Ascolto e cura dei soggetti vulnerabili, registrazione dei bisogni: comincia un cammino di anni, che si concretizzerà anche nella edificazione di strutture di interesse comunitario.
Per domenica prossima la Cei indice una colletta nazionale in tutte le parrocchie.

Un modello sperimentato in occasione di precedenti emergenze. Una rete di presenze solidali che si stenderà nei prossimi mesi e anni sull'intero territorio terremotato. Una disponibilità all'aiuto e alla condivisione che avrà per protagonisti volontari e operatori Caritas di tutta Italia.

È entrata nel vivo la seconda fase dell'intervento Caritas nella diocesi dell'Aquila, pesantemente colpita dal sisma del 6 aprile. È un lavoro destinato a durare a lungo, che avrà per protagoniste le Delegazioni regionali delle Caritas diocesane. La prima, dall'Umbria, guidata dall'arcivescovo di Spoleto e membro della presidenza di Caritas Italiana, monsignor Riccardo Fontana, è arrivata lunedì al Centro di coordinamento nazionale Caritas aperto presso la parrocchia del quartiere Pettino; ieri è stato il turno di Lombardia e Triveneto, oggi dell'Emilia Romagna; seguiranno, nei prossimi giorni, Lazio, Puglia, Toscana, Liguria, Piemonte e via via tutte le altre. Le delegazioni regionali Caritas vengono messe in contatto con una delle otto zone omogenee in cui è stato suddiviso il territorio colpito dal sisma: i loro operatori e volontari sono chiamati a operare nelle tendopoli, insieme alle parrocchie locali, ascoltando i bisogni della popolazione, dedicandosi alle fasce vulnerabili (anziani, malati, disabili, minori, migranti), registrando le esigenze di ricostruzione di strutture comunitarie che, in prospettiva, il territorio presenta.
I primi a concretizzare questa metodologia di intervento sono appunto gli operatori e volontari delle Caritas umbre: 12 di loro si insediano da oggi nel territorio di Pile, quartiere aquilano. Le Caritas lombarde agiranno a Paganica e dintorni, quelle del Triveneto nelle zone di Roio Poggio o Tornimparte. Gli altri "gemellaggi" verranno messi a punto nei prossimi giorni.

I gemellaggi sono fondamentali per dare continuità ed efficacia al lavoro di ascolto, aiuto e ricostruzione. Grazie a essi, si crea uno spirito di condivisione e intensa collaborazione tra delegazioni Caritas e comunità terremotate: l'intervento di aiuto non viene calato dall'alto, il territorio diventa protagonista della sua stessa rinascita, il sentimento di comune appartenenza ecclesiale si consolida (esteso anche ad altre pastorali - per i giovani, per la famiglia, ecc. -, che vengono coinvolte nei gemellaggi). Questa esperienza di Chiesa della prossimità è stata sottolineata dal cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Conferenza episcopale italiana, che nella sua visita ai luoghi del terremoto, martedì, ha fatto tappa anche al Centro di coordinamento nazionale Caritas. Il cardinale ha confermato un ulteriore stanziamento di 2 milioni di euro (in aggiunta ai 3 già stabiliti) che saranno messi a disposizione di Caritas Italiana a cui è affidato il coordinamento degli interventi locali ed ha ricordato che per domenica 19 aprile si svolgerà in tutte le parrocchie una colletta nazionale. Monsignor Vittorio Nozza, direttore di Caritas Italiana, ha ribadito la strategia dell'organismo: dopo un primo impegno nell'emergenza, a favore degli sfollati, che ha visto protagoniste soprattutto le Caritas abruzzesi e molisane, «la fase dei gemellaggi servirà - ha dichiarato - ad approfondire le relazioni e registrare i bisogni reali delle comunità locali. I volontari si faranno vicini alle persone nel bisogno, soprattutto le più deboli.
Nel frattempo, registreranno le esigenze di animazione e ricostruzione che le comunità manifestano: dopo il terremoto del Molise, autunno 2002, abbiamo realizzato, insieme alle Delegazioni regionali, 20 centri della comunità (strutture socio-pastorali polivalenti), 7 scuole, progetti di microcredito e iniziative di sviluppo delle reti sociali e produttive. Questa volta potrebbe porsi l'esigenza di pensare anche a interventi di edilizia sociale per le fasce vulnerabili: anziani, famiglie in difficoltà, soggetti svantaggiati, migranti. Ma sarà la nostra presenza solidale con le persone dell'Aquila, nelle tendopoli e tra i prefabbricati, a suggerirci gli obiettivi della ricostruzione. L'importante, adesso, è condividere il dolore.
E riconquistare insieme la speranza».

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