E' stata approvata lo scorso 6 febbraio dal Parlamento europeo - nella sua sostanza, anche se il voto formale è stato rimandato di un mese - la relazione di Claudio Fava (Pse, Sinistra democratica) sulle sanzioni per chi impiega manodopera non regolarizzata.
Dato che sussiste un accordo di massima con il Consiglio dell'Ue, ovvero l'altro legislatore europeo, un regime comune di sanzioni per gli imprenditori che si affidano a irregolari potrà presto diventare realtà: gli Stati membri dovranno trasporre la direttiva in legislazione nazionale entro il 2011.
Le sanzioni previste saranno sia di carattere amministrativo (multe), sia penali, il cui ammontare o durata saranno stabiliti da ogni Stato membro. Si ricorrerà al penale in quattro casi specifici: recidiva, impiego di un numero consistente di irregolari, impiego di irregolari quando si è al corrente del fatto che siano stati vittime di tratta e, infine, quando vi sono condizioni di lavoro particolarmente dure o degradanti.
Inoltre, gli imprenditori colti in fallo dovranno pagare ai lavoratori sfruttati la differenza tra i salari percepiti e quanto avrebbero percepito se fossero stati pagati come lavoratori regolari, oltre a tutti i contributi non versati nelle casse pubbliche. A opporsi alla direttiva sia il gruppo parlamentare dei Verdi europei che la Sinistra unitaria (Gue).
Per i primi, la proposta di compromesso su cui si sono accordati il Pe e il Consiglio è stata molto indebolita rispetto alla proposta iniziale della Commissione europea, soprattutto a causa dell'abolizione della soglia minima al 10% di controlli da effettuare annualmente. I secondi, seppur favorevoli alle sanzioni, non sono d'accordo sull'approccio generale preso dall'Unione europea nei confronti della questione immigrazione.
Secondo i deputati del Gue, è inaccettabile che la base della direttiva sia la lotta all'immigrazione clandestina. Inoltre, per loro, una tale proposta legislativa metterebbe in condizioni di maggior debolezza chi già soffre. La controproposta del Gue, in un rapporto di minoranza, è la regolarizzazione immediata di tutti i lavoratori irregolari. Anche le parti sociali storcono il naso.
Pur essendo sindacati e industriali d'accordo sul punire chi sfrutta, c'è disaccordo sull'efficacia delle misure. Dal lato dei datori di lavoro, rappresentati dalla confindustria europea BusinessEurope, la direttiva è sproporzionata rispetto al problema: si teme che vengano aumentati i carichi amministrativi per le aziende, e le sanzioni sono ritenute troppo pesanti.
Si riconosce comunque la necessità di contrastare questa pratica illegale, in quanto "è una forma di concorrenza sleale", dato che chi impiega irregolari può essere più competitivo in quanto paga meno la manodopera. Per la federazione sindacale europea Etuc, l'idea è buona, ma citando una legislazione simile adottata negli Usa, con le sanzioni si rischia di spingere ancora più nel sommerso gli irregolari: succederà che "i buoni saranno più buoni e i cattivi più cattivi".
Inoltre entrambe le parti sociali concordano sulla difficoltà di applicare le sanzioni lungo tutta la catena di appalti e sub-appalti, dato che i controlli sarebbero difficilissimi e le responsabilità ardue da definire. Si stima che in Europa i lavoratori extra-comunitari privi di permesso di soggiorno siano compresi tra i 4 e gli 8 milioni, con 900 mila nuovi ingressi ogni anno.
I settori di maggiore impiego sono l'edilizia, l'agricoltura e si servizi alberghieri e di ristorazione. La direttiva 'sanzioni' fa parte del pacchetto immigrazione proposto nel 2007 dall'allora Commissario europeo Franco Frattini. Le altre componenti del pacchetto sono la direttiva sui rientri forzati (battezzata dagli oppositori direttiva della vergogna) e la proposta di una 'carta blu' per favorire l'ingresso di lavoratori extracomunitari altamente qualificati. Nei prossimi mesi la Commissione proporrà dei testi legislativi sull'immigrazione legale: uno sui lavoratori stagionali, l'altro sui tirocinanti. (mm)

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