Un libro verde del Terzo Settore per valorizzare e dare impulso alle sue potenzialità
Questa la proposta lanciata dal Convegno "COME USCIRE DALLA CRISI: LE PROPOSTE DEL TERZO SETTORE" tenutosi al Cnel il 16 luglio.
All'interno di questo percorso anche l'autoconvocazione del volontariato per il 4 e 5 dicembre

CONVEGNO
Come uscire dalla crisi: le proposte del Terzo Settore
Roma, 16/07/2009

1 VISIONE E PROPOSTE DEL FORUM NAZIONALE DEL TERZO SETTORE PER L'USCITA DALLA CRISI ED IL FUTURO DEL WELFARE. Documento per la discussione nell'Assemblea Nazionale del 16/07/2009 Premessa. Questo documento propone una prima sintesi dei contenuti scaturiti dal confronto che si è svolto negli ultimi due mesi, a partire dal Libro Bianco, nelle diverse istanze del Forum nazionale del Terzo Settore, dagli Organi Sociali alla Consulta permanente sul welfare, ai gruppi di lavoro su immigrazione e federalismo fiscale.
Ci concentriamo, in questa sede, su alcuni dei punti sostanziali che caratterizzano la nostra visione di società e di welfare: la nostra realtà e lo scenario presente, la centralità della persona e della famiglia, l'orientamento ad un welfare non assistenziale ma promozionale e delle opportunità, il fondamento sui diritti, i livelli essenziali per un welfare universale e capace di selettività, nella cornice dell'assetto federalista che si va implementando, la sostenibilità, la nostra idea di sussidiarietà.
Ci ripromettiamo di sviluppare ulteriormente la nostra riflessione, integrandola con un quadro più dettagliato di proposte di merito rispetto alle specifiche fondamentali politiche di welfare (infanzia, non autosufficienza, disabilità, contrasto alla povertà, integrazione ed inclusione, ecc..), con l'obiettivo di rendere disponibile un più complessivo "Libro Verde" del Forum Terzo Settore sul futuro del welfare italiano, per una interlocuzione propositiva e costruttiva con le istituzioni ai diversi livelli e con la società italiana.
A partire dall'incontro del 16 luglio 2009 con il Ministro del Welfare, ci auguriamo possa svilupparsi successivamente un programma articolato di confronti di merito sugli indirizzi e sulle politiche di welfare, che, insieme ai percorsi di ambito legislativo e normativo, dia corpo a quella "stagione costituente" del Terzo Settore cui il Libro Bianco fa così opportunamente riferimento.

1 - Chi siamo.
Viviamo come una grande opportunità lo sviluppo di quel "dialogo sociale" sul futuro del welfare italiano che si è avviato con il Libro Verde, e che il Libro Bianco si propone di sviluppare ulteriormente. Abbiamo la convinzione che il Terzo Settore sia uno degli attori imprescindibili di tale dialogo, e sentiamo la responsabilità di apportarvi con continuità il nostro contributo. Esso non può che partire, ben aldilà di ogni approccio autoreferenziale, dalla necessaria e netta esplicitazione del nostro specifico "punto di visuale", che deriva da quello che siamo, così come è illustrato nella Carta dei Valori di recente assunta a base del patto associativo nel quale tutti ci riconosciamo: "Siamo organizzazioni del volontariato, dell'associazionismo, della cooperazione sociale?diverse per storie, culture e modelli organizzativi, ma unite dalla condivisione di forti valori comuni: la dignità della persona e l'uguaglianza dei diritti come base del patto di cittadinanza; la dimensione comunitaria e partecipativa come orizzonte di una possibile convivenza che promuove pace e legalità?.
