Emerge dall'Indagine "Nonprofit e risorse umane: priorità in tempo di crisi" condotta dall'Osservatorio Fondazione Sodalitas-HayGroup su un campione di 60 organizzazioni nonprofit, i cui risultati sono stati presentati in Assolombarda.
L'Osservatorio Fondazione Sodalitas-HayGroup sulle Risorse Umane nel Nonprofit ha presentato ieri in Assolombarda i risultati dell'Indagine "Nonprofit e risorse umane: priorità in tempo di crisi" condotta su 60 organizzazioni italiane. Il campione era composto prevalentemente da Associazioni/Fondazioni (53,3%), seguite da Cooperative Sociali di tipo A (20%), e da Cooperative Sociali di tipo B e ONG-Organizzazioni Non Governative (entrambe all'11,7%).
La persona fisica che ha risposto all'Indagine fa parte del vertice dell'organizzazione nel 51,7% dei casi, o è in ogni caso responsabile di una funzione-chiave della stessa (11,7%) o della funzione Risorse Umane (ancora 11,7%).
La crisi c'è ma non è generalizzata: il nonprofit italiano mantiene uno sguardo fiducioso sulle prospettive di sviluppo nel breve-medio periodo.Oltre la metà del campione, infatti, prevede per il 2009 entrate superiori al 2008 (20%) o sostanzialmente stabili (36,7%).
L'11% si aspetta un lieve calo, mentre il 25% ritiene che le entrate saranno sensibilmente inferiori.
Quale l'impatto di queste prospettive sulle scelte che riguardano i collaboratori?
Solo un terzo del campione (33,3%) dichiara di accingersi ad attuare interventi sullo staffing, mentre i due terzi procederanno con i piani stabiliti per il 2009 prima che la crisi irrompesse sullo scenario. Il contenuto degli interventi decisi o in valutazione sullo staffing - indicati dalla parte del campione che rivedrà i piani per il 2009 - segnala un orientamento ambivalente. Le due azioni più segnalate (entrambe già decise dal 27% e in valutazione da parte del 7%) sono infatti il rafforzamento degli organici e delle competenze da un lato, e il blocco delle assunzioni dei dipendenti dall'altro. Significativo anche il rinnovo selettivo delle collaborazioni (deciso dal 17% di chi prevede interventi diversi dai piani stabiliti, in valutazione da parte del 13%). Solo una parte marginale del campione prevede di percorrere la strada di una maggiore flessibilità (ricorrendo di più ai collaboratori a progetto o ai volontari) o addirittura di ridurre gli organici.
"I due interventi sugli organici più gettonati sono l'uno in contrapposizione rispetto all'altro: segno che le politiche del nonprofit in materia di risorse umane possano variare anche sensibilmente da organizzazione a organizzazione - ha dichiarato Giovanni Medi, responsabile dell'Osservatorio per Fondazione Sodalitas. E' in ogni caso confortante che il Terzo Settore italiano si impegni a mantenere stabile l'occupazione e a non incrementare il ricorso a contratti di lavoro flessibili, tenuto conto che oggi i professionisti che lavorano nel nonprofit sono più di un milione".
Aspetti interessanti emergono anche incrociando la previsione sulla diminuzione delle entrate con l'intenzione di modificare gli interventi già programmati sullo staff. Le cooperative sociali A sono le più ottimiste sull'andamento delle entrate (solo il 25% prevede una diminuzione) e al tempo stesso le più decise a intervenire sullo staff. Al contrario, solo il 22% delle associazioni/fondazioni si prepara a intervenire sullo staff, a fronte del fatto che il 47% sia spetta una contrazione delle entrate (47%). "La contraddizione solo apparente è dovuta alla diversità tra le organizzazioni che compongono il campione, e i mercati in cui operano - ha dichiarato Maria Teresa Scherillo, Consigliere d'Indirizzo della Fondazione Sodalitas. Nel caso delle cooperative sociali A, la sostanziale stabilità delle entrate è bilanciata dal fatto che la Pubblica Amministrazione offre contratti per la fornitura di servizi sociali con margini di redditività sempre più ridotti. Le associazioni/fondazioni riescono invece a far fronte più agevolmente alla riduzione delle entrate, potendo le associazioni contare di più sull'apporto dei volontari, e le fondazioni su una maggiore solidità patrimoniale".
Anche nel caso degli interventi su retribuzioni e costo del lavoro, solo un terzo del campione (35%) prevede di agire diversamente rispetto ai piani stabiliti. Questa volta i due interventi più segnalati vanno nella stessa direzione: congelamento degli stipendi (deciso dal 48% di chi prevede interventi diversi dai piani stabiliti, in valutazione da parte del 5%), più comunicazione sui fattori motivanti (deciso dal 33%, in valutazione da parte del 19%).
Frequente anche la scelta di rimodulare gli aumenti retributivi (decisa dal 24%, valutata dal 5%), ridurre i benefici (14% + 14%), e comunicare meglio i piani retributivi (10% + 10%).
"La scelta di agire meno sulla leva tangibile e ricorrere di più a quella intangibile, ad esempio lavorando sulla motivazione e sulla migliore comunicazione dei piani retributivi, è in linea con i trend osservati nel mercato for profit, ha dichiarato Marco Galbiati, responsabile dell'Osservatorio per HayGroup. Questa coerenza ci incoraggia a ritenere che il nonprofit italiano stia maturando un approccio più consapevole sul tema dello sviluppo dei collaboratori".
Questo approccio è confermato anche dalla
scelta di procedere a interventi di tipo organizzativo e sui programmi Risorse Umane, fatta in questo caso da 2 organizzazioni su 3 (63%).
Dai contenuti degli interventi più segnalati emerge infatti la volontà di dedicare una cura maggiore che in passato allo sviluppo dei collaboratori, e di introdurre criteri di valutazione anche a supporto delle scelte retributive: introducendo o rafforzando i programmi motivazionali (scelta già decisa dal 55% di chi prevede interventi diversi dai piani stabiliti, in valutazione da parte del 29%), incrementando la formazione (47% + 11%), snellendo e rendendo più efficienti i processi gestionali (37% + 21%), introducendo o rafforzando criteri di Performance Management (29% + 8%). Decisamente marginale la scelta di ridurre o bloccare la formazione.