Ci sembra andare nella giusta direzione la proposta, avanzata del segretario del Partito Democratico Franceschini, di un prelievo una tantum del 2% sui redditi superiori a 120.000 euro lordi annui per finanziare il Fondo sociale per la lotta alla povertà, da far gestire a Comuni e associazioni.

La crisi sta infatti producendo una drammatica emergenza sociale. In un solo mese la percentuale dei disoccupati è aumentata del 46% e il ricorso alla cassa integrazione del 300%, producendo un'impennata di coloro, singoli o nuclei familiari, costretti a vivere sotto la soglia di povertà.
In Italia la situazione è aggravata dalle molte lacune del nostro sistema di welfare, oltre che da un contesto sociale già segnato da profonde disuguaglianze, in cui per anni i benefici della crescita economica non sono stati equamente distribuiti ma hanno prodotto un progressivo allargamento del divario fra redditi alti e bassi.

Da tempo sosteniamo che da una crisi così pesante non si esce senza il supporto di adeguate politiche redistributive. La proposta di Franceschini coglie questa esigenza senza scivolare nella demagogia, ma riproponendo il tema decisivo di un equo utilizzo della leva fiscale come strumento di mutualità all'interno della comunità nazionale, per sostenere politiche di interesse generale che promuovano l'uguaglianza dei cittadini.

Si tratta di una proposta concreta e facilmente attuabile, a cui va accompagnato un rinnovato impegno nella lotta all'evasione. Il nostro sistema fiscale grava soprattutto su dipendenti e pensionati (dato il prelievo alla fonte), mentre esistono ancora grosse sacche di evasione. E infatti coloro che dichiarano un reddito superiore a 120.000 euro lordi l'anno rappresentano appena lo 0,5% di tutti i contribuenti, tradotto in cifre poco più di 200.000 su un totale di 40 milioni.

Infine, la proposta avanzata in merito alla destinazione delle risorse, richiama un'idea di solidarietà che non si limita all'approccio emergenziale, sul modello dei bonus e delle erogazioni monetarie una tantum, ma guarda all'esigenza di politiche strutturali che responsabilizzino tutti i cittadini in quanto parte di una comunità che deve innanzitutto farsi carico dei più deboli e disagiati.

Vanno previste misure stabili di sostegno al reddito e va implementata la rete territoriale dei servizi per aiutare e accompagnare nel medio periodo le famiglie in difficoltà. Per questo l'incremento del fondo di solidarietà, drasticamente ridotto dal governo, è un primo passo utile. Queste misure devono inserirsi all'interno di un piano organico, in grado di fronteggiare la crisi e sostenere i soggetti che più ne stanno subendo le conseguenze.

Se non si adottano subito provvedimenti di contrasto alla povertà, l'impossibilità di una vita dignitosa e di una prospettiva di futuro per milioni di persone rischia di produrre la rottura della coesione sociale, un imbarbarimento sociale, politico e culturale da cui potrebbe essere difficile risollevarsi.

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