di Luciano Causa
Nel Paese africano la riserva nazionale Amboseli rischia di essere distrutta, vittima di giochi elettorali in vista del referendum sulla nuova Costituzione prevista il 21 novembre
Un paradiso ambientale straordinario, il Parco nazionale Amboseli, nel sud del Kenya, non lontano dal confine con la Tanzania, rischia di essere di fatto distrutto - o comunque di perdere la rigorosa imponenza attuale - per giochi elettorali in vista del referendum sulla Costituzione, in calendario il 21 novembre. Dunque: la lotta tra "sì" e "no" alla nuova Carta è serrata, e ha suscitato scontri violentissimi di piazza, oltre che una spaccatura verticale nello stesso governo. Si cerca di recuperare voti (i cui pacchetti in larga misura si muovono ancora su base etnica) da tutte le parti, e la popolazione Masai, importante e fiera, appariva schierata per il "no". E così nei giorni scorsi il presidente della Repubblica -e capofila del sì, se perdesse i suoi giorni politici potrebbero essere contati, e probabilmente si imporrebbero nuove elezioni che lo vedrebbero sconfitto - Mwai Kibaki ha annunciato la "degradazione" dell'Amboseli da Parco Nazionale, e Game reserve.
Apparentemente un fatto burocratico, ma in realtà cambia tutto. Perché vuol dire che l'oasi passa dall'amministrazione - rigorosa e attenta - dell'Associazione per la difesa ambientale e degli animali selvatici keniana, che opera di concerto con quelle regionali e internazionali, al controllo degli amministratori locali: altra storia. Amministratori locali che sono masai, e che vedono in questa operazione un'occasione economica enorme, oltre che una sorta di "restituzione" delle loro terre, che furono appunto loro sottratte 31 anni fa, quando furono obbligati ad abbandonarle per lasciare spazio al parco. Ovviamente una scelta che mira a far convergere il voto di tale etnia, influente e guerriera, dal "no" al "sì". Ma le conseguenze sono altrettanto ovvie: questa sorta di paradiso di poco meno di 400 kmq, con imponente vista sul vicino Kilimangiaro, tra le aree più popolate di maestosi e protettissimi elefanti del mondo sarebbe così destinata senza alcun dubbio, e nella migliore delle ipotesi, al declino.Disastro certo ambientale, ed anche economico.
Attualmente dal Parco - una delle principali attrazioni turistiche del Kenya, di cui peraltro il turismo è' principale volano economico - vengono ricavati oltre sei milioni di euro l'anno, che servono a tenerlo funzionale ed efficiente, e aiutano anche gli altri organismi similari, sempre sotto il controllo di gruppi ambientali. In mano ad amministratori locali, le cose senza alcun dubbio cambierebbero, ed in maniera sostanziale. Durissime, naturalmente, le reazioni. In una lettera congiunta delle organizzazioni ambientalistiche e faunistiche locali e regionali inviata al presidente Kibaki si segnala che «questa decisione spalanca la porta a una potenziale catastrofe che potrebbe condurre alla disintegrazione del sistema di parco nazionale più invidiato dell'intero Kenya». Invero, oltre a buona parte della cosiddetta società civile, anche molti politici si sono schierati contro questa iniziativa. Ma forse non è un caso se si tratta di voci provenienti tutte dal fronte del "no", quello che non vuole perdere il voto dei Masai.
(ansa)
La Nuova Ecologia, 13 ottobre 2005