(Copenaghen) Il Parlamento danese ha approvato un provvedimento che rende possibile l'adozione alle coppie omosessuali. Il testo proposto da un deputato indipendente, Simon Emil Ammitzboell, e' passato con 62 sì e 53 no.
In più di un'occasione Ai.Bi. ha espresso la propria opinione sul tema: essere genitori non è un diritto né degli eterosessuali né degli omosessuali, essere figlio è invece un diritto di ogni essere umano.
"Mi chiedo se la Danimarca con questo provvedimento intenda tutelare realmente il diritto dei minori abbandonati. - ha detto Marco Griffini, Presidente di Ai.Bi. - Aprire le adozioni a coppie dello stesso sesso significa solo
dare risposte illusorie, senza tener conto delle procedure adottive e delle politiche dei Governi all'estero che autorizzano le adozioni solo a coppie eterosessuali sposate. Di fronte a un'emergenza come quella dell'abbandono minorile non possiamo essere paladini dei diritti degli adulti".
Se è vero che ogni persona può decidere liberamente il compagno con cui vivere secondo i propri orientamenti sessuali, è altrettanto vero che questa scelta non può ricadere su un minore abbandonato, che ha già vissuto sulla sua pelle il trauma dell'abbandono. E' questa la tesi del
libro "Voglio una mamma e un papà" (edizioni Ancora - Amici dei Bambini) in cui le autrici, Giovanna Lobbia e Lisa Trasforini, spiegano i motivi per cui un bambino abbandonato ha bisogno di una figura materna e paterna. La vera discriminazione, vista dalla parte del bambino, è quella di costringerlo a vivere in un
contesto di relazione "diverso", e comunque non idoneo ad una crescita armoniosa.
Il "dire no" all'adozione per le coppie omosessuali, infatti, non intende ovviamente escludere la capacità di cura e sensibilità ai bisogni del bambino da parte di un omosessuale, piuttosto si fonda su considerazioni legate al corretto sviluppo della personalità del bambino. Un minore abbandonato, come si legge nel libro, ha bisogno di essere accolto da una coppia di genitori in cui la
donna svolga la funzione di protezione e cura tipica della figura materna, mentre
all'uomo sia legata la sfera del rispetto delle regole tipica della figura paterna. Qualora manchino questi punti di riferimento, è ovvio che una coppia di omosessuali, siano essi due donne o due uomini, costringono il minore a crescere in una situazione "diversa" e limitante. Pensiamo al problema di "dare un nome". Come può chiamare un bambino la compagna della madre? Amica, mammadue, zia: nessun nome può definire con chiarezza la relazione, né identificare con determinazione l'accento sulla complementarietà insita nelle parole madre e padre.