Roma, 28 Ottobre 2009. In occasione della Giornata Mondiale del Risparmio, da nove anni Acri, l'Associazione delle Casse di risparmio Spa e delle Fondazioni di origine bancaria, presenta un'indagine sugli Italiani e il risparmio, realizzata in collaborazione con Ipsos. I principali risultati sono suddivisi in due macroaree: una prima, comune alle nove rilevazioni (2001-2002-2003-2004-2005-2006-2007-2008-2009), che consente di delineare quali siano oggi l'atteggiamento e la propensione degli Italiani verso il risparmio, evidenziando i cambiamenti rispetto al passato; una seconda focalizzata sul tema specifico della Giornata, che è dedicata quest'anno a "Risparmio ed economia reale: la fiducia riparte dai territori".
Dall'indagine Acri - Ipsos emerge che il cittadino italiano dimostra una buona capacità di adattamento, riorganizza la propria vita in conseguenza della crisi, relativizza le proprie aspettative. Egli modifica e, ove necessario, ridimensiona i propri consumi, risparmia o tenta di farlo anche quando è in difficoltà, pensa che gli sforzi per uscire dalla crisi debbono essere fatti con coesione locale e buon coordinamento a livello internazionale, quindi incrementa la sua fiducia nell'Unione Europea. Guarda al futuro con un ottimismo nuovo, che "non è euforico".
La preoccupazione per la gravità della crisi infatti è forte (il 78% degli Italiani ritiene che sia grave) e per la sua durata (il 57% prevede che ci vorranno più di 3 anni per uscirne del tutto). Quasi due terzi degli Italiani (il 62% contro il 65% del 2008) nell'ultimo anno hanno inoltre continuato a sperimentare dei disagi, ma più della metà della popolazione si dichiara soddisfatta della propria situazione economica (il 54% contro il 51% del 2008), il dato più alto dal 2002.
Riguardo agli anni a venire gli Italiani sono ottimisti: i fiduciosi passano dal 34% del 2008 al 55% del 2009. Questa ritrovata fiducia sembra legata alla percezione di un miglioramento dell'economia mondiale (47% di ottimisti e 17% di pessimisti, gli altri hanno una posizione neutrale) ed europea; mentre l'ottimismo si riduce spostando l'ottica sulla propria situazione personale (il 28% di ottimisti contro il 16% di pessimisti). Riguardo alle attese sull'economia italiana, anche se tra ottimisti e pessimisti si registra un saldo positivo di soli 4 punti percentuali (37% contro 33%), la situazione è molto più positiva di quella del 2008, quando i pessimisti prevalevano di ben 25 punti percentuali, e del 2007 quando il saldo negativo ammontava a 35 punti percentuali. Il "pessimismo statico" del 2008 e del 2007 sembra dunque sconfitto.
I segnali di ottimismo sembrano trarre energia anche da una ritrovata capacità di risparmio. Aumenta il numero di coloro che riescono a risparmiare (37%, 3 punti percentuali in più rispetto al 2008) e il Nord Est si conferma l'area con la maggior concentrazione di famiglie in grado di accumulare risparmio; un incremento considerevole si registra nel Centro Italia, dove si passa dal 30% del 2008 al 39%. Rimane costante la percentuale di coloro che consumano tutto il reddito (38%). E cala, per la prima volta dal 2004, il numero di coloro che consumano più di quanto incassano (sono il 25%: una famiglia su quattro, contro il 27% del 2008); tra queste rimane costante il numero di coloro che ricorrono ai risparmi accumulati (18%) mentre diminuisce quello di coloro che hanno dovuto ricorrere a prestiti (sono il 7%, erano il 9%).
Gli Italiani mantengono una forte propensione al risparmio (l'87% vorrebbe risparmiare) e lo considerano saldamente ancorato al concetto di economia reale (lo è per il 60% del campione); il 48% riconosce inoltre alle banche il ruolo di soggetto intermedio tra l'economia finanziaria e quella reale e l'88% ritiene fondamentale il loro radicamento sul territorio.
