Per Don Pietro Zago, oggi a Lahore, città pachistana al confine con l'India, è stata una giornata difficile. Ha girato quasi sette ore per raccogliere vestiti e scarpe per le donne e i bambini delle montagne colpite dal terremoto dell'8 ottobre scorso. Sulle montagne, devastate dal sisma, Don Pietro e una squadra di settanta volontari stanno organizzando piccoli villaggi di tende dove la gente possa sopravvivere per i prossimi cinque mesi, i più duri dell'inverno himalayano. Il governo vorrebbe trasferire queste persone a valle, in zone meno fredde, ma loro non possono lasciare il bestiame e le poche cose che sono rimaste sotto la casa distrutta e che ancora sperano di recuperare. Senza contare che sotto le macerie ci sono ancora diversi morti da seppellire, perché in alcuni casi non si sono trovati i mezzi per sollevare i tetti e le lastre di cemento cadute.
Una vita di stenti: d'inverno, prima del terremoto, gli uomini andavano da Balakot a Karachi per fare alcuni lavori stagionali: muratori, spaccapietre, falegnami, operai nelle fabbriche di mattoni. Adesso, invece, sono costretti a restare per prendersi cura dei famigliari e non hanno più entrate con cui sopravvivere.
I salesiani stanno intervenendo nell'area di Balakot, dove il 90 per cento delle costruzioni è distrutto. Nessuno al momento pensa di costruire case nuove, perché ci sono ancora scosse di terremoto. Qualche giorno fa c'è stato un sisma di magnitudo 4.1. Non molto forte, ma che ha fatto crollare le poche e piccole strutture ancora in piedi.
Il freddo è il nemico più grande.
A Balakot in questo periodo le ore di luce sono poche. Il sole si alza alle dieci e tramonta alle quattro e mezza del pomeriggio. Il missionario sta quindi cercando un maestro locale per tenere occupati i bambini per almeno 4 o 5 ore.
Il terremoto ha lasciato orfani molti bambini che sono già stati affidati o ai parenti o a famiglie della capitale Islamabad.
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http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idc=0&idart=4235
(DP)
Fonte: No profit FVG. org