Amnesty International ha sollecitato le autorità egiziane a prendere misure immediate per proteggere gli abitanti più poveri del Cairo, che vivono nelle cosiddette "zone insicure" della capitale sotto la minaccia costante di frane e altri pericoli.

"Migliaia di persone vivono in una trappola fatta di povertà e diniego che potrebbe costare loro la vita" - ha dichiarato Malcolm Smart, direttore del Programma Medio Oriente e Africa del Nord di Amnesty International, presentando oggi il rapporto "Sepolti vivi. Intrappolati da povertà e diniego negli insediamenti abitativi precari del Cairo". Secondo Smart, "il governo deve affrontare urgentemente la situazione di rischio delle persone che vivono nelle cosiddette 'zone insicure' e trovare soluzioni in consultazione con gli interessati".

Il rapporto di Amnesty International stigmatizza il comportamento delle autorità egiziane per non aver saputo proteggere i residenti di Al-Duwayqa, un insediamento abitativo precario della zona di Manshiyet Nasser, nella parte orientale del Cairo, colpito da una frana rovinosa il 6 settembre 2008.

Amnesty International chiede al governo di intervenire per scongiurare pericoli alla vita nelle 26 "zone insicure" della Grande Cairo e tutelare il diritto dei residenti alla salute e a un alloggio adeguato. Lo scorso anno, sebbene il rischio di frane fosse ben noto, il governo non evacuò la popolazione di Al-Duwayqa. Il bilancio ufficiale fu di 107 morti e 58 feriti, ma i sopravvissuti parlano di un esito ancora più drammatico in quanto molte persone risultano ancora oggi disperse.

L'inchiesta ufficiale sulla frana non ha ancora prodotto alcuna conclusione. Amnesty International chiede al governo di indagare sui motivi per cui la tragedia di Al-Duwayqa non fu evitata e di fare tutto il necessario perché non vi sia più un'altra Al-Duwayqa.

"Senza voce in capitolo e largamente ignorati dal potere, molti abitanti di Al-Duwayqa e di altre 'zone insicure' continuano a vivere lungo colline friabili o accanto a cavi dell'alta tensione perché non hanno un altro posto dove andare" - ha sottolineato Smart.

"Il governo deve dare il via a un programma d'azione per affrontare la situazione di rischio in cui vivono gli abitanti delle 'zone insicure' e per rafforzare i loro diritti alla vita, alla salute e a un alloggio adeguato. Deve farlo attraverso la partecipazione attiva delle comunità interessate e prevedendo la necessità di alloggi alternativi temporanei o permanenti per le persone che vivono in aree a rischio" - ha proseguito Smart.

Dopo la frana di Al-Duwayqa, le autorità egiziane si sono attivate rapidamente per individuare altre zone pericolose nei dintorni. Hanno proceduto alla demolizione di oltre un migliaio di abitazioni e, nel giro di un mese, hanno fornito un nuovo alloggio a oltre 1750 famiglie, senza tuttavia concedere il possesso legale e lasciandole dunque a rischio di futuri sgomberi.

Altre famiglie sono rimaste senza casa e, nell'assegnazione degli alloggi, le donne divorziate o separate dai mariti sono state discriminate. Alcune famiglie sono state sgomberate a forza, oltre che da Al-Duwayqa, anche da Establ Antar, un insediamento abitativo precario nella parte meridionale del Cairo. Nella gran parte dei casi, gli sgomberi sono stati eseguiti in violazione delle procedure di protezione previste dal diritto internazionale, spesso con poco preavviso e con l'appoggio delle forze di sicurezza.

Le famiglie di Establ Antar sono state trasferite in una zona remota di Città 6 Ottobre, a ovest di Giza, a grande distanza dai luoghi di lavoro e senza un titolo di possesso sugli alloggi.

"Gli abitanti ci hanno raccontato di una vita fatta di privazione, diniego, insicurezza e minaccia costante di sgombero forzato. Lo stato deve garantire il loro diritto a un alloggio adeguato e porre fine agli sgomberi forzati" - ha commentato Smart.

Ventisei aree della Grande Cairo sono state identificate come "insicure" nel progetto per lo sviluppo del Cairo entro il 2050 ma, a quanto risulta, la consultazione con le comunità interessate è stata scarsa se non addirittura assente. Gli abitanti delle "zone insicure" si trovano di fronte a una duplice minaccia: la mancanza di sicurezza e lo sgombero forzato.

"Quello di Al-Duwayqa fu un disastro annunciato. Lo si sapeva benissimo. Molto avrebbe potuto e avrebbe dovuto essere fatto per scongiurarlo ed evitare la perdita di vite umane" - ha accusato Smart. "Le autorità egiziane hanno il dovere, nei confronti tanto delle vittime e dei sopravvissuti di Al-Duwayqa quanto di tutti coloro che si trovano in una situazione di rischio, di garantire che una tragedia del genere non si verificherà più. I poveri del Cairo non devono mai più convivere con la minaccia di essere sepolti vivi".

 

Ulteriori informazioni

Oltre un miliardo di persone nel mondo vivono in insediamenti abitativi precari e il loro numero è in aumento. Nell'ambito della sua campagna globale "Io pretendo dignità", lanciata nel maggio di quest'anno, Amnesty International chiede ai governi di rispettare il diritto a un alloggio adeguato.

La campagna "Io pretendo dignità" vuole porre fine alle violazioni dei diritti umani che creano e acuiscono la povertà. Il diritto a un alloggio adeguato è un tema-chiave della campagna, che mobiliterà persone di ogni parte del mondo per pretendere che i governi, le aziende e altri in posizione di potere ascoltino la voce di coloro che vivono in povertà e rispettino i loro diritti.

Circa la metà dei 13,5 milioni di abitanti della Grande Cairo vive in insediamenti precari costruiti nel deserto o su terreni agricoli. Manshiyet Nasser è uno dei più grandi di tutto l'Egitto. Si sviluppa principalmente sui pendii della collina del Muqattam, nella zona orientale del Cairo, terreno desertico posseduto dallo stato in cui le autorità locali possono ordinare sgomberi in via amministrativa. A Manshiyet Nasser vive un milione di persone. Gli abitanti lavorano per lo più nell'economia informale, come artigiani, venditori al dettaglio, operai edili, cottimisti o raccoglitori di immondizia.

Uno sgombero forzatoè il trasferimento di persone contro la loro volontà dalle abitazioni o dalla terra che occupano, effettuato senza tutele legali o altre forme di salvaguardia. Questo genere di sgomberi non dovrebbe essere portato a termine fino a quando non siano state esplorate possibili alternative, non siano state consultate le comunità interessate e non siano state avviate adeguate procedure di protezione.                                        
Per approfondimenti e interviste:
Amnesty International Italia - Ufficio stampa
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