La Sezione Italiana di Amnesty International ha espresso soddisfazione per il fatto che il processo relativo ad azioni realizzate dalla polizia a Napoli nel marzo 2001 in occasione del Global Forum sia giunto alla sentenza di primo grado, emanata il 22 gennaio dal Tribunale del capoluogo campano.
La conduzione di indagini imparziali e l'accertamento della verità giudiziaria costituiscono infatti importanti strumenti di protezione delle vittime di violazioni dei diritti umani e, al contempo, salvaguardano la reputazione di agenti di polizia erroneamente accusati.
Il Tribunale di Napoli ha riconosciuto in primo grado le responsabilità di alcuni agenti e funzionari delle forze di polizia per gli abusi commessi nei confronti dei manifestanti, così confermando la gravità di quanto accaduto in quei giorni, rispetto a cui Amnesty International espresse sin da subito preoccupazione scrivendo all'allora Ministro dell'Interno Enzo Bianco e ricordando il diritto di ognuno di manifestare pacificamente, senza timori per la propria incolumità.
In questi anni, sottolinea l'organizzazione per i diritti umani, la ricerca della verità non è stata agevolata dall'istituzione di strumenti di monitoraggio, quali una commissione indipendente, o di una commissione parlamentare d'inchiesta, e non sono state espresse da parte delle istituzioni competenti condanne esplicite per quanto accaduto.
Un esame attento della sentenza emessa dal Tribunale di Napoli potrà consentire di valutare se un verdetto diverso sarebbe stato possibile in caso di esistenza del reato di tortura e maltrattamenti, mai introdotto nel codice penale italiano nonostante le richieste avanzate da Amnesty International e da vari organismi internazionali. A causa di questa lacuna, a oltre 20 anni dalla ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura da parte dell'Italia, i maltrattamenti commessi dai pubblici ufficiali nell'esercizio delle proprie funzioni vengono perseguiti attraverso figure di reato ordinarie (lesioni, abuso d'ufficio, falso etc.), sono puniti con pene non adeguatamente severe e risultano soggetti a prescrizione.
Amnesty International ha espresso più volte preoccupazione per i rischi di impunità delle forze di polizia derivanti dal contesto complessivo, caratterizzato anche dal fatto che l'Italia non si è sinora dotata di meccanismi di prevenzione dei maltrattamenti quali l'introduzione di regole per l'identificazione degli agenti di polizia durante le operazioni di ordine pubblico e l'istituzione di un organismo indipendente di monitoraggio sui luoghi di detenzione.