di Monica Mazzoleni, coordinatrice per il Messico di Amnesty International Italia
Felipe Arreaga Scarcerato dopo 10 mesi l'ambientalista campesino impegnato contro lo sfruttamento della foresta di Petatlán. Era ingiustamente accusato di omicidio. La campagna di Amnesty international sostenuta anche da La Nuova Ecologia.
Felipe Arreaga, ambientalista messicano, è stato scarcerato dopo più di nove mesi di detenzione. Era ingiustamente accusato di omicidio. Un'accusa palesemente basata su prove false che aveva lo scopo di interrompere la sua attività e spaventare chi come lui si batte per la tutela dell'ambiente dello Stato del Guerrero, nel sud del Messico.
Felipe Arreaga infatti è stato tra i fondatori della "Organización campesina ecologista della Sierra de Petatlán" (Ocesp), un'associazione che lotta pacificamente contro lo sfruttamento sproporzionato e illegale delle foreste nella zona di Petatlán. Anche per questo motivo lo scorso agosto l'organizzazione Sierra Club lo ha insignito del prestigioso premio "Chico Mendes" per il suo impegno a favore dell'ambiente. Il riconoscimento è stato ritirato da sua moglie Celsa Valdovinos, anche lei ecologista, impegnata in un programma di rimboschimento e presidentessa della "Organización del mujeres ecologistas de la Sierra de Petatlán".
La disavventura giudiziaria di Felipe Arreaga era iniziata il 3 novembte del 2004 quando era stato incarcerato con l'accusa di aver assassinato nel 1998 Abel Bautista Guillén, figlio di un importante boss locale attivo nel commercio di legname. Altri 13 attivisti dell'Ocesp erano stati raggiunti da una denuncia con la stessa accusa. Subito era partita una mobilitazione internazionale per la sua liberazione. Anche Amnesty International lo ha adottato come prigioniero di coscienza lanciando una campagna internazionale per la sua immediata scarcerazione. Una campagna sostenuta anche da "La Nuova Ecologia" che aveva pubblicato l'appello per la sua liberazione nel numero di maggio.
Alla fine Felipe Arreaga è stato liberato. Il giudice, Ricardo Salinas Sandoval, ha emesso la sentenza di assoluzione incondizionata per mancanza di prove il 16 settembre alle 15.30. La sera stessa Felipe Arreaga è tornato a casa dove ha potuto riabbracciare i sui familiari e amici. I suoi avvocati avevano raccolto più di venti prove a suo favore tra cui un filmato che dimostrava che il giorno dell'omicidio Felipe Arreaga era a una festa di matrimonio.
Non è la prima volta che l'Ocesp resta vittima di ingiustizie giudiziarie. Non si possono dimenticare infatti i casi degli ambientalisti Rodolfo Montiel e Teodoro Cabrera, anche loro membri attivi dell'Ocesp, che nel 1998 furono catturati dai militari, dichiarati colpevoli sulla base di prove false e torturati perché confessassero di aver commesso degli omicidi. Furono liberati soltanto nel 2001: la pressione internazionale e nazionale era diventata così forte che fu proprio il presidente messicano Vincente Fox a ordinare il loro rilascio. Senz'altro più sfortunato Albertano Peñalosa Dominguez, anche lui tra i fondatori di Ocesp, anche lui accusato dell'omicidio di Abel Bautista Guillén. Il 19 maggio, infatti, con i suoi quattro figli stava tornando a casa, nella comunità di Banco Nuevo. Lungo la strada una violenta aggressione che ha provocato la morte di due dei suoi figli, Armando di 20 anni e Adatuel di 9. I colpevoli rimangono impuniti.
Ecco perché Amnesty International chiede alle autorità messicane che sia garantita la sicurezza di Felipe Arreaga, della sua famiglia e di tutti gli attivisti dell'ambiente e dei diritti umani in Messico. E chiede la riforma della giustizia e che «il ministero pubblico si attivi con imparzialità e senza interessi alieni alla giustizia». L'avvocato difensore Mario Patrón del "Centro de derchos humanos de la Montaña Tlachinollan" dopo avere ottenuto la liberazione di Arreaga chiede «una piena indagine sui funzionari che parteciparono alla fabbricazione delle prove».
Il nuovo governatore dello Stato del Guerrero, Zeferino Torreblanca, nominato in aprile di quest'anno, nei sui primi discorsi pubblici aveva dichiarato il suo impegno a rivedere i casi di prigionieri di coscienza come quello di Felipe Arreaga, ma di fatto ne ha confermato l'accusa. Felipe Arreaga ha pubblicato una lettera di ringraziamento alle persone e alle organizzazioni che hanno lottato per la sua libertà: «Io continuerò a camminare per la sierra e a predicare a favore dei diritti umani e per un ambiente pulito». In fondo alla lettera si firma "Felipe Arreaga Sanchez: hombre libre; come naci", uomo libero come alla nascita.
La Nuova Ecologia, 4 ottobre 2005