di Joshua Massarenti L'ex leader dei ribelli del Splm/a muore in un incidente d'elicottero. Per il governo di transizione la pace va avanti, ma il Sudan ripiomba in un clima di guerra civile tra Nord e Sud Il vicepresidente del Sudan John Garang è rimasto ucciso dopo che l'elicottero su cui stava viaggiando mentre rientrava dall'Uganda è precipitato. La notizia, in un primo tempo data dal governatore di uno degli Stati del sud del Sudan a Rudi Muller, capo dell'ufficio di coordinamento degli Affari umanitari nel Sudan meridionale, è stata resa ufficialmente pubblica dal Presidente della Repubblica Omar el Beshir in un comunicato letto in diretta televisiva. Secondo quanto riporta la presidenza sudanese, Garang, 60 anni, gia' leader degli ex ribelli separatisti dell'Splm/A, l'Esercito-Movimento di Liberazione del Popolo Sudanese, e' deceduto nello schianto al suolo del proprio elicottero, scomparso ieri mentre stava rientrando dall'Uganda nel sud del Paese, roccaforte del suo vecchio gruppo. Nel messaggio, Beshir precisa che hanno perso la vita anche le altre sei persone che erano a boirdo dell'elicottero. La morte di Garang, primo vicepresidente sudanese da appena 20 giorni, potrebbe essere un duro colpo per il processo di pace in Sudan, conclusosi con la solenne firma dell'accordo di pace siglato a Naivasha (Kenya) lo scorso 9 gennaio e suggellato il 9 luglio a Khartoum con il giuramento del presidente Omar Hassan al Bashir, e dello stesso Garang - per oltre 20 anni leader incontrastato della guerriglia secessionista del Sud - come primo vicepresidente. Anche se la presidenza sudanese (che ha tenuto nella notte una riunione d'emergenza a Khartoum) e la dirigenza dello Spla, l'esercito di liberazione popolare del Sudan di cui Garang era inflessibile capo storico, hanno gia' dichiarato che il processo di pace proseguira'. Il punto e' che politicamente il Sud non appare avere personalita' di ricambio per sostituire, almeno in tempi brevi, Garang; mentre sono moltissime e diverse le etnie che lo popolano. La guerra e la personalita' di Garang le avevano tenute insieme. Ma ora le cose si potrebbero complicare, e di parecchio: intanto perché anche il Nord si trova senza un interlocutore certo, mentre la vicende del Darfur (ovest del Paese), seppur in miglioramento, e' tutt'altro che risolta, e tamburi di guerra si odono anche nell'Est. Tuttavia, a preoccupare maggiormente la Comunità internazionale sono le violenze incontrollabili esplose nella capitale Khartum e nel sud del Paese subito dopo l'annuncio della morte del leader sudanese. Stando a testimoni oculari migliaia di persone originarie del sud si sono munite di coltelli e armi da fuoco e sono scese per le strade di Khartum, attaccando gente di sembianza araba e scontrandosi con le forze dell'ordine. Secondo un giornalista della Reuters, vi sarebbero almeno dodici morti, tra cui alcuni poliziotti. Un diplomatico europeo raggiunto per telefono dall'Afp ha riferito di raffiche di kalashnikov e di vetture date alle fiamme in fiamme, mentre in diversi luoghi della capitale sono state alzate barricate. Molti i negozi saccheggiati. La gravità della situazione ha spinto le autorita' sudanesi a chiudere l'aeroporto di Khartum e a decretare un coprifuoco di 12 ore nella capitale, che entrerà in vigore dalle 18:00 locali (le 17:00 in Italia). Scenari di violenza collettiva si sono verificati anche nel Sud del Paese, sempre ai danni della comunità araba, o presunta tale. Secondo l'agenzia Misna, almeno 3 o 4 persone provenienti dal nord del Paese sarebbero state uccise durante i disordini esplosi a Giuba, circa 1200 chilometri a sud di Khartum. Gli scontri sono iniziati in mattinata, dopo che era stata ordinata la chiusura delle scuole per la morte di Garang. Migliaia di giovani e ragazzi sono scesi nelle strade e hanno incendiato i negozi dei mercanti di origine araba. Gli uomini dello Spla, il braccio armato dei ribelli guidati dallo stesso Garang, hanno cercato di riportare l'ordine insieme alla polizia, ma senza riuscirvi. La rabbia esplosa dai sudanesi del sud si misura con la perdita di un leader incontrastato nei ranghi degli ex ribelli. Quanti anni avesse John Garang nessuno lo sa esattamente. Le fonti lo danno nato nel '43 o nel '45. Era un Dinka, la principale etnia del Sudan meridionale. Alla fine degli anni Sessanta si laurea in economia negli Usa, presso il Grinnel College, nello Stato americano dello Iowa. Rientra in patria, ma subito si avvicina alla lotta indipendentista del Sud, unendosi ai ribelli dell''Anya Nya' ('grande veleno'). Dopo gli accordi di pace di Addis Abeba del '72, il giovane e brillante economista viene notato dalla leadership sudanese. Dapprima integrato nell'esercito regolare come ufficiale, quindi inviato a specializzarsi negli Usa, sempre in economia. Ne torna con un master, e dal 1981 e' di nuovo a Khartoum in qaulità di docente all'accademia militare e all'universita', nonché col grado di colonnello. Ma nel 1983 il presidente, Jaafar Nimeiri, tenta di imporre la sharia (la legge islamica) nel sud animista e cristiano. Garang torna subito tra la sua gente, dove fonda il Movimento popolare per la liberazione del Sudan, e il suo braccio armato (piu' conosciuto), l'Esercito popolare per la liberazione del Sudan. All'inizio e' tutt'altro che leader incontrastato, essendo il movimento indipendentista diviso in varie anime, ed etnie. Poi c'e' una sostanziale riunificazione sotto la sua guida (molto dura con gli oppositori) all'inizio del 2000, e qualche anno dopo l'avvio del lungo negoziato di pace, da lui condotto in prima persona, almeno nelle fasi cruciali. Firmato a Niavasha (Kenya) il nove gennaio scorso (quasi 21 anni di guerra e due milioni di morti) e interinato in via definitiva a Khartoum il 9 luglio, con il suo giuramento in qualita' di primo vicepresidente. Malgrado le dichiarazioni di principio delle parti in conflitto e dell'intera comunità internazionale, con la sua morte, brutale, il processo di pace in Sudan è ad altissimo rischio. Vita, 1° agosto 2005

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