Il 92% degli italiani ritiene fondamentale o importante che la propria banca sia trasparente nell'indicare i settori in cui investe, l'81,2 % considera essenziale o importante che la propria banca investa una parte degli utili in progetti sociali o ambientali, mentre il 73,9% reputa fondamentale o importante che la propria banca non investa nel settore delle armi. Sono questi alcuni dei dati più significativi che emergono dalla Ricerca "Voglia di Etica, cittadini, banche e finanza in tempi di incertezza" curata da Demos&Pi per Banca Etica e presentata ieri a Roma alla stampa e a un nutrito gruppo di parlamentari, esponenti delle associazioni, del mondo bancario e della così detta "altra economia".

Dallo studio - supervisionato dal Prof. Ilvo Diamanti - emerge con chiarezza la voglia di etica e il desiderio dei cittadini di potersi affidare ad istituti di credito che sappiano garantire attenzione non solo ai profitti ma anche alla sostenibilità socio-ambientale dell'operato loro e delle imprese che finanziano. Un desiderio che, per ora, si traduce in azione e scelta di consumo concreta per una minoranza di segmenti sociali (giovani, persone con scolarizzazione più elevata, etc.) ma che tuttavia sono in costante crescita.

"I risultati di questa ricerca - ha detto il presidente di Banca Etica, Fabio Salviato - ci incoraggiano a impegnarci ancora di più per rendere gli strumenti di finanza etica più facilmente accessibili a un numero sempre maggiore di cittadini. Un obiettivo che intendiamo perseguire non solo attraverso la crescita della nostra Banca Etica ma anche potenziando l'azione di contagio verso l'intero sistema finanziario e la nostra opera di sensibilizzazione nel segno dell'uso responsabile del denaro. Auspichiamo che - così come hanno dimostrato di essere attenti i cittadini - anche le istituzioni prendano atto delle potenzialità concrete degli strumenti di finanza etica. Sarebbe opportuno prevedere una fiscalità agevolata che premi i cittadini che scelgono gli strumenti di finanza etica, così come proposto dal ministro Tremonti per la Banca del Mezzogiorno. Da tempo invochiamo anche una normativa ad hoc per il microcredito: oggi i costi che una banca sostiene per erogare un finanziamento da 500mila o da 5mila euro sono gli stessi e questo rende il microcredito molto oneroso. E nel nome della legalità, oggi tanto vilipesa, affidare i beni mobiliari confiscati alla criminalità organizzata ai circuiti finanziari etici e socialmente responsabili rappresenterebbe un utile segnale in un momento di grande disillusione del cittadino rispetto alla capacità dello stato di difendere i suoi diritti e pretendere da tutti il rispetto delle regole. Beni sottratti all'illegalità utilizzati per fini sociali e ambientali: un contributo concreto per ridare anima alla finanza".

La ricerca ha messo in luce un atteggiamento ambivalente degli italiani nei confronti della banche: se il 68% degli italiani le ritiene importanti per lo sviluppo del Paese, ma ben il 65% afferma che "quelle oneste sono davvero poche". Gli italiani mostrano anche uno spiccato senso di "realismo" connotato anche da tratti di pessimismo: il 75,2% afferma che fino a oggi lo spazio per l'etica nel mondo dell'economia e della finanza è stato poco o nessuno, e solo il 26,5% si dice convinto che il superamento della grave crisi economica e finanziaria in corso poterà a una finanza "più giusta e rispettosa dei bisogni dei risparmiatori e degli investitori".
"Noi - ha concluso Salviato - siamo fiduciosi che la costante crescita delle pratiche di economia sostenibile non solo in campo finanziario, ma anche nel consumo dei prodotti biologici e del commercio equo e solidale, così come il diffondersi di comportamenti di consumo, produzione e governo sempre più attenti alla tutela dell'ambiente riusciranno a scalfire anche questa patina di rassegnazione contagiando i cittadini sfiduciati e convincendoli che alcuni comportamenti concreti praticati dal basso possono portare a un reale cambiamento nella direzione di quell'economia etica che 8 cittadini su 10 vorrebbero vedere tradotta in realtà".

"Questa indagine sottolinea, in modo molto chiaro, che i valori, l'etica hanno smesso da tempo di essere considerati in modo esclusivo alla stregua di virtù "gratuite" e "altruiste". L'etica serve. Deve essere coltivata e anzitutto riconosciuta, dichiarata, senza reticenze. Perché è "utile" e necessaria, alla vita sociale e delle persone. E agli interessi delle banche - ha commentato il prof. Ilvo Diamanti . La domanda di buoni sentimenti è diffusa e fondata. Non solo perché ad essere "buoni", ogni tanto almeno, male non fa. Ma perché, al contrario, fare del "bene" fa bene anche a chi lo fa. Perché il bene comune, l'etica hanno effetti sociali e soggettivi non solo rassicuranti, ma efficaci e concreti. Tant'è vero che, come dimostrano numerose indagini, la diffusione di azioni e pratiche altruiste e solidali, nel nostro paese, è molto ampia. D'altro canto, "credito" significa "fiducia". E la fiducia nelle banche e nel credito oggi è molto bassa. Espressa da circa 2 italiani su 10. Poco meglio dei partiti. Non solo, in quasi 2 persone su 3 la parola "banca" suscita un sentimento negativo. In altri termini: ri-sentimento. Ma se non si dà credito al credito, come credere che il credito possa essere creduto e credibile? Per questo motivo la domanda sociale di trasparenza nelle transazioni, nei finanziamenti, negli investimenti, nei depositi più che un desiderio o un auspicio suona come una condizione vincolante, nel complesso rapporto dei cittadini con il credito. Anche la richiesta di operare per la salvaguardia dell'ambiente e di investire in "buone" cause riflette l'esigenza di colmare il deficit etico che affligge la società e produce insoddisfazione diffusa. E diffidenza. Il fine altruista, in questo caso, coincide (come in molti altri casi) con un fine egoista. O meglio: orientato al beneficio personale oltre - e insieme - al bene comune".

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