Roma/Colombo, 27 febbraio 2009
In Sri Lanka 200mila persone sono ancora intrappolate nella zona del conflitto, nel nord del paese, in condizioni disperate.
I pazienti raccontano a Medici Senza Frontiere (MSF) di bombardamenti durati giorni interi, circondati da morti e feriti. Il cibo e l'acqua potabile scarseggiano, mancano l'assistenza sanitaria e non c'è modo di uscire.
Poche settimane fa, per la prima volta dopo mesi, un numero significativo di persone è riuscito ad uscire dalla zona di Vanni.
Circa 35.000 civili hanno potuto raggiungere Vavuniya. Sono stanchi, affamati e spaventati e non hanno notizie dei loro familiari che non sono riusciti a fuggire dalla zona del conflitto. Molti di loro sono feriti, alcuni presentano infezioni da settimane. Molte persone resteranno mutilate per tutta la vita. Anche coloro che hanno raggiunto Vavuniya, non hanno libertà di movimento, né informazioni, né la possibilità di cercare i familiari.
Le storie che i profughi raccontano agli operatori di MSF rendono dolorosamente chiaro come la situazione continui ad essere disperata all'interno di Vanni. Le persone sono intrappolate nel conflitto da settimane: si nascondono nei bunker scavati con le proprie mani. MSF sta lavorando con il personale ospedaliero della città di Vavuniya.
Il 90% delle ferite che curiamo sono la conseguenza diretta dei combattimenti. I pazienti trasportati qui presentano ferite da arma da fuoco o provocate da schegge. Nelle ultime due settimane, abbiamo eseguito oltre 300 operazioni su pazienti feriti nel conflitto e crediamo che questa sia solo la punta di un iceberg. Altri 2000 pazienti sono stati trasferiti da Vanni a Trincomalee con le imbarcazioni della Croce Rossa Internazionale (CICR).
Nonostante gli sforzi delle autorità, la gestione dei feriti è diventata un grosso problema. Mentre inizialmente gli ospedali della zona di Trincomalee riuscivano a gestire l'afflusso dei feriti, alcuni ora sono al completo e hanno bisogno di altro spazio, medicinali e forniture sanitarie.
MSF ha visitato diversi ospedali dopo le prime evacuazioni dei medici ed è in costante contatto con le autorità sanitarie locali, al fine di individuare il supporto che può fornire agli ospedali. Poiché a MSF è stato negato l'accesso alla popolazione intrappolata all'interno del Vanni, ci affidiamo ai racconti personali dei nostri pazienti per capire ciò che sta accadendo. Le loro storie sono di gran lunga peggiori di quello che avremmo potuto mai immaginare.
Una donna di 53 anni ci ha raccontato che la sua famiglia è stata in un bunker per giorni senza acqua né cibo. Per la disperazione, nonostante i bombardamenti in corso, hanno lasciato il loro riparo alla ricerca di qualcosa da mangiare, quando tre dei 15 membri della sua famiglia sono stati uccisi. Sua figlia è stata gravemente ferita dalle schegge e ora è all'ospedale di Vavuniya. Alcuni dei suoi parenti hanno dovuto rimanere a Vanni. La donna non sa se sono ancora vivi. Questo è solo un esempio.
Molte persone raccontano storie simili. Solo una minoranza delle persone in trappola all'interno del Vanni è riuscita ad attraversare la linea del fronte verso territori più sicuri. I continui combattimenti impediscono i movimenti della popolazione che resta intrappolata nel conflitto. In questo momento i team di MSF non riescono ad entrare nel Vanni per valutare i bisogni e fornire le cure mediche urgenti necessarie. Insieme con altre organizzazioni internazionali, a MSF è stato negato l'accesso al Vanni nel settembre 2008 e non più è stato consentito di tornare.
MSF è indignata perché non è stato fatto nulla per migliorare la condizione della popolazione nel Vanni e chiede con urgenza ad entrambe le parti in guerra di garantire la sicurezza dei civili e di consentire l'accesso all'assistenza umanitaria.
Per informazioni:
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Medici Senza Frontiere è la più grande organizzazione medico-umanitaria al mondo. Nel 1999 è stata insignita del Premio Nobel per la Pace.
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