L'Aquila bella mè (titolo di una canzone popolare) rappresenta il primo capitolo di un diario filmato girato subito dopo il sisma che ha sconvolto l'Abruzzo in aprile.
Il progetto, che coprirà l'arco di tempo di un anno, si pone l'obbiettivo di raccontare "l'altra faccia" del terremoto, quella che nei resoconti ufficiali non compare mai. Non solo l'elenco notarile delle distruzioni e dei soccorsi, la messinscena ufficiale e spettacolare del lutto, ma le facce e le storie di chi cerca di ritrovare una normalità dopo una catastrofe che ha cambiato per sempre la vita di una comunità.
Il film-documentario, presentato al Festival di Roma, nella sezione Extra, è stato girato dai giovani cineasti Pietro Pelliccione e Mauro Rubeo, entrambi abruzzesi, con la collaborazione di tecnici e artisti che all'Aquila sono nati e cresciuti o che qui hanno studiato cinema (dalla responsabile di produzione, agli operatori, al forografo, agli autori della colonna sonora).
Daniele Vicari è autore del progetto, insieme a Pietro Pelliccione; la produzione è di Gregorio Paonessa e Valerio Mastandrea, con il sostegno dell'Arci e di Arci-Ucca, che lo distribuirà nei suoi trecento circoli in tutta Italia.
Il racconto inizia il 7 aprile, il giorno dopo il sisma, con le riprese della luce del faro che illumina le squadre di soccorso che scavano sotto le macerie. Intorno gli sguardi desolati e smarriti di chi sente di aver perso una parte di sé, che non ritroverà mai più.
Poi le immagini delle tende, con i ritmi imposti dalla vita quotidiana che deve andare avanti nonostante tutto, le tesi di laurea discusse all'inizio di maggio, il disagio degli anziani, la spensieratezza dei bambini? Questa prima parte di diario si conclude l'8 luglio, con le immagini un po' surreali del corteo blindato dei capi di Stato che raggiungono l'Aquila per il G8.
Il pubblico che ha assistito alla prima ha dimostrato di apprezzare questo "diario", privo di qualsiasi retorica, di una comunità che, pur tra mille sofferenze, vuole riprendere in mano il filo della sua storia.