Dopo l'ennesimo dramma a Gela, Caritas Italiana invita a riflettere sui diritti dei migranti Ancora morti in mare, questa volta a Gela. L'ultimo dei "viaggi della speranza" ha avuto un nuovo bilancio drammatico: 11 persone, tra cui anche bambini, sono morte nel mare Mediterraneo. Per lo più somali ed etiopi, queste vittime rinnovano il dramma di guerre, fame, sfruttamento che vive l'intero continente africano. In particolare il Corno d'Africa, quel lembo martoriato di terra, dove è ancora vivo il ricordo della dedizione, fino alla morte, di persone impegnate accanto ai più poveri, come Graziella Fumagalli e Annalena Tonelli. La fatica e la sofferenza con cui persone in fuga dal proprio Paese in cerca di libertà e di pace rischiano ogni giorno la vita, vittime talora di trafficanti di esseri umani, devono preoccupare la nostra coscienza e interpellare chiaramente le istituzioni e la legislazione, a livello nazionale ed europeo. Lo scenario in continua evoluzione delle possibili rotte marittime con lo spostamento dei viaggi ormai verso località della Calabria, della Sicilia via mare, chiede un'attenzione sempre maggiore alle nostre frontiere, non solo in termini di sicurezza, ma anche in termini di accoglienza organizzata. Caritas Italiana - che ha attivato da alcuni anni una rete di collegamento oggi formata da servizi di oltre 40 Caritas diocesane impegnate nell'accoglienza, nell'ascolto e nella tutela dei profughi - continuerà a lavorare perché "il diritto di migrazione" e il "diritto d'asilo" trovino culturalmente, socialmente e istituzionalmente le risposte più adeguate a tutelare le persone e il principio della convivenza civile, in un contesto societario unitario quanto ai valori e alle regole ma rispettoso delle diversità. Caritas, 12 settembre 2005

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