Crediamo in un autentico sviluppo umano, in cui l'obbiettivo della crescita economica vada di pari passo con quello della tutela dei diritti e dei beni comuni, della qualità della vita, dell'ambiente e delle relazioni sociali. Viviamo immersi nella società e nelle sue contraddizioni, antenne sensibili alle trasformazioni che l'attraversano. Siamo un laboratorio del cambiamento sociale, animato da cittadine e cittadini che guardano con fiducia al futuro e scelgono di essere protagonisti attivi della sua costruzione. Operiamo in ambiti diversi ma ci accomuna la vocazione a misurarci, nei territori e nelle comunità locali, coi problemi concreti; a promuovere l'azione collettiva delle persone in nome dell'interesse generale e del bene comune? Associazioni, gruppi di volontariato e cooperative sociali promuovono i valori della prossimità e della gratuità, della partecipazione e dell'autorganizzazione; valorizzano il protagonismo dei soggetti portatori di bisogni, mettono in rete competenze e risorse, sperimentano dal basso soluzioni concrete; contribuiscono a costruire un nuovo orizzonte di senso fondato sul benessere collettivo?".
Questo "punto di visuale" ci porta a condividere un approccio, proposto nel Libro Verde e più compiutamente declinato nel Libro Bianco, teso a delineare prioritariamente una visione "strategica" d'insieme alla quale ancorare l'obiettivo di "dare futuro" al welfare italiano. Una visione che attiene alle politiche, alle risorse, ai ruoli istituzionali e sociali, ma insieme a quel quadro di valori e di principi, che sono l'orizzonte culturale che da senso e realtà a obiettivi e strategie.

2 - Lo scenario del presente.
Viviamo, nel tempo presente ".. in una società frammentata, incapace di anteporre l'idea del bene comune agli interessi particolari e di fare sistema fra le sue componenti. Nuove povertà, precarietà delle condizioni di lavoro e di vita colpiscono strati sociali sempre più estesi alimentando un diffuso sentimento di insicurezza e di sfiducia.
L'invadenza del mercato e dei consumi negli stili di vita e negli orientamenti culturali produce nelle persone una profonda crisi di senso e una condizione di grande solitudine. Scontiamo l'assenza di un progetto comune in cui riconoscersi, la caduta verticale dell'aspettativa di futuro e della speranza. Nuove paure e tensioni avvelenano le relazioni sociali e indeboliscono i legami comunitari. Per invertire questa tendenza dobbiamo ricostruire un nuovo equilibrio fra la dimensione individuale e collettiva del vivere civile, recuperare la consapevolezza dell'interdipendenza dei destini umani, del nesso fra libertà e sicurezza reciproca, fra diritti dei singoli e responsabilità sociale. Ricostruire legami sociali, dare nuovo senso alla comunità.
Servono più cultura, confronto e dialogo, strumenti indispensabili dell'autonomia e della libertà delle persone.
Serve un nuovo welfare." Intanto, nel quadro della crisi finanziaria ed economica che ha investito globalmente lo scenario mondiale, anche il nostro Paese conosce una fase di severa recessione, le cui conseguenze già oggi si manifestano in tutta la loro concretezza:
· si estende l'impoverimento di persone e famiglie, e si allargano le disuguaglianze fra i ceti e tra le diverse zone del paese;
· la contrazione della produzione mette a rischio la tenuta dei livelli occupazionali, in molti ambiti, e le situazioni di soggettiva debolezza sul mercato del lavoro rischiano di trasformarsi in esclusione stabile, senza concrete prospettive di rientro;
· aumenta l'insicurezza e la paura rispetto al futuro, ed è vivo per questo il rischio di un ulteriore progressivo logoramento di legami e coesione sociale.
Nello scenario del welfare italiano, la crisi presente pare allontanare ancora nel tempo il momento delle scelte strategiche necessarie a innovare il sistema, e, mentre il paese produce meno ricchezza, rischia di riproporsi come inevitabile la scelta di contrarre le risorse disponibili per finanziare servizi e welfare, e ciò proprio mentre ci sarebbe bisogno di un welfare più efficace ed adeguato.
