La pace in Medio Oriente dipende da noi. Chi continua a scaricare su altri la responsabilità vuol dire che non è interessato alla pace. La guerra a Gaza e le elezioni in Israele ci hanno messo con le spalle al muro. O decidiamo di impegnarci seriamente per scrivere la parola fine di questa brutta storia nel più breve tempo possibile, oppure smettiamo di invocare la pace perché, senza dubbio, non verrà. La guerra a Gaza ha rafforzato i radicali di Hamas e i loro sostenitori in tutto il Medio Oriente. Le elezioni israeliane hanno consegnato lo stato ebraico nelle mani della destra che si è ugualmente e simmetricamente rafforzata e radicalizzata. A questo punto è drammaticamente chiaro che solo un intervento inedito della comunità internazionale potrà cambiare la tragica storia di questo conflitto e scongiurare il peggio che sta arrivando: la continuazione della violenza quotidiana, della corsa al riarmo, dell'occupazione e dell'escalation militare; nuove guerre; stragi sempre più orribili; il possibile coinvolgimento di armi nucleari e di distruzione di massa; l'islamizzazione del conflitto israelo-palestinese e la sua estensione in Europa.
Che fare allora?
Ecco 10 cose che l'Italia, presidente di turno del G8, ha la responsabilità di fare oggi, insieme agli Stati Uniti, all'Europa, all'Onu e a quelli che ci stanno, mettendo fine alla politica complice e inconcludente delle chiacchiere, dei summit e degli appelli.
1. Spiegare a Israele che è folle (e illegale) continuare a punire collettivamente un milione e mezzo di persone e che deve far entrare nella Striscia i beni necessari per dare a quella gente la possibilità di avere una vita dignitosa;
2. portare soccorso alle famiglie di Gaza sopravvissute all'ultima battaglia (affermare, come fa il governo italiano, che si vuole soccorrere la popolazione di Gaza colpita dalla guerra e rifiutarsi di avere ogni relazione con Hamas vuol dire imbrogliare gli italiani);
3. promuovere il raggiungimento di una vera tregua tra Israele e Hamas che includa controlli più efficaci contro il traffico di armi, la fine del lancio dei razzi palestinesi e l'apertura di tutti valichi della Striscia di Gaza;
4. premere su Israele perché riduca immediatamente la pressione militare sui palestinesi della Cisgiordania e di Gerusalemme est, fermi la costruzione di nuovi insediamenti e del muro sui Territori palestinesi occupati, rimuova i posti di blocco e riapra le strade che possano consentire la riunificazione della Cisgiordania oggi frammentata;
5. sostenere tutte le organizzazioni della società civile e gli Enti locali che possono concorrere a costruire la pace dal basso con iniziative di dialogo, solidarietà e cooperazione;
6. favorire in ogni modo la riconciliazione nazionale palestinese e non accentuarne le divisioni (affermare, come fa il governo italiano, che ci sono palestinesi buoni e palestinesi cattivi, che si vuole rafforzare i buoni e combattere i cattivi e che, allo stesso tempo, si vuole favorire il processo di riconciliazione nazionale tra i palestinesi è un obiettivo completamente irrealistico);
7. riavviare il dialogo con tutti i paesi del mondo arabo per risolvere i diversi conflitti aperti e giungere ad un accordo di pace e di disarmo regionale;
8. promuovere la firma di un accordo di pace tra Israele e l'Autorità Nazionale Palestinese da sottoporre successivamente a referendum ad entrambi i popoli (la giusta formula "Due Stati per due popoli" non basta più a descrivere la meta. L'obiettivo deve essere garantire ad entrambi i popoli la stessa dignità, gli stessi diritti, la stessa libertà e la stessa sicurezza.);
9. promuovere un piano per affidare all'Onu, con il deciso sostegno dell'Unione Europea, la responsabilità di garantire contemporaneamente la sicurezza d'Israele e della Palestina;
10. promuovere il trasferimento della sede dell'Onu da New York a Gerusalemme e trasformare il cuore conteso del conflitto nella capitale della pace e della riconciliazione del mondo.
Flavio Lotti
Coordinatore nazionale della Tavola della pace