Riguardo all'investimento del proprio risparmio, la preferenza per la liquidità rimane ancora il tratto che caratterizza gli Italiani. Il 62% (era il 60% nel 2008) tiene o terrebbe i risparmi liquidi, mentre solo il 33% (era il 35%) li investe o li investirebbe: tra questi calano sensibilmente coloro che hanno la tendenza a investire buona parte dei loro risparmi (dal 12% del 2008 al 9%). Tra le possibili forme di investimento, i più considerano ancora "il mattone" (54%) l'investimento ideale; aumentano i propensi all'investimento a rischio, che raddoppiano, passando dal 3% nel 2008 all'attuale 6%.
In merito alla percezione delle regole e dei controlli per la tutela del risparmio, il numero dei fiduciosi torna a contrarsi: nel 2008 il 44% riteneva regole e controlli efficaci, ora il dato è del 39%. Gli Italiani sembrano sperare in una legislazione più severa, con l'idea che questa consentirebbe rendimenti più certi (39% sul totale, 48% sugli investitori).
La crisi ha indotto molti Italiani a ridefinire il livello e lo spettro dei propri consumi: coloro che hanno sperimentato difficoltà li hanno drasticamente ridotti, ma anche coloro che non hanno visto peggiorare il proprio tenore di vita dichiarano di aver calmierato i propri. La crisi sembra aver indotto ad investire di più sul futuro (55%) piuttosto che concentrarsi sul "carpe diem" (40%).
In merito al tema specifico di questa edizione della Giornata Mondiale del Risparmio, ovvero se la fiducia riparte dai territori, si può dare una risposta sostanzialmente positiva. Gli Italiani sono generalmente soddisfatti (73%) circa la qualità della vita sul proprio territorio, però, la realtà risulta abbastanza differenziata. Se nel Nord e nel Centro il numero di soddisfatti supera ampiamente l'80%, nel Sud arriva al 50%; inoltre la soddisfazione tende a decrescere con l'aumento delle dimensioni dei centri abitati. Gli aspetti economici non sembrano rappresentare al momento punti di forza dei singoli territori e oltre un terzo degli Italiani invoca un intervento diretto di Stato e Regioni tramite la spesa pubblica.
L'aspettativa riguardo l'evoluzione economica futura del proprio territorio è di una certa staticità: il 45% del campione ritiene che la situazione rimarrà quella che è, il 28% si aspetta un miglioramento (in particolare nel Nord Ovest ove tale dato arriva al 37% e nel Nord Est dove arriva al 34%), mentre il 24% si attende un peggioramento (dato che arriva al 31% nel Sud e al 33% nei grandi centri con più di 250 mila abitanti).
La Giornata Mondiale del Risparmio, che è giunta alla sua 85ª edizione, verrà celebrata, sotto l'Alto Patronato del Presidente della Repubblica, domani, giovedì 29 ottobre, a Roma presso il Palazzo della Cancelleria. Intervengono: il Presidente dell'Acri Giuseppe Guzzetti, il Presidente dell'Abi Corrado Faissola, il Governatore della Banca d'Italia Mario Draghi, il Ministro dell'Economia e delle Finanze Giulio Tremonti.
La ricerca: metodologia
L'indagine è stata realizzata, nella prima settimana di ottobre, tramite interviste telefoniche con tecnologia Cati - Computer Aided Telephone Interviews ed è stata arricchita di alcuni dei risultati delle indagini congiunturali prodotte dall'Isae e da altre indagini condotte da Ipsos nel 2009. Sono state svolte 1.000 interviste, presso un campione rappresentativo della popolazione italiana adulta, stratificato in base ai seguenti criteri: area geografica e ampiezza del centro, sesso ed età. In corso di elaborazione i risultati sono stati ponderati al fine di riprodurre esattamente l'universo di riferimento.