Viceversa, crediamo che l'innovazione e la qualificazione del welfare siano, insieme, condizione e fattore decisivo sia per un superamento della crisi che non si traduca in un mero ripiegamento delle condizioni di vita delle persone e delle famiglie, e per un nuovo sviluppo del Paese, poiché per noi non esiste percezione della crescita economica, e della sua ripresa, che non sia legata alla soddisfazione dei bisogni delle persone, né idea di sviluppo che non riguardi e non comprenda entrambe.

3 - La nostra visione del nuovo welfare.
Centralità della persona, diritti, responsabilità. Il primo e sostanziale tra i valori intorno cui ridisegnare il welfare del futuro è anche per noi la centralità della persona, di ciascuna persona, nella sua appartenenza di genere e di generazione, di etnia e di religione, e nella concretezza delle sue proiezioni relazionali, familiari e sociali.
Mettere la persona al centro delle politiche di welfare implica, per noi, considerarla non solo come utente passivo, o come cliente la cui libertà è circoscritta alla sola dimensione di consumatore, quanto in primo luogo come soggetto protagonista, che è portatore di responsabilità sociale, in quanto è portatore di diritti sociali.
Diritti di cittadinanza che, nel loro essere strettamente connessi ai doveri ed alle responsabilità di ciascuno, e socialmente orientati, esistono nella misura in cui, ugualmente, sono socialmente definiti e riconosciuti, individuandosi in questo percorso una specifica ed ineludibile responsabilità istituzionale pubblica, a garanzia delle tutela ed esigibilità dei diritti definiti. 
In questo ambito, molto è stato fatto, a partire dal recepimento delle Convenzioni Onu sui diritti dell'infanzia, e più di recente, sui diritti delle persone con disabilità. Molto resta da fare, se soltanto si pensa, ad esempio, alle evidenze della non autosufficienza, della povertà, dell'esclusione sociale in questo Paese. Partire dai diritti delle persone, e connettere, nella dimensione sociale, diritti con responsabilità, rimanda alla necessità di rendere più esplicito e più forte il "patto" di cittadinanza che correla e tiene insieme la responsabilità delle persone, delle famiglie, dei soggetti sociali, delle istituzioni, nella chiarezza di competenze e ruoli.
Nella nostra visione, una società, intesa come insieme di cittadini, istituzioni, soggetti sociali organizzati, pone al centro la persona se assume come pienamente "pubblico" e comune l'obiettivo di costruire le condizioni affinché:
 ciascuno, nella sua diversità, quali che siano le sue condizioni fisiche, psichiche, sociali o reddituali, ed ovunque risieda, possa avere la possibilità di liberamente esprimere le proprie potenzialità e di vivere in pienezza e dignità il proprio progetto di vita "buona";
 si possa esprimere pienamente il protagonismo delle persone, delle famiglie, dei soggetti sociali organizzati, in una pratica di cittadinanza attiva che è condizione primaria perché possa dirsi attiva la società complessivamente intesa.
Un welfare promozionale e delle opportunità. Un tale obiettivo, collocato nell'orizzonte del profondo cambiamento sociale, economico e culturale che stiamo vivendo, impone un approccio che non può essere di mera difesa e riproposizione del welfare come si è connotato nella cornice del Novecento, poiché molti dei presupposti che lo fondavano sono profondamente mutati, e per alcuni aspetti sono venuti meno. Si tratta piuttosto di mettere davvero in discussione concezioni che, in un'ottica di perdurante statalismo, affidano al welfare una funzione sostanzialmente risarcitoria o di mera tutela assistenziale, per dare concretezza ed evidenza al disegno di un welfare che, mantenendo saldamente al centro la propria natura di "bene pubblico" si connoti come promotore di opportunità e di autonomia. Mentre consegnamo al passato approcci alla realtà connotati in senso soltanto ideologico, teniamo tuttavia ben viva nel presente la disposizione a vedere e a conoscere la realtà concreta della nostra società, e a non nascondere né negare le disuguaglianze, le iniquità, le ingiustizie profonde che vi persistono.
