Roma, 6 febbraio 2009 - Nella Giornata internazionale della tolleranza zero nei confronti delle mutilazione genitali femminili, l'UNICEF ha elogiato gli sforzi compiuti dal governo, dalla società civile e dalle comunità locali del Sudan per porre fine alla pratica.
«In Sudan i pericoli che le mutilazioni genitali femminili costituiscono per le bambine e le donne sono stati riconosciuti dal governo, dai leader religiosi, dagli operatori sanitari, dagli anziani della comunità e dalle famiglie. Apprezziamo lo sforzo collettivo in corso per sradicare del tutto la pratica» - ha osservato la Rappresentante UNICEF Iyabode Olusanmi. «È inaccettabile che anche una sola ragazza debba affrontare questa pericolosa e inutile violazione dei suoi diritti».
L'UNICEF stima che circa 70 milioni di bambine e donne in 27 paesi dell'Africa e del Medio Oriente abbiano subito mutilazioni o tagli genitali, pratiche che spesso portano alla morte e hanno comunque un impatto negativo sulla salute e lo sviluppo di coloro che sopravvivono. In Sudan, le rilevazioni sanitarie a campione condotte nelle famiglie nel 2006 portano a stimare che le mutilazioni genitali femminili colpiscano circa il 69% delle ragazze e donne.
Nel 2008 il Governo di unità nazionale del Sudan ha approvato una strategia nazionale per abbandonare tali pratiche entro una generazione. L'impegno in questo momento è concentrato su sensibilizzare l'opinione pubblica sui rischi connessi a queste pratiche e incoraggiare le comunità e personaggi prestigiosi a impegnarsi pubblicamente per l'abolizione. Nel 2008 cinque comunità degli stati di Gedaref e Khartum hanno annunciato il loro impegno a porre fine alle mutilazioni genitali femminili, mentre altre dieci in Kordofan settentrionale e Kassala hanno annunciato l'intenzione di abbandonare la pratica quest'anno.
110 leader religiosi sudanesi hanno apertamente dichiarato che le mutilazioni genitali femminili non hanno alcun collegamento con la fede o la prassi islamica e ne hanno chiesto l'eliminazione.
Nello stato del Kordofan meridionale una nuova legge entrata in vigore nel 2008 ha messo la pratica fuorilegge.
Nel frattempo è in corso una campagna educativa di massa negli stati del Sudan settentrionale, dove la pratica è più diffusa, per aumentare la consapevolezza tra le famiglie del valore e della bellezza di una ragazza non mutilata. Costruita attorno al concetto di "Saleema" - nome tradizionale di ragazza sudanese che significa anche "tutto" - la campagna ha già raggiunto 7 milioni di persone attraverso i mass media, attività di animazione, teatro, musica, libri, fumetti e dibattiti pubblici. La campagna è guidata dal Consiglio nazionale del Sudan per il benessere dei bambini e sostenuta da UNICEF, Global Trust Fund e Unione Europea.
«Questi sforzi si stanno rivelando fondamentali per raggiungere il punto in cui in Sudan nessuna ragazza verrà mutilata» - ha dichiarato la dott.ssa Olusanmi. «Speriamo che entro il 2018 la pratica verrà completamente abbandonata e le famiglie comprenderanno che le mutilazioni genitali femminili non hanno un valore sociale o religioso e, infine mettono a rischio la vita delle ragazze».