Il futuro dell'economia, personale e globale
La percezione della gravità della crisi è forte per il 78% del campione; inoltre il 57% si aspetta che se ne possa uscire non prima di 3 anni. Rispetto alla gravità della crisi nel Nord Est c'è ancor più preoccupazione che nel resto d'Italia.
Gli Italiani hanno trascorso un periodo lungo e difficile, ma diversi di loro sembrano vedere spiragli di luce e - per la prima volta da alcuni anni a questa parte - gli ottimisti sembrano prevalere sui pessimisti: è comunque un ottimismo "non euforico".
Questo ottimismo è generato spesso dalle risposte di persone che nella crisi sono passate indenni e che magari ne hanno approfittato per ridefinire le priorità e il proprio stile di vita: sono persone con un'istruzione elevata, un impiego fisso di livello medio o alto, spesso con un mutuo - ora più facile da sostenere - e che sentono vicina la fine della crisi stessa. Questo nuovo ottimismo è determinato anche da altri soggetti, i quali notano un'aria diversa, di ripartenza, specie dell'Europa e del mondo, ma che al contempo temono di essere esclusi da questa fase di miglioramento, la quale, ritengono, avrà comunque tempi lunghi: questi individui si concentrano in misura significativa nel Nord Est.
Rimangono numerosi cittadini che hanno subito in pieno questa crisi e che si confrontano con una situazione personale in peggioramento. Il contesto attuale sembra offrire loro poche vie d'uscita personali: sono in genere soggetti a bassa scolarità, molto presenti al Sud; sono operai, lavoratori occasionali, spesso hanno un prestito personale o sono costretti a decumulare risparmio; sono pessimisti sul futuro e delusi dall'Europa; vedono la soluzione della crisi assai lontana.
Nel dettaglio, il 54% degli Italiani si dichiara soddisfatto circa la propria situazione economica: un dato in aumento rispetto al 2008 (51%) e il più alto dal 2002. Nel Nord Est si registra, però, un peggioramento: sono infatti soddisfatti il 58% (contro il 63% del 2008, anno in cui c'era stato un miglioramento rispetto al precedente); i soddisfatti aumentano, invece, notevolmente al Centro (57%, contro il 50% del 2008); rimangono molto bassi al Sud (44%, il 41% nel 2008).
Nell'ultimo anno hanno sperimentato difficoltà il 62% degli Italiani (65% nel 2008). Si riduce sia la percentuale di coloro che hanno sperimentato lievi difficoltà (il 43% contro il 44% del 2008 e il 46% del 2007) sia quella di coloro che hanno sperimentato difficoltà gravi (sono il 19%, come nel 2007 e nel 2006, contro il 21% del 2008). In questo gruppo sono diminuiti i pensionati, che mostrano un dato inferiore a quello medio nazionale: sono, infatti, il 17% quelli che hanno sperimentato difficoltà gravi (erano il 23% nel 2008).
In sintesi: nell'ultimo anno sono poco meno di due terzi gli Italiani che hanno sperimentato disagi o difficoltà, anche se più della metà si dichiara soddisfatta della propria situazione economica: la crisi da un lato sembra avere relativizzato le aspettative, dall'altro sembra avere modificato le abitudini di consumo e di risparmio. Gli Italiani si potrebbero suddividere in quattro gruppi: gli "Appagati" (32%), ossia coloro che sono soddisfatti e non sono stati toccati dalla crisi; i "Sopravvissuti" (22%), coloro che, pur avendo sperimentato difficoltà ed aver magari visto ridursi il proprio tenore di vita, sono ancora soddisfatti della propria situazione; gli "Insoddisfatti" (6%), sono coloro che, pur avendo sperimentato un miglioramento della situazione, non ritengono soddisfacente la propria situazione economica; i "Naufragati" (40%), ossia coloro che non sono soddisfatti della situazione economica e nella crisi hanno sperimentato serie difficoltà, vedendo una riduzione del proprio tenore di vita.