Non correlare con nettezza le politiche di welfare ad obiettivi di equità, di giustizia e di inclusione, partendo dai diritti delle persone, e non solo dai bisogni che esprimono, nei fatti rischia di confinarle nuovamente entro una cornice nella quale è più visibile il tratto riparativo e compassionevole che l'effettiva promozione di opportunità. Mettere le persone al centro significa riconoscere la diversità delle persone, ed il fatto che esse si trovino in condizione di vita e di crescita diverse le une dalle altre. 
Le condizioni di partenza non sono le stesse per tutte le persone, e nel corso della vita le opportunità che le persone hanno, o riescono a costruire, sono diverse. Il welfare delle opportunità esiste e si sviluppa se si propone di consentire inclusione di tutti nel tessuto comunitario e sociale: le opportunità devono essere a tutti offerte, ed in primo luogo a quanti sono più prossimi al rischio di esclusione, poiché crediamo che non possa esservi sviluppo per ciascuno senza equità nelle condizioni di partenza e nell'accesso alle opportunità nelle diverse fasi della vita, perché nessuno sia lasciato solo quando si trovi in difficoltà.
Analogamente, il welfare è in concreto promozionale di una società più attiva se promuove legami sociali, se cioè fa dello sviluppo delle relazioni tra i cittadini e con i cittadini non solo e non tanto un obiettivo, ma la propria pratica costante, ed un indicatore privilegiato della qualità dei servizi e delle prestazioni che fornisce. In sintesi, pensiamo che la visione di una società insieme più attiva e più inclusiva implichi una coerente visione strategica che, lungi dal considerarlo soltanto un costo, connoti e definisca il welfare come investimento sociale, assumendo il territorio e le sue specificità come risorsa e le relazioni tra soggetti e contesti, in una dimensione pienamente partecipativa, come valore per la coesione sociale e per un profilo integrato di sviluppo umano ed economico.
La famiglia, soggetto di sviluppo umano e risorsa sociale . La famiglia è per la persona il luogo delle relazioni primarie, che si esprimono nella gratuità e nel dono perché fondate sugli affetti. Per lungo tempo, aldilà dei riconoscimenti più o meno rituali, la famiglia è stata configurata come il luogo del privato, delle relazioni private finalizzate alla riproduzione sociale, scisse dalle relazioni sociali produttive di valore economico misurabile.
Una visione di società e di welfare che pone al centro la persona, e che promuove un'idea di sviluppo integrato, insieme umano ed economico, non può che superare una tale scissione, per affermare la famiglia come "attore sociale", cellula anche economica fondamentale. Il ruolo della famiglia va dunque sostenuto, a partire dal riconoscimento che le famiglie non sono tutte uguali.
Le opportunità cui hanno accesso sono diverse, così come diverse sono le risorse materiali e culturali di cui dispongono, in modo stabile o in momenti specifici della loro vita. Differenze che incidono sulle condizioni familiari, sulle relazioni e in ultima istanza sulle opportunità per le persone. Le famiglie poi sono in larga misura cambiate, sono di norma divenute più piccole, e manifestano quindi una difficoltà crescente a farsi carico per intero delle proprie responsabilità di cura, di educazione, di accompagnamento.
Le politiche di welfare devono dunque creare i presupposti affinché le famiglie, nella pluralità delle loro condizioni, siano messe in grado di esercitare le proprie funzioni. La denatalità; la difficoltà dei giovani ad uscire dalla famiglia d'origine; la difficoltà a definire un progetto di vita a causa di percorsi lavorativi precari più che flessibili; il mancato riequilibrio del lavoro di cura tra i coniugi; i bisogni pressanti di assistenza dei familiari non auto-sufficienti; all'interno della famiglia stessa; i nuclei familiari formati da anziani soli; il rischio povertà; essi costituiscono altrettanti nodi cruciali per l'avvenire delle famiglie e del nostro Paese che non possono essere scaricati o delegati al solo istituto familiare.
