Rapporto di Amnesty International sulla Nigeria: l'inquinamento ha causato una tragedia dei diritti umani nel Delta del Niger. Le responsabilità del governo e delle compagnie petrolifere, in particolare Shell. Amnesty Italia scrive a Eni
Amnesty International ha dichiarato oggi che "una tragedia dei diritti umani" è in atto nel Delta del Niger. I diritti umani della popolazione vengono violati dalle compagnie petrolifere, che il governo nigeriano non può o non vuole chiamare a rispondere del proprio operato.
"Il Delta del Niger è un nitido esempio di come un governo venga meno agli obblighi nei confronti dei propri cittadini e della totale mancanza di responsabilità di quasi tutte le compagnie multinazionali per l'impatto delle loro attività sui diritti umani" - ha dichiarato Audrey Gaughran, responsabile del settore Imprese e diritti umani di Amnesty International e coautrice del nuovo rapporto "Petrolio, inquinamento e povertà nel Delta del Niger", presentato oggi ad Abuja, la capitale della Nigeria e, in contemporanea per l'Italia, a Bologna.
Il rapporto descrive le fuoriuscite di greggio, il gas flaring (torce di gas), le discariche di rifiuti e gli altri impatti ambientali delle compagnie petrolifere. La maggior parte delle prove sull'inquinamento e sui danni all'ambiente raccolte da Amnesty International e illustrate nel rapporto, riguarda le attività della Shell, la principale compagnia petrolifera che opera nel Delta del Niger. Il rapporto analizza anche le conseguenze sui diritti umani delle attività dell'azienda italiana Eni Spa, che opera in Nigeria attraverso la consociata Nigerian Agip Oil Company (Naoc).
"Le persone che vivono nel Delta del Niger sono costrette a bere, cucinare e lavarsi con acqua inquinata e a mangiare pesce contaminato dal petrolio e da altre tossine, se sono abbastanza fortunate da riuscire ancora a pescarlo. La terra che coltivano si sta distruggendo. Dopo le fuoriuscite di greggio, l'aria puzza di petrolio, gas e altri agenti inquinanti. La popolazione denuncia problemi di respirazione e lesioni cutanee. Nonostante tutto questo, né il governo né le aziende verificano l'impatto umano dell'inquinamento" - ha detto Gaughran.
L'impatto dell'inquinamento sulla popolazione del Delta del Niger è fortemente sottostimato. La maggior parte degli abitanti dipende dall'ambiente naturale per il cibo e altri mezzi di sussistenza, soprattutto dall'agricoltura e dalla pesca.
"Il governo nigeriano è consapevole della minaccia per i diritti umani costituita dall'inquinamento petrolifero, ma non ha preso misure per garantire che quei diritti non venissero colpiti. Nonostante il massiccio inquinamento della terra, dei fiumi e di altri corsi d'acqua e le numerose denunce degli abitanti, non è disponibile praticamente alcun dato governativo sull'impatto dell'inquinamento petrolifero sulla popolazione nel Delta del Niger" - ha proseguito Gaughran.
Secondo Amnesty International, l'azione del governo per regolamentare l'attività delle compagnie petrolifere è ampiamente inadeguata.
"Il governo nigeriano sta venendo meno al suo dovere di rispettare e proteggere i diritti della popolazione del Delta del Niger al cibo, all'acqua, alla salute e all'accesso ai mezzi di sussistenza. Alcune compagnie petrolifere, da parte loro, hanno tratto vantaggio da questo atteggiamento e hanno mostrato un profondo disprezzo per le conseguenze delle proprie attività" - ha continuato Gaughran.
Il rapporto di Amnesty International rileva alcuni recenti segnali di miglioramento, come l'istituzione dell'Agenzia nazionale per l'individuazione e il contrasto alle fuoriuscite di petrolio (Nosdra), che pare avere un approccio più deciso ai problemi anche se necessita di maggiori risorse.
"Il governo deve affrontare l'impatto umano dell'inquinamento prodotto dalle compagnie petrolifere e ha il dovere di proteggere i suoi cittadini dalle violazioni dei diritti umani o dalle conseguenze delle attività delle compagnie. Tutto questo non è accaduto" - ha affermato Gaughran.
Amnesty International ha anche accusato il governo nigeriano di aver delegato l'onere di fornire una riparazione per le violazioni dei diritti umani agli stessi responsabili di tali violazioni: le compagnie petrolifere. Di conseguenza, tali riparazioni sono spesso inefficaci.
Il rapporto di Amnesty International non mette sotto accusa solo il governo nigeriano.
"Nonostante la sua pretesa di essere una compagnia responsabile dal punto di vista sociale e ambientale, la Shell continua a recare danno ai diritti umani, attraverso la mancanza di iniziative per impedire in modo efficace e mitigare l'inquinamento e i danni ambientali nel Delta del Niger" - ha precisato Gaughran.
