Il tribunale di sicurezza sociale di Nanterre accusa l'azienda di "negligenza ingiustificabile". La vedova della vittima: "Un segnale per le imprese che sacrificano ogni cosa sull'altare del profitto"
PARIGI - Si tratta di una sentenza che potrebbe fare scuola. La casa automobilistica Renault è stata condannata dal tribunale di sicurezza sociale di Nanterre per il suicidio di un suo ingegnere, ucciso a causa dello stress provocato dall'imposizione di orari di lavoro troppo duri. "Spero che sia un segnale forte per tutte quelle imprese che sacrificano ogni cosa sull'altare del profitto", ha commentato la moglie della vittima. Non si tratterebbe, inoltre, dell'unico caso del genere verificatosi in Francia. Sempre alla Renaul, infatti, altri tre dipendenti del reparto progettazione si sarebbero uccisi per lo stesspo motivo e, secondo i sindacati, sono tante le grandi imprese - da Citroen a France Telecom - che, a causa dei sistemi manageriali aggressivi o dei trattamenti degradanti adottati, avrebbero indirettamente spinto a questa scelta numerosi elementi del proprio personale. Per tutti loro ora potrebbero spalancarsi le porte del tribunale.
L'ingegnere della Renault - 39 anni, con moglie e figlio minorenne - il 20 ottobre 2006 si gettò dal quinto piano del Centro tecnologico di Guyancourt, alle porte di Parigi. "Per raggiungere gli obiettivi che gli avevano fissato, mio marito lavorava tutte le sere, tutte le notti, tutti i weekend", afferma la moglie. "Negli ultimi mesi dormiva solo due ore per notte e mi diceva continuamente che comunque non sarebbe mai riuscito a farcela". Anche i suoi colleghi non nascondevano la propria preoccupazione, per un amico che vedevano "inquieto e ansioso, ed anche dimagrito". Campanelli dl'allarme che, tuttavia, rimasero inascoltati, dal momento che - come si legge nella sentenza - i superiori "non avvertirono il medico del lavoro".
Nel 2007 già la Cassa primaria di assistenza sanitaria dell'Hauts-de-Seine aveva riconosciuto il suicidio come "incidente sul lavoro". Ora la sentenza del tribunale di sicurezza sociale (Tass) di Nanterre è inequivocabile: "la Renault avrebbe dovuto essere consapevole del pericolo al quale il dipendente era esposto", hanno scritto i giudici, fissando la massima indennità per la vedova e il figlio. " Si tratta di una negligenza ingiustificabile".
Renault adesso ha un mese di tempo per presentare ricorso: "Esamineremo in dettaglio il dossier", dicono i legali della casa automobilistica. Ma la serie preoccupante di suicidi ha già spinto l'azienda a riorganizzare radicalmente i propri centri ingegneristici, riducendo l'orario di lavoro e istruendo il personale su come individuare i colleghi in difficoltà. Lo stesso amministratore delegato Carlos Ghosn, durante un'assemblea generale, ha ammesso che tra i dipendenti di Guyancourt si registravano "tensioni oggettivamente molto forti" e che sarebbe necessario "identificare le situazioni nelle quali i collaboratori sono lasciati soli di fronte ai problemi".