La famiglia è attualmente, troppo spesso, l'unica risposta alle necessità di assistenza e cura. La mancanza o la disomogenea presenza in alcuni territori dei servizi per l'infanzia, per il sostegno alla genitorialità naturale e adottiva, servizi per i giovani, servizi per la non autosufficienza, servizi di assistenza, ecc. fanno sì che la famiglia sia obbligata ad affrontare e gestire in solitudine le problematicità e la complessità degli aspetti con cui si manifestano.
Spetta dunque alle Politiche familiari garantire l'equilibrio e l'armonizzazione tra le strategie personali e quelle familiari superando false alternative tra diritti familiari e diritti individuali, legami interpersonali e accesso al mondo del lavoro. In questa direzione, ed in sintesi, si tratta di orientarsi a valutare le diverse politiche, sanitarie, sociali, formative, abitative, fiscali, ecc.. nella loro ricaduta sulla famiglia, con l'obiettivo di: contrastare la povertà delle famiglie, a partire da quelle in tal senso più a rischio; sostenere i progetti familiari dei giovani con adeguate politiche abitative e lavorative; rendere conciliabili le esigenze di lavoro con le responsabilità familiari, in una ottica di corresponsabilità e pari opportunità fra donne e uomini; sostenere le famiglie con persone disabili e non autosufficienti; ecc.. 

4 - Le priorità.
Siamo convinti che il welfare italiano, mentre accresce la capacità di selezionare e personalizzare le risposte, debba mantenere il carattere dell'universalità, quale elemento sostanziale di un patto di cittadinanza fondato su diritti basilari effettivamente esigibili da persone e famiglie, ovunque residenti, ancor più nell'orizzonte dell'attuazione del nuovo federalismo fiscale e del complessivo assetto federalista dello stato che si va profilando.
Si tratta, in questa direzione, di operare perché il giusto obiettivo di porre al centro del sistema le persone, garantendo opportunità e promuovendo responsabilità, non si traduca, nei fatti, nell'abbandono a se stessi dei più deboli; e perché la affermata valorizzazione del ruolo della famiglia non si traduca in una delega alla famiglia a far fronte da sola ai suoi diversi bisogni.
Ciò appare particolarmente importante, ove si considerino da un lato i profondi cambiamenti che interessano la struttura delle famiglie in Italia, cui si è già fatto riferimento, e dall'altro la necessità di rendere coerente il ruolo della famiglia con l'obiettivo di sviluppare fortemente i tassi di occupazione femminile nel paese. Il tema della sostenibilità e delle compatibilità economiche mantiene, in questa prospettiva, tutto il suo rilievo, ma essenziale diviene affrontare il problema della 7 rispondenza e adeguatezza dell'impianto e degli assetti del nostro welfare, rispetto non solo alle esigenze sociali attuali ma soprattutto all'evoluzione di prospettiva. Sostanziale ed urgente è, in questa cornice, la definizione dei Livelli Essenziali di Assistenza (LEA), e dei Livelli Essenziali di Assistenza Sociale (LIVEAS).
In particolare, per questi ultimi, la cui necessità è stata molto opportunamente ripresa nello stesso testo di legge in materia di federalismo fiscale, la definizione, a nove anni dalla Legge 328/2000 che li istituiva, appare non più rinviabile, e riteniamo debba articolarsi intorno a due parametri sostanziali:
 quello dell'arco esistenziale della vita della persona (infanzia, gioventù, età adulta, età anziana);
 quello delle condizioni specifiche (non autosufficienza, disabilità, ecc..) in un'ottica di crescente e piena integrazione socio sanitaria, che faccia perno sulla dimensione territoriale e sulla partecipazione dei soggetti alla programmazione e progettazione delle politiche e degli interventi, oltre che soltanto alla loro gestione.
