Le organizzazioni che si occupano della difesa dei diritti umani denunciano che il 60% delle donne sposate è vittima di violenza domestica, circa 200 donne all'anno vengono sfregiate con l'acido e il 47% subisce stupri. Negli ultimi anni circa 500 donne si sono suicidate per litigi coniugali, stupri, povertà, matrimoni forzati e varie forme di violenze perpetrati dalla polizia.
In Pakistan le donne vengono abitualmente vendute nei mercati. Tante mogli, sorelle, figlie vengono punite dagli stretti familiari perché contravvengono alle leggi coraniche o arrecano danno al loro onore.
Questi crimini non vengono puniti: secondo recenti stime, il 42% delle donne accetta la violenza come parte del proprio destino, il 33% non si sente capace di reagire, il 19% protesta contro le punizioni e solo il 4% vi si oppone con forza.
Spagna - In base ai dati di uno studio realizzato dall'Istituto spagnolo per i problemi delle donne (Istituto de la Mujer), relativi all'anno 2002, più di 2 milioni di donne hanno subito violenze fisiche o psicologiche per mano dei loro partner. Secondo un altro organismo, l'Osservatorio sulla violenza domestica e di genere, tra il 2002 e il 2003, ben 131 donne sono state uccise in ambito familiare, con un incremento del 59% rispetto all'anno precedente: ciò evidenzia la palese inefficacia delle politiche delle istituzioni spagnole nel combattere la violenza contro le donne.
A questo dato si deve aggiungere il fatto che addirittura il 97% delle donne spagnole che hanno subito violenze per mano dei loro compagni non denunciano i soprusi di cui sono vittime. l'altissima percentuale di violenze non denunciate implica, da un lato, che queste rimangano nella maggior parte dei casi impunite, e dall'altro, che non ci siano le dovute attenzioni al fenomeno da parte delle autorità e dei cittadini.
Ma la cosa che sorprende è che anche nei paesi dove le leggi sono favorevoli alle donne si registra un aumento delle violenze.
Prendiamo il caso della Russia, che ha concesso il diritto di voto alle donne nel 1918, in cui la forza lavoro femminile è pari al 45% del totale, le ragazze iscritte alle scuole secondarie sono il 93%, e le analfabete solo l'1%, dove la tutela alle donne è così avanzata che percepiscono il 100% del salario durante il congedo di maternità. Ebbene, in questa Russia emancipata, in cui le donne appaiono libere e indipendenti, ogni anno ne muoiono, per mano dei loro mariti e parenti, ben 14.000. Natalya Abubikirova, direttrice esecutiva dell'Associazione russa dei centri di crisi, afferma: "Il numero delle donne che muoiono ogni anno in Russia per mano dei loro mariti o compagni è uguale all'incirca a quello di tutti i soldati morti nei dieci anni di guerra dell'Unione Sovietica in Afghanistan".
E in Italia? In Italia c'è una forte consapevolezza, tra le donne, dell'importanza dei diritti conquistati attraverso le lotte delle madri e delle precedenti generazioni di donne ma, contemporaneamente, si percepisce l'avanzamento di una società violenta dove gli uomini, in situazioni di conflitto o di difficoltà tra i sessi, hanno perso la capacità di dialogo e si comportano in modo violento.
Negli ultimi anni la cronaca ci informa sempre più spesso della morte di tante donne per mano dei loro mariti o compagni. La violenza è più breve e brutale, anche perché le donne si ribellano con maggiore forza e coraggio che in passato. Ma se veniamo a conoscenza di casi di donne uccise o accoltellate, spesso ignoriamo lo stillicidio della violenza psicologica.
La violenza domestica è, nel nostro paese, ancora diffusa, ma le reazioni di molte donne è cambiata: essi si rifiutano di vivere rapporti violenti, di essere insultate e maltrattate psicologicamente; il lavoro, l'indipendenza economica, il sapersi muovere nel territorio, il far parte di una rete di amicizie, la consapevolezza di sé e la certezza di possedere gli strumenti per uscire da tali situazioni, fanno sì che le donne possono sottrarsi con minore difficoltà al dominio dei loro uomini violenti. Coloro che non hanno i mezzi economici, ma hanno la volontà di farlo, si rivolgono ai Centri antiviolenza, gestiti da altre donne, in grado di offrire solidarietà, orientamento per la realizzazione di un progetto personale di uscita dalla violenza e dal disagio, oltre che relazioni più agevoli con i servizi presenti sul territorio.
Elenco relatori
On. Roberta Angelilli, Parlamento Europeo
Anna Costanza Baldry, docente di Psicologia sociale alla Seconda Università di Napoli
Sen. Cinzia Dato, Commissione Lavoro e Politiche Sociali
Michela Gaeto, Ufficio Campagne e Ricerca di Amnesty International
Massimo Lattanzi, Coordinatore dell'Osservatorio nazionale sullo Stalking
Emanuela Moroli, Presidente dell'Associazione Differenza Donna
Noemi Novelli, Criminologa e Presidente dell'Osservatorio criminologico e multidisciplinare sulla violenza di genere
Fonte Amnesty International