Pensando al futuro dell'economia inizia ad evidenziarsi un certo ottimismo: il numero dei fiduciosi passa dal 34% del 2008 all'attuale 55%, al contempo si abbatte quello dei pessimisti che passa dal 48% dello scorso anno all'odierno 29%, ciò è legato soprattutto alle aspettative riguardo l'andamento economico europeo e internazionale. Un'inversione di tendenza si registra anche nell'indice di fiducia Isae, che passa in un anno da 103 a 113.
E' da notare come in generale un numero elevato di pessimisti si concentri nel Nord Est, anche se qui, come vedremo, da un lato si evidenzia la maggior capacità di risparmio, dall'altro si registra l'aspettativa di un'evoluzione positiva per lo sviluppo economico del proprio territorio. L'anno scorso quest'importante area produttiva della Penisola era in linea, riguardo al numero di pessimisti, con il resto del Paese, oggi invece è la zona dove si concentrano maggiormente i pessimisti (34%, contro il 29% di pessimisti a livello nazionale e il 26% del Nord Ovest).
Cresce significativamente l'ottimismo riguardo alla situazione economica internazionale (47% di ottimisti e 17% di pessimisti: 30 punti percentuali di saldo positivo che allontana il pessimismo del 2008, quando si registrava un saldo negativo di 10 punti percentuali) e dell'Europa (47% di ottimisti e 18% di pessimisti: 29 punti percentuali di saldo positivo contro i 5 punti di saldo negativo del 2008).
Rispetto alla propria situazione personale, gli ottimisti prevalgono sui pessimisti (28% di ottimisti e 16% di pessimisti: saldo positivo di 12 punti percentuali; il 56% pensa che non ci saranno variazioni o non sa).
La situazione economica italiana invece divide il campione in tre parti uguali: prevale l'ottimismo nel 37% contro il 33% di pessimisti, il restante 30% ritiene che la situazione rimarrà più o meno invariata o non sa esprimersi al riguardo. Anche se la situazione è in bilico tra ottimisti e pessimisti, registrando un saldo positivo di soli 4 punti percentuali, è comunque molto più positiva di quella del 2008, quando i pessimisti prevalevano di ben 25 punti percentuali, e del 2007 quando il saldo negativo ammontava a 35 punti percentuali.
Il "pessimismo statico" del 2008 e del 2007 sembra dunque sconfitto, anche se la spinta sembra venire più dall'esterno che dall'Italia e dalle capacità del singolo. Il cittadino italiano è convinto che questa crisi dimostri che nel mondo d'oggi per affrontare problemi planetari è necessario un coordinamento internazionale (53%); solo una minoranza (37%) ritiene che questa crisi evidenzi piuttosto il contrario, ossia i limiti della globalizzazione e quindi richieda scelte localistiche (il 10% non prende posizione).
Il risparmio
I segnali di ottimismo sembrano trarre energia anche da una ritrovata capacità di risparmio. Aumenta infatti il numero di coloro che riescono a risparmiare (37%, 3 punti percentuali in più rispetto al 2008) e il Nord Est si conferma l'area con la maggior concentrazione di famiglie in grado di accumulare risparmio; un incremento considerevole si registra nel Centro Italia, dove si passa dal 30% del 2008 al 39%. Rimane costante la percentuale di coloro che consumano tutto il reddito (38%). Cala, per la prima volta dal 2004, il numero di coloro che consumano più di quanto incassano (sono il 25%: una famiglia su quattro, contro il 27% del 2008); tra questi rimane costante il numero di coloro che ricorrono ai risparmi accumulati (18%) mentre diminuisce quello di coloro che hanno dovuto ricorrere a prestiti (sono il 7%, erano il 9%).
Le famiglie che hanno migliorato il proprio tenore di vita manifestano maggiore attenzione al risparmio rispetto al passato (nel 2009 ha risparmiato il 73% contro il 58% del 2008). Anche presso le categorie più svantaggiate si trovano soggetti che sono riusciti a risparmiare (sono riuscite a risparmiare il 29% delle famiglie che nel corso dell'anno hanno fatto fatica e il 13 % di quelle che hanno visto peggiorare il proprio tenore di vita); in generale, c'è stata una tendenza a ridurre il saldo passivo (famiglie che risparmiano meno famiglie che si indebitano o decumulano risparmi). Questa situazione conferma l'idea che il periodo di difficoltà abbia indotto a un diverso atteggiamento verso le spese, con una razionalizzazione che ha consentito ad alcuni di accumulare qualche risparmio.