Partendo dai Livelli Essenziali, finanziati dalla fiscalità generale a garanzia dell'universalità del sistema, ed integrati dalla possibilità di compartecipazione alla spesa ancorata a criteri equi, trasparenti ed omogenei legati al reddito di persone e famiglie, a garanzia di una selettività non discriminatoria, né punitiva, si tratta poi di dare gambe ad un deciso percorso che dalla centralità dei sussidi e dei trasferimenti monetari, in molte zone del paese prossima all'esclusività, passi ad un robusto sviluppo della rete complessiva di servizi concretamente disponibili e fruibili per persone e famiglie (che in Italia è pesantemente sottodimensionata rispetto agli altri maggiori paesi europei), orientata al territorio e fondata, nel territorio, sulla partecipazione di una ampia platea di soggetti alla programmazione ed alla progettazione, oltre che alla gestione.
Lo sviluppo di una più adeguata, trasparente e sostenibile rete di servizi, in una ottica piena di sussidiarietà, appare elemento fondamentale per sostenere le responsabilità familiari, per contrastare l'estendersi dell'impoverimento, e per garantire un effettivo incremento della presenza femminile nel mondo del lavoro. Si tratta poi di avviare coerenti ed innovative iniziative di contrasto alla povertà.
La complessità connessa a tale ambito suggerisce politiche che accanto a nuove modalità di sostegno economico diretto, gestite territorialmente, e in una cornice di sussidiarietà, imposti un insieme più articolato di misure, in cui trovi posto una rete di servizi e prestazioni connessi alle specifiche situazioni di bisogno, secondo una filiera già positivamente sperimentata in altre realtà europee. Si tratta, infine, di dare corpo ad una impostazione che considera il lavoro strumento essenziale per ogni persona, garantendone la dignità e la sicurezza, con particolare riguardo ai giovani, ai disoccupati, alle persone che a diverso titolo si trovano in condizioni stabili o temporanee di svantaggio. 

5 - La sostenibilità.
Un siffatto disegno di welfare, connotato come investimento sociale in senso pieno, implica non la riduzione, né il taglio, ma l'adeguamento delle risorse disponibili per il settore del sociale, e non può essere sostenuto a prescindere da un correlato disegno di adeguate e coerenti politiche che ne assicurino la sostenibilità economica. Ciò rimanda, a nostro avviso, ad alcune scelte prioritarie, ed ormai non più eludibili:
 l' affrontare e correggere gli squilibri che caratterizzano la complessiva entità della spesa sociale italiana, rispetto agli ambiti che la compongono, con l'obiettivo prioritario di adeguare ai livelli europei la spesa specificamente "assistenziale", oggi gravemente sottodimensionata e caratterizzata, tra l'altro, dalla perdurante sostanziale assenza di strumenti e politiche di sostegno al reddito delle fasce più deboli e di contrasto delle situazioni di povertà, anche estrema;
 un effettivo controllo dell'incremento della spesa assoluta per la sanità, da perseguire non già attraverso politiche generiche ed inique di taglio, ma attraverso azioni di effettivo contrasto delle ampie sacche di spreco ed inefficienza che in questo ambito si mantengono ed anzi tendono ad accrescersi.
In questa direzione, tuttavia, ad apparirci sostanziale e strategico è soprattutto un percorso di effettiva e concreta riorganizzazione degli assetti e dell'organizzazione della sanità, orientato alla appropriatezza degli interventi, e quindi alla loro efficacia.
L'estensione delle problematiche legate alla non autosufficienza e alle condizioni di cronicità delle patologie, e la dimensione della loro incidenza sulle dinamiche della spesa sanitaria, rendono esplicita la necessità di passare da assetti centrati prevalentemente sull'ospedale generalista, alla strutturazione di un sistema di risposte più flessibili e modulate, centrate sul territorio, in un'ottica di effettiva integrazione socio sanitaria, che preveda la piena partecipazione delle persone e delle famiglie.
