Caritas, dopo l'attacco terrestre israeliano nella Striscia di Gaza, partito lo scorso 3 gennaio, intensifica gli sforzi per soccorrere le vittime e rilancia l'appello al cessate il fuoco e alla pace.

Lo staff medico del Centro sanitario di Caritas Gerusalemme a Gaza - 10 persone - lavora incessantemente, anche se dopo l'offensiva terrestre si temono enormi spargimenti di sangue e l'unica speranza è che vi sia una tregua. Sono infatti sempre più esigue le riserve di viveri e di medicinali.

«Manca soprattutto il carburante e quindi l'elettricità - dice Claudette Habbash, direttrice di Caritas Gerusalemme - c'è grande confusione e gli spostamenti sono quasi impossibili. Con il prezioso aiuto del parroco di Gaza, padre Manuel Masallam, e delle suore presenti in città cerchiamo di fare il possibile, ma è difficile in queste condizioni organizzare un piano di aiuti strutturato».

Papa Bendetto XVI, durante l'Angelus di domenica 4 gennaio, ha ricordato come «le drammatiche notizie che ci giungono da Gaza mostrino quanto il rifiuto del dialogo porti a situazioni che gravano indicibilmente sulle popolazioni ancora una volta vittime dell'odio e della guerra. La guerra e l'odio non sono la soluzione dei problemi. Lo conferma anche la storia più recente». Il Papa ha poi pregato «affinché "il Bambino nella mangiatoia... ispiri le autorità e i responsabili di entrambi i fronti, israeliano e palestinese, a un'azione immediata per porre fine all'attuale tragica situazione"».

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