Dopo quasi dieci anni la disoccupazione torna a crescere in Italia: sono circa 186mila le persone in più senza lavoro rispetto al 2007. Il fenomeno coinvolge maggiormente gli uomini e interessa in particolare il Centro e il Nord-ovest, anche se il Mezzogiorno si conferma l'area con la maggiore concentrazione di disoccupati.
Lo rivela il rapporto dell'Istat sulla situazione del Paese nel 2008. Il tasso di disoccupazione in Italia è salito al 6,7%, sette decimi di punto in più rispetto al 2007. Gli effetti della crisi, infatti, determinano una crescita dei disoccupati con precedenti esperienze lavorative, il cui peso è arrivato a superare il 70% del totale, dal 66% del 2006. Nella disoccupazione femminile, invece, il gruppo prevalente è quello proveniente dall'inattività.
Il principale motivo della perdita del lavoro è la scadenza di un contratto a termine. I licenziamenti, tuttavia, registrano nel 2008 un incremento del 32% e in due terzi dei casi riguardano gli uomini. Secondo l'Istat, comunque, il livello di disoccupazione è rimasto lievemente al di sotto di quello registrato per l'insieme dell'Unione europea, cioè del 7% in media. Disoccupazione. Elevati i divari territoriali: nel Meridione il tasso di disoccupazione è pari a circa il triplo di quello del Nord, mentre a livello regionale la forbice è ancora più ampia. È il caso della Sicilia paragonato a quello del Trentino-Alto Adige. Per la regione siciliana si parla di un livello di disoccupazione cinque volte superiore a quello trentino.Anche se la disoccupazione si sta progressivamente spostando verso le classi di età più adulte, torna a salire il tasso di disoccupazione per i giovani di età compresa tra i 15 e i 24 anni, per il 2008 è del 21,3%, dopo una riduzione registrata nel 2007, ma fa eccezione il Nord-ovest. Cresce inoltre il tasso di disoccupazione di lunga durata, portandosi dal 2,8% del 2007 al 3,0% del 2008.
Tuttavia l'incidenza della disoccupazione di lunga durata in rapporto a quella complessiva è leggermente diminuita rispetto al 2007. Inoltre il calo dell'attività produttiva ha determinato una forte riduzione dei posti vacanti, cioè posizioni per cui il datore di lavoro cerchi attivamente un candidato adatto al di fuori dell'impresa, la cui incidenza rispetto all'insieme dei posti di lavoro è scesa da un valore di 1,07% nel primo trimestre a 0,65 nel quarto. Meno colletti bianchi. A livello occupazionale rallenta la crescita dei colletti bianchi, dopo la dinamica positiva del precedente biennio, mentre ad aumentare sono le tute blu. I lavoratori delle professioni prevalentemente intellettuali registrano nel 2008 un significativo rallentamento del ritmo di crescita dalle 537mila e 301mila rispettivamente del 2006 e del 2007 si passa a 95 mila del 2008.
Il risultato è dovuto alla diminuzione delle professioni manageriali con un -4,2%, e tecniche -3,2% e dall'aumento di quelle a elevata specializzazione con un segno positivo del 4,6%. Sono le donne a contribuire maggiormente rispetto agli uomini alla crescita delle professioni di elevata specializzazione. Aumentano gli operai non qualificati e quelli ad alta specializzazione.
Per i colletti blu, quindi i lavoratori delle professioni manuali, ci sono dinamiche dell'occupazione differenziate: alla decisa contrazione dei conduttori di impianti e macchinari con un -4,3% nel secondo semestre dell'anno, si contrappone una crescita sia dei colletti blu ad alta specializzazione per 2,2%, sia per il personale non qualificato del 4,2%, soprattutto a causa della spinta dovuta alla componente straniera.
I cambiamenti del mercato del lavoro registrati nel corso del 2008 delineano una polarizzazione nella struttura delle professioni. Sono sempre più numerosi, infatti, i lavoratori nelle fasce alte e basse delle attività professionali. Una tendenza, però, spiega il rapporto, riscontrata nella maggior parte dei paesi sviluppati, dove sono richieste sia le professioni in grado di utilizzare e creare conoscenza, sia quelle non qualificate.