Doppia sentenza della Corte di giustizia europea nei confronti del Belpaese per il mancato rispetto delle normative Ue. Poco rispetto per la qualità
Ancora una condanna, ancora per il mancato rispetto delle questioni ambientali. Prosegue la serie nera dell'Italia per la violazione delle normative europee relative all'ambiente. Sono due oggi le stoccate dell'Ue (con due sentenze di condanna della Corte di giustizia di Lussemburgo) e riguardano la qualità dell'aria e dell'acqua.
Nella causa C-139/04, spiega una nota della Cge, «l'Italia, su ricorso per inadempimento della Commissione, è stata condannata per violazione della direttiva 96/62, in materia di valutazione e di gestione della qualità dell'aria ambiente, della direttiva 1999/30 concernente i valori limite di qualità dell'aria ambiente per il biossido di zolfo, il biossido di azoto, gli ossidi di azoto, le particelle e il piombo, e della decisione della Commissione 2001/839/CE, relativa al questionario annuale da redigere ai sensi delle direttive citate». Insomma, due direttive e una decisione comunitarie non rispettate. L'Italia, segnala la Corte di giustizia europea, «non ha trasmesso alla Commissione, per il 2001, tutte le informazioni richieste riguardanti le sostanze oggetto della direttiva 1999/30». Il problema? Dati in ritardo e incompleti. Nel procedimento, l'Italia «ha ammesso di non aver trasmesso alla Commissione i dati e le informazioni nei termini impartiti e di averlo fatto solo successivamente - spiega sempre la Cge - la Commissione ha tuttavia rilevato che la trasmissione delle informazioni restava incompleta».
C'è poi il capitolo acque. Nella causa C-85/05, su ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione, l'Italia «è stata condannata per non aver adottato, entro il termine prescritto (22 dicembre 2003) - segnala ancora la Corte - le disposizioni legislative, regolamentari e amministrative necessarie per conformarsi alla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 2000/60/CE, che istituisce un quadro per l'azione comunitaria in materia di acque».
Fonte: La Nuova Ecologia