La crisi internazionale non può giustificare tagli della spesa pubblica per la scuola, un settore chiave per lo sviluppo dei paesi poveri: è il dato che emerge da due documenti diffusi in questi giorni dall'Unesco, l'organizzazione delle Nazioni Unite per la cultura, la scienza e l'istruzione.
"Mentre i paesi ricchi si preoccupano della ripresa economica - ha detto la direttrice generale Irina Bokova, presentando un rapporto annuale - molti paesi poveri rischiano di fare passi indietro nel settore scolastico: non possiamo permetterci di creare una generazione perduta di bambini senza la possibilità di un'istruzione che gli consenta di uscire da una condizione di povertà".
Nello studio dell'organizzazione Onu, intitolato "Raggiungere chi è ai margini", si sostiene che a oggi i bambini e gli adolescenti non scolarizzati siano 143 milioni. Sulla base delle tendenze attuali questo numero potrebbe ridursi a 56 milioni tra cinque anni, non abbastanza per raggiungere l'"Obiettivo del millennio" fissato dall'Onu che prevede entro il 2015 una frequenza scolastica gratuita per tutti i bambini del mondo.
Oltre alle incertezze del futuro, nel rapporto dell'Unesco trova spazio il riconoscimento di progressi realizzati soprattutto negli ultimi 10 anni. Luci e ombre caratterizzano anche un altro studio dell'ente delle Nazioni Unite, pubblicato a Dakar con il titolo "L'istruzione elementare in Africa: la questione degli insegnanti". Secondo gli esperti, dalla fine del 2006 in ben 35 paesi del continente il tasso di iscrizione al primo anno di scuola elementare è superiore o uguale al 90%.
Al di sotto della soglia dell'80% resterebbero solo sette paesi, Burkina Faso, Isole Comore, Costa d'Avorio, Niger, Sudan, Repubblica centrafricana ed Eritrea. (Misna)