«La vera questione da porsi non è di chi sono le colpe o le ragioni, ma chi sono oggi le vittime». Il presidente nazionale delle Acli Andrea Olivero interviene sulle tragiche vicende di Gaza direttamente dalla Terra Santa, dove si trova in questi giorni per un pellegrinaggio e per seguire il cantiere di alcuni progetti delle Associazioni dei lavoratori cristiani in sostegno alla popolazione. A Gerusalemme ha incontrato il parroco latino padre Ibrahim Faltas. A Betlemme, da dove parla, Padre Pierbattista Pizzaballa, custode di Terra Santa.
«L'impressione da qui - dice Olivero - è che ancora una volta, proprio quando la situazione sembrava rimettersi sulla buona strada, qualcuno torna a far prevalere la logica della guerra. In queste settimane stavano infatti riprendendo i pellegrinaggi, si stava quindi riattivando l'economia, ed ecco che di nuovo si riprende a combattere. E' chiaro che qualcuno la pace non la vuole».
«Se ci mettiamo a cercare le colpe le troviamo da tutte le parti - continua il presidente delle Acli - ma la vera questione da porsi per capire cosa fare è chi sono le vittime, non quali sono le ragioni. E in questo caso, guardando a Gaza, le vittime sono i più poveri, persone che vivono in un milione e mezzo dentro 30 km quadrati. Che oggi stanno subendo la violenza della guerra senza avere nessuna responsabilità e nessuna colpa». «Questo deve essere detto con chiarezza - insiste Olivero - oggi c'è una popolazione che subisce bombardamenti indifferenziati. Le guerre e le operazioni chirurgiche non esistono. Quando si lanciano bombe dal cielo si uccidono i civili come i militari combattenti».
Il presidente delle Acli racconta di due città «fantasma», Gerusalemme e Betlemme: «È tutto chiuso qui, i negozi dei quartieri sia arabi che cristiani sono serrati, ogni segno di festa per il natale è stato spento o tolto, in segno di lutto e di tristezza».
Quindi l'appello, «a tutti», per il cessate il fuoco «immediato», «perché si torni a ragionare e non a combattere». «Ma un appello particolare va fatto a Israele - aggiunge -, che da Paese democratico qual è ha una responsabilità in più nel cercare con ogni mezzo la pace e nel portare avanti una trattativa con metodi certamente rigorosi, che non possono però essere le bombe lanciate dal cielo...»