In questa situazione di miglioramento della capacità di risparmio e di maggiore fiducia verso il futuro, il numero di coloro che ritengono di riuscire a risparmiare di più in futuro (il 19% degli Italiani) è in crescita di 4 punti percentuali, mentre diminuisce di 6 punti la percentuale il numero di coloro che temono di non riuscire a risparmiare altrettanto nei prossimi dodici mesi (sono il 38% contro il 44% del 2008 e il 42% del 2007).
Quindi nel 2009 le famiglie italiane hanno risparmiato di più e si attendono un miglioramento nel 2010, con rimarchevoli differenze rispetto al 2008. Combinando l'andamento del risparmio nell'ultimo anno e le previsioni per quello futuro, si delineano sei gruppi di tendenza rispetto al risparmio:
Famiglie con trend di risparmio positivo - hanno risparmiato nell'ultimo anno e lo faranno di più o nella stessa misura anche nei prossimi dodici mesi: sono il 23% (4 punti percentuali in più rispetto al 2008, 5 rispetto al 2007).
Famiglie con risparmio in risalita - hanno speso tutto senza fare ricorso a risparmi/debiti, ma nei prossimi dodici mesi pensano di risparmiare di più: sono il 7% (3 punti percentuali in più rispetto al 2008, 2 in più rispetto al 2007; erano il 6% nel 2006).
Famiglie che galleggiano - hanno speso tutto senza fare ricorso a risparmi/debiti e pensano che lo stesso avverrà nel prossimo anno, oppure hanno fatto ricorso a risparmi/debiti ma pensano di risparmiare di più nei prossimi dodici mesi: sono il 20% (1 punto percentuale in meno rispetto al 2008 e al 2007).
Famiglie col risparmio in discesa - sono riuscite a risparmiare, ma risparmieranno meno nei prossimi dodici mesi: sono l'11% (3 punti percentuali in meno rispetto al 2008, 2 rispetto al 2007).
Famiglie in crisi moderata di risparmio - hanno consumato tutto il reddito e nei prossimi dodici mesi pensano di risparmiare meno: sono il 14% (1 punto percentuale in meno rispetto al 2008 e al 2007).
Famiglie in crisi grave di risparmio - hanno fatto ricorso a risparmi accumulati e a debiti (famiglie in "saldo negativo") e pensano che la situazione del prossimo anno sarà identica o si aggraverà: sono il 18% (4 punti percentuali in meno rispetto al 2008, 5 rispetto al 2007).
Gli Italiani con crisi grave o moderata di risparmio si trovano maggiormente al Centro e al Sud del Paese; nei centri abitati di medio/grandi dimensioni; fra gli operai e i "non occupati". Quelli con il risparmio in discesa si trovano maggiormente nel Nord Est; fra i giovani e fra i lavoratori dipendenti, ma anche fra gli imprenditori e i liberi professionisti, in una quota non trascurabile. Tra chi galleggia ci sono molti pensionati; quelli che segnalano un risparmio positivo o in risalita risiedono sono più spesso nel Nord Ovest e hanno un lavoro "direttivo".
