Una recente ricerca effettuata da MISEREOR, Organizzazione Non Governativa tedesca membro della CIDSE, la rete internazionale di 15 organizzazioni cattoliche di cooperazione internazionale dell'Europa, del Nord America e Nuova Zelanda, di cui Focsiv rappresenta il membro italiano,denuncia come l'esportazione di latte in polvere proveniente dall'Unione Europea abbia danneggiato e continui a danneggiare l'economia burkinabè.
La ricerca ci dice che fin dalla sua indipendenza, il Burkina Faso si è rivelato essere un grande importatore di latte con una crescita esponenziale di queste importazioni durante le carestie degli anni 70. All'epoca, l'importazione del latte in polvere proveniente dall'Europa, fu consigliata per affrontare l'insicurezza alimentare ed allo stesso tempo per arricchire l'alimentazione delle popolazioni urbane e rurali. In alcuni periodi, quando l'Europa "crollava sotto le sue montagne di latte e di burro" , l'aiuto alimentare immetteva latte e burro in quantità ingenti.
Il latte importato è penetrato in questo modo a fondo nel mercato burkinabè sostituendosi di fatto alla produzione locale; gli allevatori infatti non riescono a competere con i prezzi molto bassi del latte importato. Questo perché il latte in polvere importato ha un costo nel mercato burkinabè inferiore a quello locale; basti pensare che un litro di latte importato costa 200 F mentre un litro di latte locale costa 300 F.
Questo ha impedito ogni sviluppo significativo del settore latte; oggi la situazione è tale che nonostante la presenza di più di un milione di allevatori (il 10% della popolazione totale del Burkina-Faso) le popolazioni di Uagadugu e di Bobo-Dioulasso consumano praticamente soltanto latte importato. I loro yogurt, per la maggior parte, sono fabbricati con latte importato.
Non soltanto questa situazione costa molti miliardi di franchi (3 miliardi d'importazione di latte e prodotti lattiero-caseari nel 2002 ), ma è anche un mancato profitto. Con i suoi 7.000.000 di bovini, il Burkina-Faso esporta molta carne verso i paesi limitrofi ma non il latte, né i prodotti lattiero-caseari. L'allevamento rappresenta il 20% di esportazioni. Con l'avvio dell'area di scambio CEDEAO, gli allevatori del Sahel potrebbero interessarsi a questo mercato potenziale, non soltanto per la carne, ma anche per il latte ed i prodotti derivati.
Focsiv, 14 settembre 2005