La Shell e altre compagnie non controllano adeguatamente l'impatto sui diritti umani delle proprie attività né si distinguono per trasparenza. Le comunità locali del Delta del Niger non hanno accesso neanche alle informazioni minime sull'impatto dell'industria petrolifera sulle loro vite, persino quando sono le comunità "ospitanti". Questa mancanza d'informazioni alimenta la paura e l'insicurezza, contribuisce a propagare i conflitti e mina alla base il rispetto dei diritti umani.
"Il fatto che un governo non protegga i diritti umani dei suoi cittadini non assolve le compagnie petrolifere, così come il fatto che lo stesso governo non chiami queste ultime a rispondere del proprio operato non rende la Shell, l'Eni e le altre compagnie che operano nel paese libere di ignorare le conseguenze delle proprie azioni. Gli standard internazionali non sono una cosa che le compagnie possono scegliere di aggirare: esistono standard internazionali sulle attività delle compagnie petrolifere e sull'impatto sociale e ambientale, di cui le compagnie che operano nel Delta del Niger sono ampiamente informate" - ha dichiarato Christine Weise, presidente della Sezione Italiana di Amnesty International, in occasione della presentazione di Bologna.
Il rapporto di Amnesty International sottolinea come i processi di bonifica nel Delta del Niger risultino spesso al di sotto di qualunque buona pratica consolidata. Alcune compagnie impiegano negligentemente personale non qualificato per fermare le fuoriuscite di greggio, col risultato che i terreni e le acque vengono ulteriormente contaminati.
Quasi ogni comunità visitata da Amnesty International ha denunciato che i corsi d'acqua e gli stagni erano stati danneggiati dalle fuoriuscite di greggio o da altre forme d'inquinamento, spesso più di una volta. Le comunità colpite hanno manifestato ad Amnesty International la propria rabbia.
Le stesse comunità locali e i gruppi armati del Delta del Niger contribuiscono a loro volta al problema dell'inquinamento, compiendo atti vandalici negli impianti e rubando il petrolio. Tuttavia, non è chiaro quanto queste azioni incidano sulla situazione complessiva.
"Il governo nigeriano cerca disperatamente di porre termine al conflitto nel Delta del Niger, ma la povertà e i conflitti che continuano a devastare la regione non vedranno la fine sino a quando le cause di fondo, tra cui decenni di danni ambientali e l'impunità per le violazioni dei diritti umani e ambientali, non saranno affrontate e risolte e il governo nigeriano non avrà sufficiente volontà politica e mezzi per confrontarsi con le attività delle compagnie petrolifere che causano massicce violazioni dei diritti umani" - ha concluso Gaughran.
Ulteriori informazioni su Shell ed Eni
Domani, mercoledì 1° luglio, Peter Voser entrerà in carica come nuovo direttore esecutivo della Royal Dutch Shell, ereditando dunque i fallimenti e le cattive pratiche della Shell nel Delta del Niger. Quest'eredità è in larga parte dovuta all'assenza di azioni efficaci della Shell per prevenire e affrontare i danni ambientali e l'inquinamento causati delle sue attività. Amnesty International ha inviato una copia del proprio rapporto a Voser, chiedendogli di inserire tra le massime priorità la bonifica delle conseguenze delle attività della Shell in Nigeria. Amnesty International ha aderito alla richieste provenienti dalle Organizzazioni non governative del Delta del Niger, invitando Voser a "giocare pulito" sull'impatto della Shell sui diritti umani, fornendo le informazioni necessarie e prendendo un impegno pubblico a valutare l'impatto sociale e sui diritti umani delle attività della Shell.
La Sezione Italiana di Amnesty International ha inviato oggi una copia del rapporto anche all'amministratore delegato di Eni Spa, Paolo Scaroni, al quale ha chiesto un incontro per discutere nel dettaglio le conclusioni della sua ricerca e le raccomandazioni rivolte alle compagnie che operano nel Delta del Niger. Tali raccomandazioni saranno sottoposte a Eni anche attraverso una cartolina d'azione che sarà sottoscritta dai sostenitori e attivisti di Amnesty International.
Una copia del rapporto è stata inviata inoltre ai principali interlocutori di Amnesty International nel governo e nel parlamento italiani competenti su questi temi, ai quali l'organizzazione per i diritti umani chiede di adottare una legislazione che imponga alle aziende italiane di prendere tutte le misure necessarie e adeguate per rispettare e tutelare i diritti umani nel corso delle operazioni che conducono all'estero.
Il governo italiano dovrebbe inoltre:
stabilire un meccanismo di supervisione parlamentare che riceva ed esamini le denunce relative alle attività delle aziende del settore estrattivo;
assicurare che le vittime di violazioni dei diritti umani causate dalle aziende estrattive italiane possano ricevere una tutela efficace, compresa la possibilità di accedere ai tribunali italiani, nel caso in cui tale possibilità sia negata nel loro paese;
sostenere il governo della Nigeria nell'istituzione di un organismo indipendente che supervisioni le operazioni estrattive relative a gas e petrolio;
sostenere il governo della Nigeria perché siano ampliati gli spazi per l'accesso a tutele efficaci per le vittime di violazioni dei diritti umani causate dalle attività delle compagnie estrattive nel Delta del Niger.
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