Nel Palazzetto dello Sport di Medicina (Bologna) si è tenuta la terza edizione del quadrangolare di basket categoria Wheelchair. Willy Ronchi, presidente, allenatore e giocatore dell'Atletica Imola, ci ha raccontato il suo rapporto con il basket
La tua disabilità deriva da infortunio o da una malattia?
Sono un assistito INAIL, la mia disabilità dipende da un infortunio in itinere: mentre tornavo a casa dal mio lavoro al bar, ho avuto un incidente di moto e sono stato ricoverato per una paraplegia al Montecatone Rehabilitation Institute per 6 mesi. In quei mesi ho fatto anche la riabilitazione presso il Centro sportivo dell'ospedale, e mi sono appassionato al basket in carrozzina. Montecatone è la prima struttura in Italia per le miolesioni e una tra le più qualificate in Europa, e ospita a rotazione fra i 150 e i 180 pazienti. L'ospedale ha potuto favorire l' avviamento allo sport dei mielolesi grazie anche ad una collaborazione con il Centro protesi di Vigorso e una convenzione con la mia società di Atletica, che è iscritta al Comitato italiano Paralimpico.
Ci racconti la tua esperienza su come 'superare' la disabilità con lo sport?
Pratico il basket in carrozzina dal mio primo ricovero, cioè da 7 anni. Un'esperienza senz'altro positiva. Se si pensa che molti ragazzi si sono trasferiti dalle proprie Regioni per la presenza della struttura di Montecatone, per l'accessibilità di Imola che ha un occhio di riguardo per le persone con disabilità e la presenza anche della società, che permette di esercitare svariati sport - dal tennis, al nuoto e alla pallacanestro - si capisce che è un ambiente accogliente per le persone disabili.
Quanti trofei avete fino ad ora aggiunto al medagliere?
Noi siamo molto 'decoubertiani'. Non è che guardiamo il medagliere ma il nostro interesse è rivolto soprattutto all'inserimento della persona con disabilità; siamo l'unica associazione in Italia di basket in carrozzina che è formata completamente da paraplegici, non usufruiamo di nessuna agevolazione che potremmo avere se facessimo giocare con noi sportivi normodotati. Abbiamo preferito avere nella nostra squadra tutte persone che la carrozzina la vivono, che la disabilità la soffrono ogni giorno. Quindi più che altro giochiamo per stare insieme, per fare gruppo, per andare in giro: non è importante vincere una partita, quanto parteciparci.
Ma giocare per avere un premio non è stimolante?
Questo sicuramente, ma purtroppo abbiamo delle categorie che sono molto ampie, e quando il gap è evidente, può esserci una partita che si vince ma rappresenta un eccezione, molto dipende dal tipo di disabilità, e questo per tutti gli sport per disabili. Creare meno categorie possibili può giovare magari allo spettacolo, ma quando si ha una disabilità molto più importante ci sono anche grandi difficoltà nell'affrontare persone non con pari disabilità. Più o meno la stessa differenza che c'è tra una persona che corre con una sola gamba, rispetto ad una che le ha entrambe.
Tu cosa fai nella vita?
Lo sportivo. A livello agonistico lo faccio solo nel basket, e gioco in serie B nella squadra di Imola; e poi a livello amatoriale pratico handbike, sci, nuoto, provo vari sport, ma sempre di squadra. Sono infatti propenso, soprattutto nella disabilità, a pensare a uno sport di squadra perché è fondamentale confrontarsi con persone con la tua stessa disabilità, ti aiuta a superare un milione di problemi nella vita quotidiana.
Nella tua esperienza di allenatore, un episodio da sottolineare?
La mia esperienza con i ragazzini di 15, 16 e 17 anni che hanno avuto l'incidente da pochissimo e vengono a provare con noi il pomeriggio, quando facciamo avviamento allo sport di squadra. La prima volta dicono che non è per loro, non ne hanno voglia, ma già dalla seconda volta arrivano con il sorriso, con il desiderio di partecipare, di capire e vorrebbero che la cosa non finisse.
Questo è strettamente collegato con la loro età. Mentre la persona adulta, tranne delle eccezioni, la prende in maniera differente, parte cioè predisposta mentalmente per accettare un nuovo stile di vita, il ragazzino fa più fatica sul momento perché rifiuta la nuova condizione, ma poi si rende conto che è un lottare insieme agli altri e che può fare qualcosa che pensava di non poter più fare. E' bello vedere il loro volto con il sorriso quando escono dalla palestra. Fondamentalmente è questo il nostro scopo, ed è lo stesso che mi ha spinto a formare una squadra, far capire che ci si può divertire anche con un handicap.
Cosa è esattamente il basket in carrozzina?
E' praticamente identico al basket normale, le regole sono le stesse, non cambia nulla, l'unica variazione è che uno può trattenere la palla mentre fa due spinte con la carrozzina,prima di tornare a palleggiare. Per il resto ci sono i contatti fisici come ci sono nel basket normale, le distanze sono uguali, i canestri alla stessa altezza, si tira da tre punti dalla stessa distanza, è ugualmente un gioco spettacolare.