La fase di transizione che stiamo attraversando ci porta a ridiscutere la stessa "ragione sociale" dei Comuni e Anci si propone in modo aperto e bipartisan come luogo di confronto per costruirla. I Comuni sono, oggi più che mai, in prima fila nel sostegno dei cittadini e delle economie locali, ma hanno bisogno di risorse, in primo luogo di quelle che il Patto di Stabilità, assolutamente da rivedere, non permette loro di utilizzare. Chiediamo che il Patto non consideri, ai fini del suo calcolo, gli interventi a favore di famiglie e lavoratori, in grave difficoltà per la perdurante crisi economica, gli interventi per la "sicurezza" intesi come lavori pubblici per il decoro e la qualità urbana, permettendo di utilizzare l'avanzo di amministrazione per il finanziamento di spese correnti, ritenute prioritarie dai Comuni, di carattere prioritario e di tipo sociale, al di fuori delle regole del Patto di stabilità. Ci dicono che tra dieci anni i Comuni virtuosi saranno più ricchi, ma corriamo il rischio di non arrivare a quel traguardo.
Mi si permetta di citare il Comune di Livorno, ben sapendo che tutti gli altri Comuni sono in condizioni simili: i sei milioni che abbiamo in cassa non li possiamo spendere, bloccando così i pagamenti ai fornitori e gli interventi necessari per le emergenze sociali. Se a questo aggiungiamo che il Governo sul rimborso dell'Ici non rispetta gli accordi, restituendo cifre ben inferiori rispetto a quelle stabilite, ci troviamo a costruire i bilanci 2010 in una situazione drammatica. Togliere dal Patto alcune categorie di spesa è centrale. Tra le altre mi riferisco alla voce "sicurezza".
E' inutile che il Governo attribuisca ai sindaci taumaturgici poteri speciali, senza sostenerli con adeguati finanziamenti per il decoro, i servizi sociali - tagliati - la manutenzione delle città! Si creano attese che, difficili da soddisfare, ingenerano, anche psicologicamente, insicurezza e tensioni, e i Comuni sono i primi destinatari di queste difficoltà. Occorre superare l'attuale impostazione del Patto, per arrivare ad una sua dimensione regionale, comprendendo tutti gli Enti, dai Comuni alla Regione. All'interno di un territorio è evidente che non tutti gli Enti raggiungano la quota prevista per loro, i resti positivi potrebbero così essere utilizzati per non bloccare spese e investimenti degli altri Enti.
Sarebbe meglio governabile, risulterebbe osservato nella somma complessiva mettendo in campo delle compensazioni fra gli enti locali virtuosi e quelli che non riescono a rispettare il vincolo. Questo è un processo che dovrebbe vedere un alto e intenso percorso di concertazione tra tutti gli enti coinvolti. La stessa legge sul federalismo e i tagli di risorse verso i territori rischiano di creare conflittualità tra Comuni e Regioni, dove queste ultime, surrogando temporaneamente i tagli centrali per servizi, come è accaduto in Toscana nel caso delle scuole materne, mettono i Comuni nelle condizioni di garantirli, ma al tempo stesso li costringono ad accollarsi il loro mantenimento anche futuro?senza risorse e autonomia impositiva.
Sappiamo che le risorse dei Comuni derivano anche dalla situazione economica dei territori, per questo dobbiamo lavorare affinché dalla Toscana e dalle sue istituzioni (Comuni, Province e Regione) emergano proposte che ci permettano di stare dentro le dinamiche che si stanno sviluppando a livello nazionale. Penso a quelle industriali del "triangolo" Liguria, Piemonte, Lombardia, oppure ai progetti industriali delle multiutilities su gas, acqua, energia, rifiuti che vedono l'Emilia (Enia) protagonista di importanti aggregazioni con realtà del nord ovest (Iride).
Come sistema dei governi locali toscani dobbiamo scegliere se e come provare a stare in questi processi industriali, altrimenti, per la nostra frammentazione, rischiamo di diventare un terreno di caccia.
Per essere all'altezza di questa sfida c'è bisogno che l'esperienza della concertazione fra le istituzioni, dopo circa un decennio in cui la Toscana ha fatto da battistrada in Italia, individui nuovi e più freschi e vigorosi meccanismi per garantire la qualità di quei pareri che sviluppano il protagonismo delle autonomie nell'orientamento del governo regionale.
Occorre quindi un'Anci protagonista che, insieme ai Comuni, risponda all'immagine negativa che si vuol dare del "pubblico" in Italia, una sorta di palla al piede del Paese. Ricordiamolo che dai Comuni è venuto un contributo determinante al rispetto del limite del deficit pubblico nazionale! Credo perciò che vada riscoperto l'orgoglio pubblico di chi lavora e di chi ricopre incarichi politici nelle Amministrazioni. Vanno rafforzate le motivazioni, la missione e il senso di appartenenza al "pubblico", oggi in prima linea nel rassicurare i cittadini e agire per garantire a tutti le opportunità per migliorare la propria qualità della vita.
I Comuni sono motori dello sviluppo, le cui strategie non possono essere definite che in una dimensione regionale. Ciò comporta rapporti istituzionali e governance rinnovati. L'Anci Toscana si impegnerà su questo, con un ruolo cooperativo e non competitivo, convinti che la coesione sociale soffrirà se il dinamismo istituzionale non contribuirà a trovare soluzioni per uscire dalla crisi.