Intervista di Francesco Velluzzi al ministro dell'Interno pubblicata sulla Gazzetta dello Sport
Ora parla lui. A tre giorni dall'inizio del campionato e dopo le polemiche innescate dalla direttiva sulla Tessera del tifoso, il ministro dell'Interno Roberto Maroni spiega tutto sul suo ultimatum (31 dicembre) e risponde, piccato, ai club che lo attaccano.
Ministro, è arrivato il momento di chiarire: chi è il padre della Tessera del tifoso e perchè lei è così convinto che sia la condizione per eliminare la violenza negli stadi?
«Il padre è il capo della polizia Manganelli. Io ho trovato la "pratica" e l'ho portata avanti con convinzione, perché, dopo la morte di Raciti, è il completamento di una serie di misure di maggior controllo per ridurre la violenza negli stadi. I dati dimostrano che le misure coercitive sono efficaci. C'è un calo di feriti tra i civili, di fermati, una riduzione dei poliziotti impiegati, che significa risparmio per il contribuente. C'è un altro aspetto: la Tessera consente di fidelizzare i tifosi e, se i club hanno spirito di iniziativa, posono nascere tanti vantaggi per loro».
Sembra che alcuni club non la pensino come lei: il presidente del Palermo Zamparini ritiene la direttiva «da fascismo», l'a.d. del Catania Lo Monaco la attacca sui tifosi che subiscono un «daspo». Marotta della Samp parla di «investimenti strutturali e certezza delle pene».
«Marotta è un amico, è di Varese come me. E deve capire che noi agiamo sul fronte della prevenzione. Al Catania dico che è tutto a posto: non c'è preclusione una volta terminato il "daspo". Agli insulti di Zamparini non rispondo, di solito lo faccio con gli avvocati; ma, prima di dire cose strampalate, sarebbe meglio che si rilassasse, prendesse una camomilla e, magari, se parla di fascismo, leggesse qualche libro di storia in più».
Lei non va oltre il 31 dicembre?
«No, e non accetto intimidazioni. Chi non si adegua subirà le restrizioni annunciate, concordate coi prefetti. E' un malvezzo degli italiani arrivare alla scadenza delle cose e poi chiedere le proroghe. La Tessera è un sistema di buon senso, una vittoria del tifoso vero, del non violento. La direttiva va in vigore».
Lei è disposto a discutere coi club che non sono d'accordo?
«Il tavolo è sempre aperto. Il dialogo è nel mio dna. Ma le voglio premettere una cosa: quando ho incontrato i club di A e B, un solo presidente, e non dico per correttezza quale, si è alzato per dire che era perplesso. Non era quello del Palermo. Anzi, mi hanno invitato a imporre la direttiva. Io sono pronto ad aiutare le società che, per difficoltà reali, non riescono a mettersi in regola. Ma, sia chiaro, niente "no" pregiudiziali. Il mondo del calcio deve fare un po' di autocritica».
E un incontro coi tifosi che il 5 settembre protesteranno a Roma?
«Perché no? Basta che non mi mettano a ferro e fuoco il Viminale. La protesta contro la Tessera è irragionevole e immotivata. Sono anche disposto a parlare degli striscioni, se si adotta un codice etico che rende superflue le restrizioni. Io sono un tifoso, anzi un fazioso, come diceva Peppino Prisco, ma amo il buon senso e il percorso di legalità è fondamentale».
Come sono i rapporti tra club e tifosi, c'è tanta connivenza?
«Sono migliorati. Nel '94 ero ministro e ce n'era tanta, coi biglietti nominativi il miglioramento è stato netto».
Negli autogrill si gioca una battaglia importante: la guerra tra tifosi e forze dell'ordine rischia di inasprirsi. Cosa intende fare?
«Aumentare i controlli, affidandoli alla polizia che ha competenza, senza ricorrere all'esercito. Io non ho timore di esser visto come il cattivo, ma vorrei che i presidenti che gettano benzina sul fuoco la smettessero con queste dichiarazioni guerrafondaie. Spero sia tutta colpa del caldo estivo. Vorrei aggiungere: non mi si parli di problema economico, la Tessera non impoverisce i club, che fanno fior di contratti ai calciatori e non vogliono spendere per la sicurezza».
Come va con gli steward?
«Bene, sono più di 10 mila. L'esperienza è buona e va avanti».
Chiudiamo col Milan, la sua squadra del cuore, che, peraltro, qualche problema con gli ultrà ce l'ha. Come la vede?
«Sulla Tessera ho ricevuto adesione e collaborazione da Galliani e sostegno dal presidente. Sulla squadra sono un po' preoccupato e non solo perché ha vinto il "Berlusconi". Il presidente, che è anche capo del governo, non fa altro che rassicurarmi e, quando lo fa, spesso vuoi dire che si rende conto che il momento è difficile. Sa che farei? Richiamerei Arrigo Sacchi, come consigliere: uno come lui serve».