Al termine di una missione di ricerca durata 10 giorni in Honduras, a cavallo delle elezioni presidenziali, Amnesty International ha chiesto l'avvio di un'indagine indipendente per garantire che i responsabili delle violazioni dei diritti umani siano sottoposti a processo e le vittime ricevano una riparazione.
"La crisi in Honduras non termina con la pubblicazione dei risultati elettorali e le autorità non possono tornare alla normale amministrazione senza introdurre garanzie sui diritti umani" - ha dichiarato Javier Zuñiga, che ha guidato la delegazione di Amnesty International nel paese centroamericano.
"Decine di persone stanno ancora subendo gli effetti delle violazioni commesse negli ultimi cinque mesi. Se non verranno puniti i responsabili e se non verrà posto rimedio ai malfunzionamenti del sistema, le porte rimarranno aperte per altri abusi".
Durante la missione in Honduras, Amnesty International ha documentato numerosi casi di gravi violazioni dei diritti umani commesse a partire da giugno, quando il presidente Manuel Zelaya fu costretto ad andare in esilio: uccisioni a seguito di uso eccessivo della forza, arresti arbitrari di manifestanti da parte della polizia e dell'esercito, uso non necessario e indiscriminato dei gas lacrimogeni, maltrattamenti di persone in custodia, violenze contro le donne, intimidazioni nei confronti di attivisti, giornalisti, avvocati e giudici.
L'organizzazione per i diritti umani ha riscontrato come soldati impegnati in funzioni di mantenimento dell'ordine pubblico siano stati coinvolti in uccisioni, uso eccessivo della forza, irruzioni illegali e arresti arbitrari. Le autorità de facto non hanno agito, dal canto loro, per impedire l'uso indiscriminato dei gas lacrimogeni contro i manifestanti e anche all'interno di edifici.
Molte persone intervistate da Amnesty International hanno dichiarato che, dopo essere state colpite dai gas lacrimogeni, hanno rinunciato a cercare assistenza medica poiché la polizia effettuava raid intimidatori negli ospedali.
"Abbiamo parlato con persone che ancora hanno irritazioni agli occhi e bruciature sulla pelle, dopo essere state colpite dai gas lacrimogeni. Non solo la polizia ha usato i gas contro manifestanti pacifici e all'interno di edifici, ma ha anche rifiutato di rivelare ai medici di quali sostanze chimiche fossero composti. Siffatto uso dei gas lacrimogeni da parte delle forze di sicurezza solleva seri interrogativi sull'addestramento che queste hanno ricevuto per minimizzare il rischio di causare gravi danni o decessi" - ha denunciato Zuñiga.
Esponenti di organizzazioni per i diritti umani, giornalisti, avvocati e giudici hanno raccontato alla delegazione di Amnesty International le minacce e le intimidazioni subite per il solo fatto di essersi opposti alle autorità de facto. In particolare, i membri di un'associazione di magistrati sono stati convocati perché rendessero conto della loro partecipazione a manifestazioni pacifiche.
"Durante la crisi, le istituzioni dell'Honduras sono clamorosamente venute meno al dovere di proteggere i fondamentali diritti umani. Siamo molto preoccupati, perché le condizioni che hanno garantito l'impunità a chi ha violato i diritti umani esistono tuttora" - ha concluso Zuñiga.
Amnesty International sollecita il futuro governo dell'Honduras a:
abolire tutti i decreti, gli ordini esecutivi e gli atti legislativi emanati dalle autorità de facto;
assicurare che i militari rientrino nelle caserme e che le loro funzioni di mantenimento dell'ordine pubblico siano revocate;
garantire che tutti i membri delle forze di sicurezza ritenuti responsabili delle violazioni dei diritti umani commesse tra il 28 giugno e la fine di novembre siano chiamati a rispondere delle loro azioni;
dare vita a un Piano nazionale per la protezione dei diritti umani.
"È indispensabile che la comunità internazionale non dimentichi la popolazione honduregna, firmando una cambiale in bianco alle nuove autorità che consenta a queste ultime di evitare di affrontare le violazioni dei diritti umani commesse negli ultimi cinque mesi" - ha concluso Zuñiga.