo il Lambro" indetta oggi 27 febbraio da Legambiente a Milano, e si rende disponibile a lavorare insieme alle altre associazioni e istituzioni locali nell'ambito del Contratto di fiume per collaborare fattivamente alla rinascita ecologica del Lambro. Nonostante i miliardi spesi a partire dagli anni settanta, il fiume lombardo è da decenni una fogna a cielo aperto, capace con i suoi veleni veleni di alterare irrimediabilmente il Po fino all'Adriatico, come attestano studi certo non di parte del CNR e dell'ARPA Lombardia. Se, come assicura il responsabile della Protezione civile Bertolaso, "il Lambro va meglio", la questione è che quel "meglio" è comunque la condizione di un fiume moribondo, che per la stessa Regione Lombardia è impossibile riportare in buono stato ecologico entro il 2015, come richiesto dall'Europa con la Direttiva quadro acque, 2000/60/CE. Secondo un'indagine recente dell'IRSA-CNR (1), passata nella disattenzione generale, il Lambro determina il passaggio della produttività trofico-algale da "alta" a "molto alta" del Po, e da "moderata" a "moderata-alta" dell'Adriatico. Di tutti gli affluenti del Po, il Lambro è di gran lunga il più inquinante: al punto che, sempre secondo il CNR, "il trasporto dei metalli del Lambro (cadmio, piombo, arsenico, cromo, nichel, ecc.) contribuisce fino al 50% dei metalli trasportati dal Po". Salvare il Lambro significa dunque risanare il Po e l'Adriatico. Dalle sorgenti (Maglio) alla confluenza nel Po (Orio Litta), gli effetti tossici sugli organismi aumentano di 5 volte. E tra le sostanze tossiche non si contano solo metalli ma anche sostanze organiche come i PCB, dai pericolosi effetti cancerogeni e di alterazione endocrina. Questi veleni si accumulano nei pesci che vengono pescati dalle popolazioni rivierasche. Non si può dire, quindi, che la qualità delle acque del Lambro, usate per la pesca, l'agricoltura e l'orticoltura, non abbiano rilevanti conseguenze sanitarie. Il Lambro è, a tutti gli effetti, una "Seveso d'acqua". L'inquinamento del Lambro diventa gravissimo a valle di Monza fino a Brugherio - dove scaricano senza controllo fognature e industrie. Peggiora di poco a valle di Milano - che nei primi anni Duemila si è dotata di depuratori - per poi toccare il culmine nei pressi di Sant'Angelo Lodigiano. Fino a iniettare nel Po 40 metri di veleni al secondo: il 60% dell'azoto dagli scarichi civili, il 40% di tutto il piombo e cadmio, il 15% di tutto il cromo e l'arsenico. ITALIA NOSTRA auspica che il petrolio versato nel fiume da criminali ancora ignoti suoni come l'ultimo appello per il risanamento del Lambro e di tutto il sistema idrografico della Pianura Padana.

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