Roma, 24 novembre 2009 - Le Associazioni cristiane dei lavoratori italiani aderiscono e fanno proprio l'appello dell'associazione Libera al Parlamento e al Governo perché venga ritirato l'emendamento contenuto nella Legge finanziaria che autorizza la vendita dei beni confiscati alla mafia. Lo scorso 13 novembre, infatti, il Senato ha approvato un emendamento che modifica la legge La Torre-Rognoni sulla confisca dei beni ai mafiosi. Grazie a questo emendamento sarà possibile in futuro la vendita dei beni confiscati che non si riescano a destinare entro 3 o 6 mesi. Una modifica sostanziale rispetto ai principi della legge 109 del 1996 - votata all'unanimità da tutte le forze politiche e sostenuta da un milione di firme - che introduceva il principio del riutilizzo sociale dei beni confiscati ai mafiosi. «E' evidente il rischio - denuncia Alfredo Cucciniello - responsabile del dipartimento Pace e Stili di vita delle Acli - che quei beni tornino nelle mani dei clan ai quali sono stati tolti. Conosciamo tutti la capacità delle organizzazioni mafiose di mascherare la loro presenza. Sappiamo di cosa sarebbero capaci per riacquistare quelle ville, case e terreni che rappresentano non solo beni materiali ma altrettanti simboli del loro potere, costruito con la violenza, il sangue, i soprusi». «Il riutilizzo sociale di questi beni - aggiunge Cucciniello - ha consentito invece di creare occupazione e sviluppo, insieme ad una mentalità comune, soprattutto tra i giovani, di rispetto della legalità e di rifiuto della criminalità organizzata». Le Acli, dunque, che già furono tra i promotori della campagna che portò alla legge del 1996 sull'uso sociale dei beni confiscati, si uniscono oggi alla mobilitazione di Libera per ottenere il ritiro dell'emendamento ?incriminato', a partire dalla raccolta di firme in calce alle petizione Niente regali alle mafie, i beni confiscati sono cosa nostra (sul sito: www.libera.it) e dall'iniziativa di questa mattina a Roma, presso la bottega della legalità intitolata proprio a Pio La Torre, che pagò con la vita l'impegno per sottrarre ai clan le ricchezze accumulate illegalmente.

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