Allo sviluppo di un siffatto sistema, in un'ottica di sussidiarietà matura, possono dare un contributo peculiare e determinante proprio i soggetti del Terzo Settore, che possono vedervi uno spazio sostanziale di qualificazione e radicamento ulteriore del proprio operare;
 un corretto riconoscimento, ed una più strutturata e trasparente finalizzazione della spesa privata, peraltro tanto rilevante quanto dispersa ed individualizzata, attraverso la promozione di forme integrative trasparenti, partecipate e democratiche nei loro assetti.

6 - La sussidiarietà.
Le organizzazioni del Terzo Settore, fin dalla loro nascita, hanno affermato nel concreto la forza della sussidiarietà. Eppure, nonostante l'introduzione, a partire dal 2001, del principio di sussidiarietà all'interno della Costituzione italiana, molto 9 rimane da fare affinché sia pienamente attuato negli ordinamenti dello Stato e sia correttamente inteso anche all'interno della stessa società.
La sussidiarietà, tanto verticale quanto orizzontale, è elemento qualificante e imprescindibile di una società che ponga davvero al centro il cittadino, non suddito ma soggetto, pienamente qualificato ad agire, da solo o attraverso forme di autorganizzazione sociale, per contribuire al raggiungimento del bene comune.
Il pieno e concreto dispiegarsi del protagonismo dei cittadini, delle famiglie, dei soggetti sociali organizzati è, per noi, condizione e fattore sostanziale per la società attiva, poiché l'esercizio di una cittadinanza attiva fonda e garantisce la possibilità di ridisegnare il ruolo di istituzioni giuste, di reti sociali solidali, di rapporti di sussidiarietà orizzontale e verticale caratterizzati da corresponsabilità, reciprocità e chiarezza di competenze e ruoli.
La sussidiarietà, come giustamente intesa nella Costituzione, non diminuisce lo spazio del pubblico, ma anzi lo amplia. Lo Stato - nelle sue diverse ramificazioni - deve infatti adoperarsi per "favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli o associati" i quali concorrono, attraverso la loro personale responsabilizzazione, al conseguimento di obiettivi con finalità pubblica. In questa direzione occorre un impegno più concreto e specifico, perché:
 si rivitalizzi e si ampli la conoscenza ed il dibattito nella società italiana sulla sussidiarietà, e sul legame positivo e virtuoso che la connette al disegno di un welfare universale fondato sulla centralità ed i diritti delle persone;
 si affronti il tema delle forme in cui attualmente - spesso in una logica di deresponsabilizzazione o di esternalizzazione dei servizi ai soli scopi di ridurne i costi - viene intesa la sussidiarietà dalle pubbliche amministrazioni, riconducendo la riflessione alla qualità sociale ed al bene relazionale prodotti dal Terzo Settore, oggi ancora spesso riconosciuti soltanto ove si tratti di rispondere alle gravi situazioni di emergenza. Si tratta, piuttosto, di inverare una strategia che identifichi il cittadino e i corpi intermedi come risorse stabili di comunità e di welfare, non solo per il loro essere una delle più chiare espressioni di quell'auto-organizzazione della società civile che tanto viene evocata e sollecitata, ma per il ruolo cruciale che il Terzo Settore ha svolto e continua a svolgere, proprio nelle politiche di welfare, non solo nella gestione dei servizi ma quale soggetto che contribuisce alla progettazione ed alla modulazione delle politiche sociali sui territori, introducendo nuove modalità volte a favorire la effettiva possibilità di partecipazione dei cittadini organizzati alla pianificazione del proprio territorio;
 si amplino e stabilizzino gli strumenti di sussidiarietà fiscale introdotti negli scorsi anni (Legge 80/05 "Più dai meno versi"; Cinque per mille?);
 si garantiscano le condizioni perché le organizzazioni di Terzo Settore possano operare in condizioni non punitive ed anzi concretamente promozionali, a partire dal tema dei tempi di pagamento da parte pubblica, e da un quadro coerente di politiche di sostegno sul piano fiscale, e, più complessivamente, da un quadro aggiornato di regole rispetto ai rapporti con le PP.AA., orientate verso forme di partnership più mature e qualificate.

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