Gli Italiani sono un popolo di risparmiatori, e in genere ne sono consapevoli (il 48% dei cittadini ritiene che in Italia si risparmi più che nel resto d'Europa, il 33% che si risparmi meno): inoltre è diffusa la sensazione che nella propria zona si risparmi più che nelle altre parti del Paese (il 55% contro il 23% che ritiene si risparmi meno). Nonostante molti in questi ultimi dodici mesi non abbiano risparmiato e ritengano di non riuscire a farlo neanche nei prossimi, la propensione al risparmio rimane molto elevata. Le aspettative di un miglioramento generale della situazione sembrano peraltro limare il numero di coloro che vivono con ansia il fatto di avere risparmi modesti: se l'87% degli Italiani vorrebbe risparmiare, di questi il 40% non vive tranquillo senza risparmi (era il 42% nel 2008) e il 47% (era il 45% nel 2008) vorrebbe risparmiare ma senza eccessive rinunce. Solamente 1 italiano su 10 preferisce godersi la vita, piuttosto che mettere da parte risorse per il futuro.
Questa propensione alta al risparmio sembra essere più orientata a una personale esigenza di tutela, che all'idea di poter contribuire con il proprio risparmio al progresso dell'Italia: infatti quasi il 50% ritiene che il risparmio possa essere importante per lo sviluppo del Paese, ma non fondamentale; solo il 29% lo reputa fondamentale; il restante 22% lo ritiene del tutto ininfluente, o non ha idea di che ruolo possa giocare. Pur tuttavia, per il 60% del campione la percezione del risparmio è saldamente ancorata all'idea di economia reale; lo associa all'economia finanziaria solamente il 29% degli Italiani (40% presso i laureati). In questo contesto le banche hanno il ruolo di soggetto intermedio tra l'economia finanziaria e quella reale per il 48% del campione; di attore dell'economia finanziaria per il 33% (40% nel Nord Est); di attore dell'economia reale per il 9%; il 10% degli Italiani non si pronuncia.
L'investimento
Se da una parte si nota un miglioramento delle aspettative circa il futuro e una cresciuta capacità di risparmio degli Italiani, questa situazione non sembra modificare la propensione all'investimento, che tende a rimanere sui modesti valori rilevati nel 2008 e nel 2007; al contempo si riaffaccia il pessimismo circa la bontà delle norme di tutela del risparmio attuali e future.
La preferenza per la liquidità rimane ancora il tratto che caratterizza gli Italiani. Il 62% (era il 60% nel 2008) tiene o terrebbe i risparmi liquidi, mentre solo il 33% (era il 35%) li investe o li investirebbe: tra questi calano sensibilmente coloro che hanno la tendenza a investire buona parte dei loro risparmi (dal 12% del 2008 al 9%). Il reinvestimento dei risparmi sembra avere una seria battuta d'arresto nel Nord Est, anche se in assoluto la preferenza per la liquidità è una caratteristica del Sud Italia.
Nel 2009 le scelte degli Italiani riguardo agli strumenti finanziari non si discostano sensibilmente da quelle del 2008: si registra la riduzione del numero di coloro che investono in titoli di stato (-3 punti percentuali); la riduzione di soggetti che investono in fondi comuni (-2 punti); il lieve incremento degli investimenti in azioni (+1 punto) e in certificati di deposito (+2 punti).
Quando ci si deve pronunciare sull'investimento "ideale", domina ancora il mattone (il 56% degli Italiani nel 2008, oggi il 54% sull'intero campione e il 52% presso coloro che sono effettivamente riusciti a risparmiare nel 2009). Si rafforza il ristretto gruppo di propensi all'investimento a rischio, raddoppiando (dal 3% del 2008 all'attuale 6%, cifra che sale all'8% tra coloro che hanno risparmiato), ma anche il numero di coloro che rifiutano l'idea stessa dell'investimento (il 18%, +1 punto percentuale rispetto al 2008). Gli strumenti finanziari considerati più sicuri sono preferiti da un ragguardevole 22% del campione, peraltro in regresso di 2 punti percentuali sul 2008, probabilmente a causa di tassi d'interesse estremamente bassi.
