Roma, 27 aprile 2009 - L'espulsione di due, quella francese e quella olandese, delle cinque sezioni di Medici Senza Frontiere (MSF) ordinata dalle autorità sudanesi a inizio marzo, ha costretto MSF a chiudere quasi la metà dei progetti medici dell'organizzazione. Le altre operazioni hanno potuto proseguire con enormi difficoltà, a causa dell'insicurezza e degli ostacoli amministrativi.
I beni di valore di MSF sono stati bloccati dopo l'espulsione, ed MSF è stata costretta ad abbandonare medicine e altri forniture. Le autorità sudanesi hanno trattenuto anche i passaporti degli operatori delle èquipe di MSF, impedendo loro l'uscita dal paese fino a metà aprile, cioè più di un mese dopo l'espulsione ufficiale.
Inoltre, dopo il rapimento dei cinque operatori MSF a metà marzo, avvenuto a Serif Umra, e dopo altri seri incidenti di sicurezza, le èquipe di MSF hanno preso la difficile decisione di chiudere i progetti di Serif Umra e Kebkabiya, dal momento che non era più possibile continuare a prestare assistenza medica in modo sicuro. Infatti, l'insicurezza dell'area ha portato anche alla sospensione a tempo indefinito dei progetti di Tawila. MSF forniva assistenza medica a più di 170mila persone grazie a questi progetti in Nord Darfur.
Attualmente MSF continua ad essere operativa con altri sei progetti in Nord Sudan, sebbene si stia analizzando attentamente il loro futuro, che dipenderà dal miglioramento delle condizioni di lavoro nelle prossime settimane.
MSF resta seriamente intenzionata a proseguire l'assistenza medica indipendente alla popolazione del Sudan. Di conseguenza, è impegnata in discussioni dirette con le autorità sudanesi al fine di continuare tale lavoro in Darfur e nel Nord Sudan.
MSF lavora in Sudan dal 1979 e ha cominciato a lavorare in Darfur a Dicembre del 2003. Tra il 2004 e il 2008, le èquipe di MSF in Darfur hanno realizzato più di 3 milioni di visite mediche, trattato 60mila persone negli ospedali e fornito supporto nutrizionale a più di 110mila bambini nei centri nutrizionali terapeutici.
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