L'insufficienza dei fondi pubblici, l'importanza dei media nel determinare il successo delle raccolte fondi per le crisi umanitarie, la necessità di sostenere l'attività delle ONG per rispondere adeguatamente alle emergenze internazionali. Se ne è discusso venerdì scorso nella sede RAI di Viale Mazzini nel corso della conferenza stampa "DARE VOCE ALLE EMERGENZE. RAI, istituzioni e società civile nella risposta alle crisi umanitarie", dove è stato presentato un dossier di sintesi su volumi, caratteristiche e criticità dei finanziamenti per l'assistenza umanitaria, curato da AGIRE - Agenzia Italiana Risposta Emergenze.
Dal dossier emerge che: dai 2 miliardi di dollari del 1990 ai 14 miliardi del 2006, la spesa complessiva per l'assistenza umanitaria è aumentata drasticamente. Nel 2005 è stata raggiunta la cifra record di 18 miliardi di dollari, un terzo dei quali destinati all'emergenza Tsunami. E' l'Europa (Stati membri UE + Commissione Europea) a guidare la classifica dei donatori più generosi. A livello di spesa pro-capite in assistenza umanitaria dei singoli Paesi europei, il Lussemburgo svetta con i suoi 94 dollari per abitante, seguito da Norvegia (81), Svezia (52) e Danimarca (44).
L'Italia invece è fanalino di coda: nel 2006 ha speso appena 4 dollari (poco meno di 3 euro) a cittadino, collocandosi in fondo alla classifica (diciannovesimo posto) tra i paesi industrializzati dell'OCSE. Tre caffé all'anno: è questo il valore, per dirla con una metafora, che il governo italiano destina per ogni cittadino all'assistenza alle popolazioni vittime di emergenze umanitarie. Troppo pochi per i circa 250 milioni di persone colpite ogni anno da catastrofi naturali e i 50 milioni di individui coinvolti nei conflitti armati.
Per questo è sempre più cruciale il ruolo dei finanziamenti privati e delle ONG che li mobilitano. Una ricerca quantitativa realizzata da AGIRE stima a 70 milioni di euro i fondi privati che nel 2007 le ONG italiane hanno raccolto e investito in programmi di assistenza umanitaria. Si tratta cioè di fondi quasi equivalenti a quelli messi a disposizione dal governo in modo diretto, al netto cioè dei trasferimenti italiani alla Commissione Europea spesi in assistenza umanitaria.
In termini pro-capite, ogni italiano contribuisce così all'assistenza umanitaria con circa 1 euro aggiuntivo, offrendo cioè un ulteriore caffè rispetto a quello "ordinato" dal governo e ai due "consumati al banco" dall'Unione Europea.
Anche a livello globale una quota sempre più significativa (16%) dei fondi per l'assistenza umanitaria deriva dai contributi di donatori privati, per un valore complessivo di circa 2,3 miliardi di dollari. Quasi l'80% di questi fondi è gestito dalle ONG, mentre la restante parte è affidata alle agenzie delle Nazioni Unite e al movimento della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa.
"Le dimensioni delle emergenze umanitarie rischiano di aggravarsi ulteriormente nei prossimi anni, di fronte alle minacce poste da cambiamenti climatici, insicurezza alimentare, crescita demografica, rapida urbanizzazione ed espansione dei fenomeni di instabilità politica" - dichiara Marco Bertotto, direttore di AGIRE . "E' ormai chiaro che i fondi resi disponibili dai governi sono ampiamente insufficienti e che il contributo dei donatori privati diventa imprescindibile per rispondere in modo adeguato e tempestivo alle crisi umanitarie".