L'anno scorso si registrava un miglioramento riguardo la percezione delle regole e dei controlli presenti in Italia in tema di tutela del risparmio: quest'anno invece il numero dei fiduciosi torna a contrarsi, come pure si contrae il numero di coloro che pensano che nei prossimi 5 anni le cose potrebbero andare meglio. Nel 2008 il 44% riteneva regole e controlli efficaci, ora il dato è del 39%. L'attuale assetto di regole e controlli sembra quindi faticare a trovare consenso. Gli Italiani sembrano sperare in una legislazione più severa: per il 39% questa farebbe sì che i rendimenti fossero più certi (erano il 31% nel 2002), per il 26% che fossero più consistenti, per il 29% non determinerebbe effetti benefici (erano il 30% nel 2002), mentre il 5% teme che norme più severe determinerebbero una contrazione dei rendimenti. Sottolineiamo che il 48% di chi possiede effettivamente azioni, fondi, etc. ritiene che l'effetto di norme più severe incrementerebbe principalmente la certezza del rendimento. Inoltre, se da una parte per i due terzi degli Italiani la legislazione più severa sembrerebbe generare effetti positivi sui rendimenti, solo il 50% di loro ritiene che crescerebbe anche la sicurezza dei titoli, mentre il 38% pensa che ci sarebbero gli stessi rischi o che addirittura i titoli sarebbero meno sicuri.
I consumi
La situazione di crisi, che per gli Italiani dura ormai da diversi anni, ha un forte effetto sulle abitudini di consumo. Pare essersi ormai completata la metamorfosi del consumatore, che ha abbandonato vecchie consuetudini per cercare un nuovo equilibrio nel paniere: in nessuna categoria di prodotti si registra però un incremento significativo di consumo. Rimangono forti le riduzioni attuate da coloro che hanno visto peggiorare il proprio tenore di vita, con una stabilità solo per il consumo di telefonia. Coloro che hanno sperimentato qualche difficoltà mantengono costante anche il consumo di prodotti alimentari e per la casa, mentre hanno ridotto (a differenza del 2008) sia il consumo di prodotti di elettronica sia le spese legate all'auto e agli spostamenti. Paiono avere calmierato i propri consumi anche coloro che non hanno subito serie conseguenze dalla crisi, specie sul fuori casa, su viaggi e vacanze, cura della persona, spese legate all'auto e agli spostamenti: costoro hanno al contempo molto aumentato le spese per l'elettronica e la telefonia.
La crisi attuale sembra anche aver indotto una maggiore progettualità nella vita dei cittadini: se nel 2003 (dopo l'11 settembre ed Enron) il 52% degli Italiani riteneva fosse meglio dedicarsi all'oggi e solo il 42% al futuro, oggi le percentuali si sono più che rovesciate. Il 55% dei cittadini pensa di investire sul futuro, mentre solo il 40% ritiene sia più utile concentrarsi sul "carpe diem".
L'europeismo e l'Euro
Le aspettative circa l'economia europea sono estremamente più positive: questo sembra contribuire al rafforzamento del sentimento europeista degli Italiani, già storicamente forte. Il 69% dei cittadini è fiducioso nell'Unione Europea: due punti percentuali in più rispetto al 2008 e nove rispetto al 2007; coerentemente si riduce il numero di coloro che dichiarano una diminuzione di fiducia nell'Unione (dal 29% del 2008 al 21% del 2009).
Ne beneficia anche l'Euro, che rimane tuttavia un elemento critico nella fiducia degli Italiani verso l'Unione. Nel 2007 gli insoddisfatti erano il 76%, nel 2008 erano scesi al 69%, ora sono il 65% (tra i laureati e tra coloro che svolgono una professione direttiva i soddisfatti, pari al 54%, superano gli insoddisfatti, che sono il 46%). Nonostante un ampio numero di insoddisfatti, la maggioranza degli Italiani (60%) ritiene che avere l'Euro fra 20 anni sarà un vantaggio: in particolare il dato è molto elevato tra coloro che svolgono una professione direttiva (83%), ossia imprenditori, manager, professionisti.
I territori e la fiducia
Gli Italiani sono generalmente soddisfatti (73%) circa la qualità della vita sul proprio territorio, già nella rilevazione del 2008 era risultato evidente che essi ritengono la qualità della vita un elemento di forza nel confronto tra l'Italia e i principali Paesi europei. Il dato medio nasconde, però, una realtà abbastanza differenziata. Se nel Nord e nel Centro il numero di soddisfatti supera ampiamente l'80%, nel Sud arriva al 50%. La soddisfazione tende inoltre a decrescere con l'aumento delle dimensioni dei centri abitati (il 76% di soddisfatti nei paesi e città inferiori a 30.000 abitanti, il 74% in quelli fra i 30 e i 100.000 abitanti, il 69% in quelli tra i 100 e i 250.000 abitanti, il 63% nei centri con più di 250.000 abitanti).
Forte è anche la soddisfazione per la coesione sociale del territorio, con un giudizio omogeneamente elevato (70%). Soddisfacente (oltre il 60% di soddisfatti), anche se con un numero di critici abbastanza rilevante, è il giudizio circa l'offerta culturale, la qualità dell'ambiente e la qualità delle infrastrutture del territorio. Le istituzioni pubbliche sono giudicate soddisfacenti dal 54% dei cittadini. Valutazioni più problematiche si riscontrano invece riguardo a: lo sviluppo economico (il 50% di soddisfatti), la situazione delle imprese del territorio (42%) e, soprattutto, la qualità e le possibilità di lavoro (41%). Relativamente alle zone del Paese è certamente il Nord Est quella dove il maggior numero di cittadini si dichiara maggiormente soddisfatto dei diversi aspetti del territorio, con una percentuale in genere prossima al 70% riguardo ogni aspetto considerato: in questa zona il grado più basso di soddisfazione si registra rispetto alla situazione delle imprese (il 59% di soddisfatti, comunque 17 punti percentuali in più rispetto alla media del Paese).
Quindi a livello territoriale c'è una generale soddisfazione, legata soprattutto alla qualità della vita e al contesto sociale, gli aspetti economici non sembrano, però, rappresentare al momento punti di forza dei singoli territori. In particolare l'aspettativa riguardo all'evoluzione economica futura del proprio territorio è di una certa staticità: il 45% del campione ritiene che la situazione rimarrà quella che è, il 28% si aspetta un miglioramento (in particolare nel Nord Ovest ove tale dato arriva al 37% e nel Nord Est dove arriva al 34%), mentre il 24% si attende un peggioramento (dato che arriva al 31% nel Sud e al 33% nei grandi centri con più di 250 mila abitanti).
Riguardo all'impiego del proprio risparmio il 31% dei cittadini lo vorrebbe sul territorio, e questo gruppo è particolarmente forte nel Sud, dove raggiunge il 41%; il 28% lo vorrebbe destinato all'Italia, con una prevalenza per tale scelta nel Nord e nel Centro; il 23%, trasversalmente alle varie regioni, vorrebbe venisse indirizzato verso i Paesi più svantaggiati; il 7% all'Europa tutta; mentre l'11% non evidenzia preferenze.
Gli Italiani ritengono prioritario concentrare gli sforzi sull'economia reale per rilanciare sia l'economia nazionale (il 60%) sia l'economia del territorio (il 64%). E' comunque da tenere presente che oltre un terzo invoca un intervento diretto di Stato e Regioni tramite la spesa pubblica. Un altro elemento rilevabile è la valutazione moderatamente positiva sul livello di coesione tra le forze e le istituzioni del territorio, rispetto al quale risulta direttamente proporzionale l'ottimismo sulla capacità delle imprese di fronteggiare la crisi. Il 49% degli Italiani ritiene che la coesione sociale sui territori sia discreta; il 12% buona; il 34% scarsa, a causa della tendenza a far prevalere interessi di parte; il 5% non si pronuncia.
Le banche possono giocare un ruolo importante nel rafforzare la centralità del territorio: come abbiamo visto il 48% degli Italiani riconosce loro la funzione di intermediazione tra risparmio e struttura produttiva e addirittura l'88% ritiene fondamentale il loro radicamento sul territorio, che ne consente una corretta valutazione delle opportunità e delle problematiche.
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